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Revue d’histoire du théâtre
L'autre théâtre romantique


ISSN 1291-2530

 

L’estetica romantica può ancora basarsi su differenze di valore fra diverse forme spettacolari? E se il piacere dello spettatore è ragione ultima del teatro, quali sono le emozioni teatrali di cui ha bisogno la società? Alcune sono più nobili e più utili di altre? A queste domande risponde Florence Naugrette nel saggio Le plaisir du spectateur romantique, che individua nel sistema estetico dei drammaturghi romantici una persistente sottomissione della mimesis alle esigenze della catarsi e posizioni sfumate riguardo alle tentazioni del patetico e dello spettacolare nelle forme del vaudeville, del melodramma e della féerie.

 

A partire dai documenti d’archivio, Roxane Martin analizza le funzioni del regista, personaggio-chiave della riforma romantica; e mette in relazione due momenti che la storiografia ha curato finora di distinguere: l’emergere del dramma romantico, quasi interamente riflesso nei trionfi o insuccessi teatrali di Victor Hugo (1802-1885); e l’avvento della messinscena modernamente intesa sotto l’egemonia del regista con il Théâtre Libre di André Antoine (1858-1943).

 

Qualificato spregiativamente come teatro industriale o seriale, forse proprio a partire dal successo popolare che ottenne, il Boulevard è stato di fatto marginalizzato quando non escluso dalla storia del teatro francese del XIX secolo. Barbara T. Cooper mostra come questa forma di spettacolo abbia costituito un teatro romantico ‘altro’, degno di trovar posto accanto ai drammi di Hugo e di Dumas, con i quali condivide ben più di una preoccupazione. La studiosa propone due commedie su un medesimo inquietante soggetto, recitate in simultanea nel 1838 sulle scene concorrenti del Boulevard: Gaspard Hauser di Anicet Bourgeois e Adolphe Dennery e Le pauvre idiot di Charles Dupeuty e Louis Marie Fontan.

 

La seconda parte della rivista si apre con un saggio di Maurizio Melai sull’opera del poeta e drammaturgo Casimir Delavigne (1793- 1843), la cui produzione tragica è emblema di continuità fra due momenti del teatro francese tradizionalmente inconciliabili: tragedia classica e dramma romantico. La posizione che occupa fra le due estetiche, in dialettica fra tradizione e modernità letteraria, rende l’opera di Delavigne degna di interesse; lo studioso ne ricostruisce le tappe, stabilendo costanti tematico-formali all’interno del codice tragico dell’autore.

 

Nel suo Essai sur le drame fantastique (1839) George Sand invitava a suscitare in scena e con ogni mezzo visioni di mondi sconosciuti, universi interiori o soprannaturali; a nutrire insomma quella vena fantastique cara al teatro romantico, da Nodier e Gautier a Dumas e Nerval. Lo studioso Olivier Bara riflette su alcune pièces romantiche che offrivano uno spettacolo a metà fra Goethe e il modello féerique.

 

L’ultimo decennio di studi ha affrontato nuovamente la questione dei generi drammatici in epoca romantica, occupandosi anche di pièces divertenti, generalmente neglette a favore di quelle drammatiche. Nel saggio La comédie romantique, ou l’ère du soupçon, Sylvain Ledda propone alcune chiavi di lettura per comprendere la commedia romantica, specchio di cambiamenti nelle pratiche sceniche come nel gusto dell’epoca.

 

Infine, alla produzione drammatica di Alexandre Dumas fils è dedicato il contributo di Lise Sabourin. In particolare, nel passaggio dal romanzo alla scena, La dame aux camélias sviluppa in modo nuovo il tema caro ai Romantici della cortigiana innamorata. Tuttavia Dumas fils finirà con lo scrivere un teatro moralizzatore, assai lontano dalle idee drammatiche del padre e di Victor Hugo, facendo sparire la gaiété a favore del serioso, il grottesco a beneficio della satira di costume.

 

di Michela Zaccaria


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