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Fabrizio Fiaschini

L’«incessabil agitazione». Giovan Battista Andreini tra professione teatrale, cultura letteraria e religione


Pisa, Giardini, 2007, pp. 220, € 44,00
ISBN 10-88-427-1461-5

Nel 1623 Giovan Battista Andreini, nella premessa al poema agiografico Tecla vergine e martire, parla di «incessabil agitazione» in riferimento agli spostamenti da una piazza teatrale all'altra, uno dei topoi del mondo dei comici dell’arte che, lungi dal rappresentare un’affascinante autonomia liberatoria come nell'immaginario, incarna per Andreini, e così per altri attori professionisti del tempo, un vincolo estenuante verso la legittimazione del comico e l’equiparazione del suo mestiere alla rispettabilità delle altre professioni all’interno della società del tempo. «Il grembo materno del viaggio», metafora immaginaria e utopica della realtà degli attori vaganti, rappresentava una lama a doppio taglio, prova ne è il fatto che molti comici cercarono sempre, quando possibile, di affiancare al loro mestiere una fonte di guadagno più sicura, che fosse soprattutto stabile e sedentaria. 

Il lavoro di Fabrizio Fiaschini indaga la vicenda biografica e artistica di Giovan Battista Andreini proprio alla luce dello sforzo costante verso l’affrancamento dall’itineranza degradante delle piazze minori, alla conquista di quella legittimazione dell’arte comica al pari della cultura letteraria più alta e di quella solida autonomia che gli potevano essere garantite soltanto con una ben organizzata rete di relazioni stabili e prestigiose nelle corti più importanti del tempo. Così per la piazza di Firenze l’autore si concentra sull’ambito accademico con il quale Andreini fu a lungo in contatto, quello degli Spensierati, all’interno del quale egli comincerà a tessere il suo ritratto di comico letterato con le prime stampe, il dialogo della Saggia Egiziana e la tragedia Florinda. Grazie all’amicizia con le personalità di primo piano dell’accademia, come Francesco Vinta, Vincenzo Panciatichi, Giovanni Soranzo, i vallombrosani Ippolito Cerboni e Crisostomo Talenti, l’Andreini degli esordi comincia a delineare la sua tattica promozionale, che verrà portata avanti, affinata e potenziata, nelle altre tappe strategiche della sua itineranza.

Fondamentale sarà la piazza milanese dei Borromei, dove Andreini pubblicherà numerose opere nelle quali, oltre a rimarcare il modello ideale di attore integrato nella società, si spingerà oltre verso una trasfigurazione del tutto inedita, ma astutamente mirata in considerazione della ‘rivoluzione’ umanistica di Carlo e Federico Borromeo, che porta l’attore comico a incarnare quella conciliazione fra profano e devoto fino ad allora ritenuta improponibile; così Andreini, rispettoso dei dettami della controriforma, può arrivare a concepire una sacra rappresentazione, l’Adamo, dove, con la facciata esteriore della missione pedagogico-religiosa, si proprone un nuovo modello di teatro religioso basato sull’incontro di tematiche sacre, erudizione, linguaggio dell’arte e sperimentazione barocca.

Passando per l’esperienza bolognese, con il poema Penitente alla santissima Vergine del Rosario, per quella vicentina de Le cinque rose del giardino di Berico, infine quella bresciana de Il conflitto, guerra tra bresciani e cremonesi con la conversione di Sant’Obicio, nobile bresciano, lungo un percorso che non può non soffermarsi sui dedicatari della produzione sacra di Andreini, il volume ricostruisce  la genesi, la trasformazione e il compimento della rivoluzione poetica andreiniana, nell’articolato progetto di integrazione dell’attore seicentesco all’interno della cultura controriformista, che vide nella consorte Virginia Ramponi e nella sua identificazione con il personaggio di Maria Maddalena, il modello più alto e suggestivo del processo di redenzione cristiana del comico.



Caterina Pagnini


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