Spazia dal romanzo al teatro, dal ‘600 al ‘900, offrendo una selezione di temi e di immagini del mondo teatrale profondamente e modernamente europeo lultimo numero della «Revue dHistoire du Théâtre». Il saggio di apertura di Anne Vernet è dedicato alla figura del “nemico perpetuo” presente nella drammaturgia shakespeariana; attraverso lanalisi di quattro opere del drammaturgo inglese (Macbeth, Otello, Re Lear e La Tempesta), lautrice svela la stretta connessione tra lidentità del “soggetto” elaborata da illustri giuristi inglesi del ‘600 e la distribuzione dei ruoli in questi drammi; in particolare insiste sulla figura dellétranger, che può essere amico o nemico, distinto a sua volta in “temporaire” e “perpetuel”. La drammaturgia di Shakespeare rifugge da questa categorica opposizione: “ennemi perpetuel” può diventare un protagonista (a causa di un risvolto della mélancolie amorosa, la gelosia, come in Otello), può celarsi nella contesa tra le ragioni di legittimità reale (Re Lear), può addirittura occupare il ruolo di sovrano (Macbeth).
Didier Derson (Décors et costumes: rôles et fonctions dans le roman sadien) concentra il suo contributo sulla dimensione teatrale presente nei romanzi del marchese de Sade, in particolare sul valore attribuito alle scenografie, alla luce e ai costumi di scena. Gli elementi che concorrono a definire ambienti e personaggi (digressioni su accessori di cabinets e boudoirs, ruolo preponderante affidato alla luce) vengono considerati come particolari tuttaltro che secondari, che oltre a testimoniare un certo point de vue teatrale del “divino marchese”, possono a loro volta essere oggetto di studio, alla luce di teorie estetiche teatrali che hanno avuto un rimando anche in campo letterario.
Il personaggio di Nora in Casa di bambola di Ibsen oscilla tra la leggerezza danimo propria dellinfanzia e il tono serio, quasi duro e perentorio, di un temperamento tuttaltro che facile. Il saggio di Philippe Baron (Les premières interprètes de “Maison de poupée”), corredato anche di fotografie di scena, analizza come le più famose attrici, interpreti di Nora, abbiano “costruito” il carattere del personaggio femminile, ora insistendo sulluno ora sullaltro aspetto. Betty Hennings, la prima Nora, ne faceva una ragazzina; la Duse riusciva ad addolcire il carattere solo alla fine; Agnès Sorma, interprete di Nora al Deutsches Theater tra la fine del XIX e linizio del XX secolo, riuscì a colorire la sua interpretazione di allegria e superficialità (grazie a pause fuori luogo e ad una mimica caricata), riuscendo a suggerire tutta la complessità del mondo interiore del personaggio.
Endgame: come dice lo stesso titolo è la dimensione del gioco, della realtà rappresentata a contare, anche per ammissione dello stesso autore, in Finale di partita di Beckett. Michel Autrand, partendo da questa considerazione di base, arriva ad intravedere nel cupo pessimismo dellautore alcuni elementi comici, necessari allo svolgimento drammatico; il riso non distoglie dalla dimensione cupa e pessimistica ma, alleggerendola, le conferisce uno spessore ancora più inquietante; un tratto umoristico, profondamente moderno, che somiglia ad “un clown en habit noir”, come ebbe a dire Jules Renard.
Chiude il volume un interessante aggiornamento di unimportante banca dati, il CESAR (Calendrier Electronique des Spectacles sous lAncien Régime), con oltre 300.000 voci relative al teatro francese tra ‘600 e ‘800 e quasi 3.500 immagini (prevalentemente stampe e incisioni ottocentesche). Il tutto consultabile online (http://www.cesar.org.uk).
di Giacomo Villa
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