Attesa da tempo dai musicologi e da tutti gli appassionati di Vivaldi, la nuova monografia di Micky White non delude le aspettative. Il diciassettesimo volume della prestigiosa collana «Quaderni vivaldiani» edita da Olschki, diretta dallIstituto Italiano Antonio Vivaldi della Fondazione Giorgio Cini di Venezia, è un prezioso regesto di documenti, in parte noti, in buona parte inediti, sulla vita e lopera di Vivaldi.
White è una studiosa sui generis. Priva di una specifica preparazione musicologica, lontana dal mondo accademico e disancorata da istituzioni, la ricercatrice britannica presenta qui i frutti di un paziente lavoro investigativo sulle tracce di Vivaldi, condotto nelle biblioteche e negli archivi della Laguna. Acquisito sul campo il mestiere di archivista, White è riuscita nellimpresa di mettere insieme un imponente complesso documentario selezionato per il lettore e ordinato in sequenza cronologica. La più “obiettiva” biografia di Vivaldi, potremmo definirla: anzi, considerata la mole di autografi e di lettere personali collazionati, quasi una autobiografia.
White lascia che a parlare siano soprattutto le carte. Nei documenti, puntualmente trascritti secondo criteri diplomatici, Vivaldi e i personaggi orbitanti intorno a lui si raccontano senza mediazioni. Si parte dalla data 6 giugno 1676, segnata dallatto di battesimo della madre Camilla Calicchio, e si arriva allultimo scorcio del 1741, con le notizie dei numerosi debiti lasciati da don Antonio dopo la morte. Lindagine, condotta soprattutto allArchivio di Stato di Venezia, aggiunge nuovi documenti alla vita privata e pubblica di Vivaldi, in parte ancora adombrata da persistenti lacune: dalliter per la tonsura sacerdotale alloperato presso lospedale della Pietà, dal rapporto con il padre Giovanni Battista allattività impresariale a Venezia e altrove.
Notevoli le scoperte in ambito teatrale e musicale, alcune delle quali elaborate dalla stessa White nellambito di studi pregressi (come lanticipazione del debutto del Vivaldi operista al 1705, cui è dedicato un contributo in collaborazione con Beth Glixon: “Creso tolto a le fiamme”: Girolamo Polani, Antonio Vivaldi and Opera Production at the Teatro S. Angelo, 1705-1706, in «Studi vivaldiani», 8, 2008, pp. 3-19) oppure anticipate da altri studiosi nel corso di recenti pubblicazioni (su tutte il ritrovamento di una “estragiudiziale” della cantante Lucrezia Baldini datata 18 gennaio 1727, che dimostra come nei programmi iniziali del teatro di santAngelo per il carnevale di quellanno ci fosse non il Farnace di Anton Maria Lucchini, ma la Venezia nascente di Benedetto Pasqualigo). Tra le nuove acquisizioni da segnalare, il coinvolgimento finanziario dei Vivaldi padre e figlio negli affari del santAngelo nella stagione 1707-1708; loperato di Benedetto Marcello in qualità di “giudice dellesaminador” nelle questioni giudiziarie del 1713-1714 coinvolgenti il Prete Rosso impresario (come noto, laristocratico Marcello denuncerà la spregiudicatezza di Vivaldi negli affari dei teatri commerciali nel frontespizio del Teatro alla moda, 1720); lattività impresariale vivaldiana, sempre al santAngelo, anche nella stagione 1733-1734 (novità desumibile da una inedita carta del 12 marzo 1734).
Ogni documento è seguito da una breve scheda esplicativa a favore dei lettori anglosassoni. I risultati sono apprezzabili, anche se non sempre omogenei. Se il conciso lavoro interpretativo e storicizzante è puntuale nel caso dei documenti di area ecclesiastica e soprattutto di quelli riguardanti la Pietà (si ricordi il contributo di White sulle “figlie di coro” per la rivista «Informazioni e studi vivaldiani», 21, 2000, pp. 75-96), qualche imprecisione va segnalata a proposito delle carte inedite – per lo più giudiziarie e notarili – riguardanti il teatro dopera. A volte si rilevano problemi di comprensione linguistica nella lettura dei documenti (nella scrittura del 26 febbraio 1706 non cè alcuna menzione di un presunto successo del Creso tolto a le fiamme, come erroneamente si scrive; nel mandato del 16 gennaio 1708 si comanda il sequestro della paga serale di Vivaldi, non del ricavato della vendita dei bollettini); altre volte viene meno un confronto ragionato tra i documenti (rispetto alle carte relative ai guai giudiziari della stagione 1707-1708 al santAngelo non si puntualizza la presenza di due distinti impresari, Apostolo e Cristoforo Friggieri, tra i soggetti coinvolti nella querelle legale); in altri casi ancora emergono lacune nella conoscenza del sistema dei teatri veneziani (“carattadore” non è sinonimo di “compatrone”, come equivocato a p. 114).
Al di là di alcuni difetti interpretativi, White ha confezionato un prezioso vademecum per gli studiosi vivaldiani, nonché un indispensabile strumento di consultazione e di ricerca per tutti gli specialisti del teatro veneziano del primo Settecento. La fruizione dei documenti, opportunamente indicizzati in fondo al volume, è agevolata dalla loro riproduzione in digitale in un apposito Cd-rom (non sempre, va detto, le digitalizzazioni sono di buona qualità), che consente al lettore di verificare direttamente le trascrizioni sugli originali.
Gianluca Stefani
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