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Anna Barsotti

Eduardo, Fo e l'attore-autore del Novecento


Roma, Bulzoni, 2007, pp. 424, € 28,00
ISBN 978-88-7870-203-5

Il nuovo libro di Anna Barsotti ruota intorno al concetto dell'attore-autore, precisando il senso di questa inflazionata definizione e percorrendo le tappe del suo manifestarsi nel panorama del teatro italiano dell'ultimo secolo. Per Barsotti l'attore-autore non è l'attore che scrive, ma quello che crea il senso e le forme dello spettacolo, anche nell'epoca della regia, intuendone i tratti salienti e impossessandosene in maniera originale e personale. L'operazione drammaturgica che l'attore compie sul testo e che lo conduce alla scrittura acquista quindi uno spessore storico e teorico che non è possibile trascurare. Se il teatro italiano è un teatro dell'attore, il fenomeno dell'attore-autore conferma ed esalta la sua anomalia nei confronti della scena europea e merita di essere indagato in tutti i suoi aspetti.

Il libro si apre con due profili, dedicati ai due esempi universalmente noti di questo particolare modo di essere interpreti teatrali: Eduardo De Filippo e Dario Fo. Della recitazione di Eduardo l'autrice sintetizza la cifra stilistica nella formula dell'alternanza: maschera e volto, affabulazione e silenzi, distacco e partecipazione, serio e comico sono i codici mimici e gestuali attraverso i quali l'attore napoletano esprime il suo «malinteso naturalismo». Ma il gioco scenico del 'Grande Giuocoliero' non è completamente decifrabile se non si tiene conto della fusione dei ruoli di attore, autore e regista che Eduardo incarna: il suo rapporto di attore con il personaggio, la sua funzione di autore per la compagnia, la proiezione dell'autore nel personaggio che interpreta, il rapporto del regista con gli altri attori sono tutti aspetti che Barsotti affronta analizzando testi, dichiarazioni di poetica, contributi critici, riproduzioni video ed edizioni televisive.

In modo analogo viene trattata pure la figura di Dario Fo, con la premessa di due importanti acquisizioni metodologiche. Barsotti riconosce come la presenza scenica di Fo non possa prescindere dall'elaborazione drammaturgica, ma al tempo stesso sottolinea che si tratta di una drammaturgia di composta di 'testi mobili', di moduli predisposti a contenere spazi per l'improvvisazione. L'altra questione di metodo consiste nell'analizzare i dati autobiografici e memorialistici di Fo allo stesso modo dei testi del suo teatro, senza limitarsi a farli convergere acriticamente con le esperienze attraversate direttamente o indirettamente dall'attore.

La parte più interessante e originale del libro è comunque la seconda metà. Nel terzo capitolo Barsotti accosta e confronta Eduardo e Fo, rilevandone contiguità e divergenze e individuando le modalità di una drammaturgia che nasce dal palcoscenico, da un'artigianale fusione dei ruoli divisi dall'avvento dell’industria dello spettacolo. La comparazione delle due poetiche consente di indagare il loro rapporto con la tradizione, ereditata nel caso di De Filippo o reinventata nel caso di Fo, facendo emergere una linea dell'attore-autore che attraversa tutto il teatro italiano dell’ultimo secolo.

Ed è proprio questo fenomeno ad essere oggetto della quarta parte del volume, che esamina l'emergenza del monologo come genere rivelatore dell'importanza della lezione di Eduardo e Dario Fo. Il monologo drammatico viene analizzato nella sua autonomia spettacolare, distinguendone un versante narrativo, composto da Marco Baliani, Marco Paolini e Laura Curino; uno comico, rappresentato da Alessandro Benvenuti, Roberto Benigni, Massimo Troisi e Paolo Rossi; e uno tragicomico, incentrato soprattutto su Enzo Moscato. Secondo Barsotti questi attori hanno in comune, oltre al dato generazionale, il fatto di essere autori che recitano e di intrattenere un rapporto eccentrico con il luogo d'origine, dal quale assumono un’espressività linguistica che, se è improprio definire dialetto, sfrutta tuttavia la tradizione dell’attore dialettale.

Chiude il libro la sezione Materiali, che raccoglie una lunga serie di interviste con i protagonisti della scena italiana contemporanea, curate da Barsotti in collaborazione con Eva Marinai e Igor Vazzaz. Oltre al monologo e alla sperimentazione linguistica, viene affrontato il tema degli sconfinamenti fra tragico e comico, che appare come una caratteristica costante della nuova generazione di autori-attori.


Lorenzo Colavecchia


copertina

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