Tra gli “introvabili” della storia dello spettacolo e della drammaturgia italiana, Le origini della poesia drammatica italiana di Vincenzo de Bartholomaeis è stato a lungo un must. È quindi da salutare con grande piacere la ristampa (ad opera della benemerita Libreria musicale italiana) della pionieristica trattazione dello studioso abruzzese nella cui vastità di interessi e nella cui autentica e premonitrice multi-disciplinarità va forse cercata la ragione del lungo silenzio editoriale. Lopera, uscita nel 1924 (lo stesso anno in cui lo studioso firmò assieme a Benedetto Croce la Protesta contro il manifesto degli intellettuali fascisti) e ristampata in seconda edizione nel 1951, ma la revisione e gli aggiornamenti dellautore risalgono al 1943, nasce infatti (e in certa misura lo precede) in quel fervore di indagine che portava a maturazione le grandi ricerche un po accumulatorie dei positivisti per inserire la ricchezza delle catalogazioni e delle acquisizioni documentarie nel flusso di un nuovo concetto di storia.
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Sarà infatti alla fine del decennio, nel 1929, che Lucien Fèvre e March Bloch sosterranno con una rivista (Hannales dhistoire économique et sociale) le idee e i metodi fondativi di una nuova concezione storiografica, nota appunto come “Nouvelle histoire”. Capovolgendo le gerarchie delle fonti e assegnando anche a quelle meno “autorevoli” un ruolo decisivo nellindividuazione delle tracce del passato, i grandi storici autorizzavano lingresso alluvionale di segni fino ad allora tenuti ai margini della dignità testimoniale e aprivano la strada a molte delle discipline che caratterizzeranno la cultura del XX secolo. Medievisti e filologi saranno alla base della nuova costruzione. Medievista fu infatti Bloch e per li rami discese alle Hannales anche il grande insegnamento filologico di Paris e Bédier.
Proprio la filologia accese negli anni degli studi romani (condivisi con Luigi Pirandello sotto la guida di Enzo Monaci) linteresse di De Bartholomaeis per la trasmissione orale, per le manifestazioni non puramente letterarie della cultura della sua terra (lAbruzzo condiviso con Benedetto Croce). Nacquero così le opere capitali sulle sacre rappresentazioni (debitrici e insieme contestative della fiorentinocentricità del grande positivista Alessandro dAncona che per primo aveva posto in maniera organica il problema dellidentità di un teatro nazionale che non fosse semplice letteratura drammatica in Sacre rappresentazioni dei sec. XIV, XV e XVI e nel monumentale, Le origini del teatro italiano), Il teatro abruzzese del Medioevo (ristampa benemerita da Forni 1979), Laude drammatiche e rappresentazioni sacre (1943, ristampa Le Monnier 1967).
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Ora la ristampa di quella che è forse la più importante delle opere della “trilogia” del teatro italiano delle origini mette a disposizione della comunità scientifica uno strumento tanto citato quanto poco approfondito, consentendo forse di collocare degnamente questo precursore nellambito europeo degli studi storiografici.
In questo senso andrebbero anche riesaminate le sue intuizioni sul rapporto con le arti figurative che stanno alla base dellarricchimento iconografico della seconda edizione, alla quale, anche qui non ignorando le intuizioni di Emile Male, portava a sintetica problematica quello che sarebbe stato il campo di riflessione, un po più tardo, di George Kernodle (il suo from art to the teather uscirà in America in edizione universitaria nel 1944) e di Pierre Francastel :” Ci sono sfondi pittorici che si direbbero riprodurre sfondi scenici” (ottobre 1943).
di Sara Mamone
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