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Il principe in fuga e la principessa straniera.
Vita e teatro alla corte di Ferdinando de’ Medici e di Violante di Baviera (1675-1731)

Firenze, Le Lettere, 2010, pp. 296, euro 35,00
ISBN 978 88 6087 378 1

Il volume di Leonardo Spinelli s’inserisce con profitto nel proficuo filone di studi che indaga da tempo, sotto la direzione scientifica di Sara Mamone, lo stretto rapporto tra spettacolo e politica alla seicentesca corte dei Medici. Arte e potere. Una vocazione allo spettacolo che non venne meno neanche quando la dinastia si avviò al tramonto, come dimostrano anche le biografie qui investigate di Ferdinando dei Medici (1663-1713) e di Violante di Baviera (1673-1731), sua sposa dal 1689.

 

I profili dei due principi sono ricostruiti da Spinelli in maniera originale. Le indagini hanno privilegiato l’Archivio di Stato di Firenze (dove sono conservati i carteggi ufficiali, i fondi Guardaroba e Miscellanea Medicea, le carte del segretario Iacopo Guidi, il diario del maestro di camera Piero Capponi) e le biblioteche fiorentine (Nazionale, Riccardiana, Marucelliana, Moreniana); non trascurando peraltro né Siena (Archivio di Stato, Biblioteca Comunale), né Livorno (Archivio di Stato), né Monaco di Baviera (Geheimes Hausarchiv). Un bell’esempio d’intersezione documentale e di tensione interpretativa. Le nuove acquisizioni hanno permesso, tra l’altro, di correggere i pregiudizi di decadenza economica e morale che già in epoca lorenese gravavano sugli ultimi Medici.

 

Non solo. L’autore giustamente non separa la committenza e il mecenatismo teatrale di Ferdinando e Violante dal più ampio contesto storico, culturale e politico di pertinenza. Lo dimostra il capitolo I dedicato al clima formativo e familiare dei due principi, alle trattative matrimoniali sapientemente dirette da Cosimo III, nonché ai festeggiamenti organizzati per l’occasione. L’ultimo grande episodio spettacolare della dinastia fiorentina sancì la fine del sogno mediceo di un teatro di corte all’avanguardia, ma segnò l’affermazione della vocazione artistica del principe ereditario.

 

D’altra parte, senza comprendere la riluttanza con cui Ferdinando acconsentì alle nozze e, ancor più, senza aver presente il conflitto che lo contrappose al padre, non si possono capire molte delle scelte da lui operate in ambito spettacolare. Si rammenti che l’«Orfeo dei principi» preferì promuovere un circuito teatrale extra-fiorentino che aveva come poli di riferimento la villa di Pratolino e il teatro delle Commedie di Livorno: «punizione che il figlio ‘ribelle’ impartiva al padre con cui sin dalla giovinezza era sceso in contrasto» (p. 13). Allo stesso modo, l’invidiabile ‘scuderia’ di cantanti e musicisti che Ferdinando ebbe al suo servizio fin dai primi anni Ottanta del Seicento, non fu, come in passato, instrumentum regni, ma un simbolo personale di prestigio e ostentazione. Solo agli inizi del Settecento, quando la speranza dell’erede di succedere a Cosimo si fece concreta, il principe rivolse la propria attenzione di mecenate e protettore anche a quelle accademie che con fatica continuavano a promuovere la vita culturale di Firenze e delle più importanti città del granducato.

 

Ma la felice ‘sorpresa’ del volume è la ponderata rivalutazione della figura di Violante di Baviera, sovente apparsa agli storici come una presenza marginale all’interno delle logiche e dei poteri della corte fiorentina. Non fu così. Si vedano i capitoli II e III. Se Violante fallì nel ruolo per il quale era stata scelta (dare un erede ai Medici), fu comunque una valida alleata a fianco del marito con il quale condivise una non comune sensibilità artistica. La rilettura dei carteggi ha permesso a Spinelli di dimostrare come, almeno dal 1691, la principessa partecipò attivamente alla mercatura teatrale e divenne il punto di riferimento della componente femminile dello stato. Inoltre, anche grazie a un attento uso dello spettacolo, costei riuscì a compensare le lacune del consorte, poco interessato alle vicende politiche del granducato. Fu lei ad assumersi il duplice incarico di mantenere i rapporti tra i vertici del potere e la componente cittadina, e di svolgere il ruolo di cerimoniera nelle relazioni internazionali. I suoi appartamenti divennero il centro della toscana mondanità di corte, appesa a una spettacolarità che vide Violante protagonista nei panni di drammaturga e di attrice. Rimasta vedova, l’apprendistato artistico e impresariale al fianco di Ferdinando le consentì di garantire la sopravvivenza della spettacolarità pubblica e privata in Toscana. L’accorta politica culturale e le indiscusse capacità nell’uso dello spettacolo della «principessa straniera» accompagnarono «dignitosamente il tramonto della famiglia fiorentina» (p. 16). L’importanza del femminile nei sistemi dinastici d’Antico Regime trova così brillante conferma in questo volume che si raccomanda all’attenzione degli studiosi.

 

 

di Lorena Vallieri


La copertina

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