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Segnocinema, n. 152, a. XXVIII, luglio - agosto 2008


n. 152, a. XXVIII, 2008, pp. 81, € 6,00.
ISSN 0393 - 3865

Il numero di luglio/agosto di «Segnocinema» si apre con una breve riflessione di Morando Morandini sulle possibilità che ha il cinema italiano attuale di portare avanti una vocazione all’impegno di cui si è sempre fatto vanto. Purtroppo, le conclusioni del critico non sono le più ottimiste, come sempre, scrive Morandini, il fattore economico e l’incidenza dell’ "impatto televisivo" costringono i registi e le opere a restare troppo tempo "parcheggiati", con conseguenze prevedibili: mancanza di esperienze per i primi e di buoni risultati per le seconde.

Vincenzo Buccheri continua in Saggi e interventi con Goodbye Cinema? Interrogandosi sulle eclissi/mutazioni del cinema. L’autore intitola a due "Montage" – I e II – la propria riflessione sull’attuale ruolo dell’estetico e sul valore sociale che il cinema può avere, nel 2008, come fatto culturale. Si possono liquidare le questioni dicendo che il cinema è morto ma i film se la passano bene? Anche se la risposta è semplice sembra essere – come spesso accade – quella più giusta. I grandi registi sopravvivono, creano, stupiscono. Allora non sarebbe il caso che la critica si interrogasse sul cinema partendo da punti di osservazione privilegiati? Quanto esso ha, per esempio, influito sui concetti di "autore" e "qualità"? Questa potrebbe essere una strada proficua per ripensare il cinema nel suo nuovo statuto artistico e culturale.

Nella stessa sezione, con Gli orfani della visione Paolo Cherchi Usai scrive dei film dimenticati, perché non d’élite, pellicole senza "diritto e possibilità commerciali". Quali sono? La categoria annovera i prodotti più disparati, si va dal video d’artista ai film familiari. Film appartenenti all’età "analogica" – le immagini prodotte con il digitale sono decisamente troppe per operare un censimento – non faranno mai parte di una storia del cinema, perché non ne esisterà mai una capace di dare loro diritto di cittadinanza. Essi fanno parte di una dimensione sospesa, una sorta di orfanotrofio della visione, giaceranno lì in attesa di essere restituiti ad altra forma.

Ancora, in Saggi e interventi Michele Gottardi con Lavorare non stanca, si interroga su una possibile sintesi futura tra documentario e fiction, visto che, ultimamente, il cinema italiano si è impegnato nel raccontare il mondo del lavoro.

Lo speciale di Segno è dedicato a Redacted di Brian De Palma per il quale scrivono Andrea Bellavita, Marcello Walter Bruno, Mauro Resmini e Cristina Tosatto, Roy Menarini, Davide Turrini, Micaela Veronesi, Paolo Cherchi Usai e Adriano De Grandis.

Per Andrea Bellavita di questo film invisibile sulla guerra invisibile bisogna parlare pensando all’"intorno" a tutto ciò che lo fa profondamente meta-cinematografico, cinema non-cinema, «non c’è niente di vero o di falso nel film, perché tutto quello che è vero è stato riprodotto mimeticamente, è stato clonato». La clonazione, la riproduzione mimetica ha per Marcello Walter Bruno il sapore di una profezia che si auto-avvera, è questa la nuova filosofia dei media. In Rivoluzione o resistenza? Resmini e Tosatto riflettono sull’ambiguità, sulla labilità dei confini tra finzione e realtà e tra intermedialità ed esperienza. Il cinema di Redacted, che si dissolve in una frantumazione cross-mediale, sottopone lo spettatore a uno shock percettivo che lo mette di fronte a un’esperienza di visione nuova. Con War on screen, Roy Menarini scrive dell’incredibile impatto che la guerra ha avuto sul linguaggio del cinema. Per esempio, quanto le immagini dell’orrore dell’11 settembre hanno lavorato sull’immaginario attuale? Redacted, che Menarini definisce "teorico" e " avanguardista", dimostra come «il war film contemporaneo non assomiglia a nessun altro in precedenza, poiché anche i limiti del realismo e i confini della visibilità si sono ricollocati altrove, rispetto all’immaginario filmico». In che modo il cinema può raccontare la verità? È questa la domanda che si pone Davide Turrini, in Mi è sembrato di averti già visto, a proposito della commistione dei media che De Palma mette in atto in Redacted. A tal proposito Turrini scrive che De Palma è stato originale perché ha la convinzione di essere «dalla parte giusta, da quella oggettivamente positiva e propositiva, non passa dal mero dato di fatto riproposto, ma dall’idea che è il medium con cui lo si ripropone a cambiare le carte in tavola». Qual è il confine tra realtà e sua rielaborazione? E può un falso documentario sulla guerra restituire l’orrore della realtà? In Pictures Talk, Micaela Veronesi, sottolinea gli indizi di falso presenti in Redacted, perché aderire il più possibile alla realtà per rimandarne l’orrore non è possibile in quanto la vita, nei suoi aspetti più crudi, supera sempre la fantasia. Può un unico film influire sull’intera storia del cinema e sulla percezione della realtà o, almeno, di alcuni aspetti di essa come la guerra? Questo il quesito posto da Cherchi Usai in Il capolavoro prossimo venturo. L’autore si chiede se questa influenza di Redacted possa essere paragonata a quella che hanno avuto film come 2001. La questione non è l’effettivo peso che la pellicola può avere, ma i discorsi sorti attorno a quanto l’ultimo di De Palma possa cambiare il cinema attuale. Chiude la sezione Adriano De Grandis con Il Pianto del soldato McCoy e Le lacrime di Tosca, ennesima considerazione sul corto circuito tra il veramente falso e il falsamente vero messo in atto dalla pellicola.

