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Atti e Sipari, n. 9, ottobre 2011
Semestrale di teatro e spettacolo

pp. 47, euro 5
ISSN 1973-5472

Il nono numero di «Atti e Sipari» si apre con l’intervista di Mariacristina Bertacca a Marco Martinelli del Teatro delle Albe per la rubrica La parola agli artisti. La conversazione ruota intorno ai laboratori per adolescenti condotti dalla compagnia a Ravenna e poi riproposti nei luoghi difficili oppressi dalla camorra (con il progetto Arrevuoto a Scampia/Napoli) e dalla ‘ndrangheta (Capusutta, a Lamezia Terme). Martinelli riconosce ad essi la capacità di restaurare un rapporto biunivoco tra pòlis e teatro, secondo un processo di aggregazione tra i ragazzi che ha come diretta conseguenza la comunicazione immediata con lo spettatore.

 

La sezione Sotto la lente è interamente dedicata a Le infernali famiglie di Strindberg, con contributi critici di Roberto Alonge, Franco Perrelli, Jørgen Clausen ed Egil Törnqvist. Nel primo di essi, Alonge sostiene la sua teoria sulla centralità del sangue come elemento chiave per l’interpretazione della Fröken Julie. L’intervento di Perrelli gioca tutto sul fraintendimento di August Strindberg nei confronti del saggio sul matriarcato di Paul Lafargue apparso il 15 marzo 1886 sulla «Nouvelle Revue». In esso lo scrittore svedese “scopre” l’avversione per la donna e i movimenti femministi che riverserà con particolare incisività nel dramma Il padre (1887). Jørgen Clausen si sofferma ad analizzare le opere del drammaturgo in rapporto alla sua biografia, segnata da pochi eventi significativi: su tutti la morte della madre, quando August aveva tredici anni, e il difficile rapporto col padre, culminato nella definitiva rottura del 1876. Egil Törnqvist, infine, mette “sotto la lente” il caso del dramma familiare in tre atti Il pellicano. È la storia di una madre infedele, in cui riaffiorano i temi del conflitto uomo-donna e genitore-genitrice, nonché l’autobiografismo che segna tutta l’opera dello scrittore.

 

La recensione di Franco Perrelli è dedicata a La vita cronica dell’Odin Teatret. Lo spettacolo si pone come summa del lavoro della compagnia danese per le metodologie di creazione e per i frequenti richiami agli spettacoli che hanno fatto la storia dell’Odin. Alla memoria si oppone però l’impossibilità di carpire il futuro. Per questo l’unico viaggio che certamente vale la pena di percorrere è quello che, lungo l’arco di tutta la vita, si dipana verso la conoscenza intima.

 

Per la sezione Profili Francesca Sacco ricostruisce il percorso artistico di Pippo Delbono cercandone le cause e gli stimoli negli episodi cardine della vita dell’attore, dalle esperienze dell’adolescenza fino all’incontro con i suoi compagni e collaboratori più importanti, Bobò e Armando. Similmente il secondo contributo della sezione, firmato da Chiara Migliorini, presenta l’opera dell’attore e regista argentino César Brie, dai tempi della Comuna Baires ad oggi. Mariacristina Bertacca racconta infine il lavoro del Teatrino Giullare (Giulia Dall’Ongaro ed Enrico Deotti), fondato nel 1995 e da allora impegnato nella ricerca della verosimiglianza in teatro tramite l’uso di strumenti che dalla realtà sembrerebbero allontanarsi: i burattini, le maschere e un continuo giocare con le possibilità della voce.

 

Il numero si chiude con Conversando, lo spazio che dà voce a tre realtà teatrali tramite tre interviste dai ritmi serrati. La prima discute il lavoro di Stefano Ricci e Gianni Forte, interrogati da Giulia Traversi, e racconta un teatro con una forte componente visiva, che però non trascura il ruolo fondamentale della drammaturgia. Segue l’intervista di Serena Di Sanzio a Clemente Tafuri e David Beronio (Teatro Akropolis), impegnati in un teatro che vuol essere percorso di conoscenza metafisica per mezzo di un attore libero da vincoli testuali o di genere. Chiude la conversazione tra Matteo Tarsi e Hrafnhildur Hagalín sulla situazione culturale dell’Islanda, sulle influenze della letteratura nordica sull’opera della scrittrice, su progetti e lavori in corso.



di Lorenzo Galletti


La copertina

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