drammaturgia.it
Home | Cinema | Teatro | Opera e concerti | Danza | Mostre | Varia | Televisioni | Libri | Riviste
Punto sul vivo | Segnal@zioni | Saggi | Profili-interviste | Link | Contatti

cerca in vai


Theatre Research International
in association with the International Federation for Theatre Research

vol. 37, n. 1, March 2012, p. 100, £53
ISSN 0307-8833

I saggi del trentasettesimo numero di «Theater Research International» prendono spunto dall’approccio metodologico tracciato in Making Modernity: Indigenous Theatre and Salvage Ethnography, presentato da Helen Gilbert al Congresso Internazionale del International Federation for Theatre Reasearch (IFTR) svoltosi a Monaco nel giugno 2010. La studiosa riesamina criticamente alcuni concetti sedimentati nella forma mentis occidentale adottando una prospettiva trasversale che spazia dalle culture indigene alla pratica scenica contemporanea. Elaine Aston, direttrice della rivista, considera il metodo della Gilbert un modo efficiente per scavare nei meandri delle conoscenze acquisite nel tempo al fine di creare nuovi interessi e strumenti d’indagine. I contributi di questo volume affrontano quindi argomenti, teorie ed eredità del Novecento che si rivelano strategici per il presente e il futuro degli studi teatrali. Gli autori concordano inoltre che la rivalutazione critica di certe ‘vecchie’ intuizioni possa risultare più utile che l’ossessionata ricerca di ‘nuove’ teorie. Un altro filo rosso che percorre gli interventi riguarda le questioni dell'identità e della differenza, ma anche il complesso rapporto tra filosofia e teatro, argomento che viene approfondito attraverso l'analisi ermeneutica delle opere di Gilles Deleuze e Henri Bergson.

Freddie Rokem, ex-direttore del TRI, osserva le pratiche narrative di Walter Benjamin e Bertolt Brecht negli anni dell’esilio mediante le tattiche e le regole di due giochi da tavolo: gli scacchi e il go, un antico e complesso gioco di origine cinese. La singolare analogia viene evocata da una foto del 1934, scattata a Svendborg (Danimarca), che vede i due scrittori davanti ad una scacchiera. Rokem dimostra come certe strategie narrative, temporali e spaziali, siano state suggerite ai «giocatori» dalla combinazione degli schemi di movimento dei due giochi da tavolo. Il “gioco” del teatro e della filosofia si svela, secondo Rokem, come un’«interazione complessa tra soggetti umani e idee astratte, azioni e  pensieri» (p. 10).

Il contributo di Laura Cull si focalizza invece sulla vexata quaestio dell’applicazione della filosofia nell’ambito delle arti performative. Sempre più studiosi di teatro adottano le tesi filosofiche di Platone, piuttosto che di Heidegger o Deleuze, come guida metodologica per l’analisi dell’evento teatrale. Uno dei modi per sfuggire alla meccanica applicazione di questi concetti, suggerisce Cull, potrebbe essere «il ripensamento della pratica teatrale come una sorta di filosofia». Infine, analizzando l’attività eclettica di Allan Kaprow, l’autrice auspica che le riflessioni dei filosofi e degli storici del teatro possano estendersi oltre lo spettacolo, soffermandosi sulle esperienze corporee e i processi fisici e mentali che emergono dalla sua opera.

Il pensiero di Bergson e Deleuze riaffiora nel saggio di Mark Fleishman che esamina la nozione di «performance as research» (PaR). Fleishman è un accademico/teatrante la cui ricerca teorica è indissolubilmente legata all’attività pratica. Da oltre 24 anni esplora con la compagnia di Magnet Theatre le potenzialità della PaR in differenti contesti sociali, soprattutto in aree extra-occidentali. L’autore si confronta con il concetto bergsoniano dell’«evoluzione creativa», oggetto di studio anche per Deleuze, sulla scia delle proprie esperienze pratiche. A quale tipo di diversità dà luogo il PaR, si interroga Fleishman, dove risiedono tali differenze, e ancora, esiste un punto in cui queste diversità si azzerano e dove l’evoluzione diventa involuzione?

Language, Multiplicity, Void: The Radical Politics of the Beckettian Subject di Nicholas Johnson sostiene che la recente storiografia beckettiana sia tuttora ancorata al passato, incapace di svelare nuove prospettive d’indagine sull’opera del drammaturgo irlandese. «Perché continuiamo ancora a studiare Beckett? In cosa consiste il contributo estetico dei suoi scritti e cosa possono svelarci del secolo in cui nacquero?». Johnson focalizza l’attenzione sui soggetti, l’uso del linguaggio e il senso del vuoto nella poetica beckettiana, argomenti non indagati a fondo, ma decisivi per la trasposizione scenica della sua opera. Il saggio esamina infine i «pensieri post-moderni» beckettiani legati ai temi dell'identità e della differenza.

L’intervento di Paul Murphy osserva l’incidenza della classe sociale nel campo teatrale, sulla scia anche degli studi sociologici di Raymond Williams e Pierre Bourdieu. L’autore estrapola la nozione dello status dalla matrice socio-economica regolata dalla razza e dal sesso comunemente usata nel campo delle arti e delle scienze umane. Murphy introduce la nozione di «class as performance» mettendola in relazione con le vicende di Shiver (2003), dramma di Declan Hughes che esamina quanto la borghesia irlandese abbia influenzato il fenomeno del dot.com bubble, la cosiddetta “bolla della new economy”, verificatasi nel secondo lustro degli anni Novanta.

La seconda parte del periodico riflette sul tema dell’identità politica femminile in rapporto al teatro e alla pratica scenica, esaminandone i contesti emergenti. Elin Diamond, curatrice del dossier, fa una panoramica del ruolo della donna negli studi teatrali statunitensi, interrogandosi se è ancora opportuno parlare di attivismo femminile nel ventunesimo secolo. I contributi di Nobuko Anan (Giappone), Denise Varney (Australia), Katrin Sieg (Germania), Bishnuptiya Dutt (India) e Tiina Rosenberg (Svezia) affrontano invece l’argomento riferendosi al contesto dei loro paesi di origine.



di Adela Gjata


La copertina

cast indice del volume


 



 
Firenze University Press
tel. (+39) 055 2757700 - fax (+39) 055 2757712
Via Cittadella 7 - 50144 Firenze

web:  http://www.fupress.com
email:info@fupress.com
© Firenze University Press 2013