Questo numero di «Segnocinema» continua con le schede dei film in uscita nella, oramai, passata stagione: Gomorra, L’ultima missione, Il treno per il Darjeeling, Solo un bacio per favore, Once, I demoni di San Pietroburgo, Il divo – La spettacolare vita di Giulio Andreotti, Tropa de elite. Gli squadroni della morte, Il resto della notte, Sex and the City, 10 cose di noi, Mongol, Be Kind Rewind – Gli acchiappafilm, In Bruges- La coscienza dell’assassino, Alexandra, Sanguepazzo, Nelle tue mani, Tutto torna.

UFO è invece una interessantissima sezione dedicata all’esplorazione di quei film che non possono essere assegnati a un determinato genere, estetica o linguaggio. In questo numero, Speed Racer.

Replay/Remake si occupa di tutti i film che rielaborano o attuano una modulazione sequenziale su icone e testi pre-esistenti. In questo numero: Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo di Steven Spielberg e Maradona di Kusturica.

Per Rassegne, non poteva mancare una panoramica su Cannes 2008. In Francia – Italia 1 – 2, Bellavita osserva che nonostante i selezionatori abbiano fatto di tutto per assicurare il primato dei riconoscimenti alla Francia l’impresa non è riuscita. La squadra italiana vince ai punti con Gomorra e Il divo. La sezione del festival intitolata Un Certain Regard è oggetto dell’attenzione di Umberto Rossi, che ne Il primato dell’impegno analizza meriti e demeriti di un cinema che cerca di gettare anche un po’ di luce sui problemi sociali.

Altre rassegne oggetto di analisi in questo numero sono il 23° Torino GLBT Film Festival, Il Far East FilmFest di Udine e il Bellaria Film Festival.

Segnocinema di luglio/agosto 2008 si chiude con le consuete rubriche. Per Segnopixel Bruno Di Marino si occupa del collettivo ZimmerFrei, che nel panorama italiano degli artisti che usano il video è definito uno dei più interessanti. Per SegnoSerieTV, Luca Bandirali e Enrico Terrone scrivono di Heroes e della sua prima stagione.

In Actorsegno, Cristina Jandelli ci parla de Il divo e della recitazione di Toni Servillo, che stranamente (?) è stata, se non ignorata, un po’ sottovalutata dai critici. Il divo di Servillo è stato costruito davanti alla macchina da presa, con un tipo di interpretazione oggi rara, che rifiuta di creare il personaggio improntandolo a criteri di mimesi e verosimiglianza. Servillo sceglie di operare una stilizzazione intensa, per non trasmettere nessuna emozione e nessun sentimento, ma esclusivamente una personalità «dolorosamente anaffettiva».

Per Segnosound, Paola Valentini riflette sulla componente sonora di American Gangster. Dal questo punto di vista il film è ambivalente come dal punto di vista visivo. A parere dell’autrice, Ridley Scott porta lo spettatore a un’immersione acustica inusuale che determina i personaggi «con il basso continuo delle sue rumorosità invadenti». All’inusualità si aggiunge l’instabilità, in fine anche gli oggetti sonori si rarefanno, si parcellizzano, come quelli visivi.


Lucia Di Girolamo


Copertina

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