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Patrizia Bologna

Tuttestorie. Radici, pensieri e opere di Ascanio Celestini


Milano, Ubulibri, 2007, pp. 309, € 23,00
ISBN 9788877482792

Sospinta dal successo di pubblico e di critica conquistato dal cosiddetto "teatro di narrazione", che negli ultimi anni ha portato alla ribalta una talentuosa squadra di autori-attori (Marco Balliani, Marco Paolini, Laura Curino, Mimmo Cuticchio, Davide Enia, ecc.), la casa editrice Ubulibri dedica all’artista più gettonato un prezioso volume scritto da Patrizia Bologna: Tuttestorie. Radici, pensieri e opere di Ascanio Celestini, che segue la raccolta di saggi raccolti da Andrea Porcheddu in L’invenzione della memoria. Il teatro di Ascanio Celestini (Palazzolo del Friuli (UD), Il principe costante, 2005). I due contributi, pur nella diversa impostazione metodologica, dimostrano la possibilità di indagare la poetica teatrale dell'artista romano da angolature diverse, favoriti dalla ricchezza del repertorio organizzato in una struttura drammaturgia collaudata e funzionale alla comunicazione della parola.

Il libro della Bologna è il frutto di una paziente operazione di 'pedinamento': come un'ombra e per quattro anni l'autrice ha seguito «il lavoro di Ascanio Celestini attraverso i viaggi e le tournées fatti insieme a lui e ai suoi collaboratori» (p. 11). Il contatto quotidiano con l'attore confluisce in una lunghissima intervista distribuita dal 2003 al 2006, dalla quale emergono le fasi cruciali del percorso formativo, dai laboratori teatrali frequentati negli anni universitari alla scuola "il mulino di Fiora" diretta da Perla Peragallo, dalla feconda esperienza con il Teatro Agricolo o del Montevaso negli anni 1996-1998 per concludersi con Cicoria in collaborazione con Gaetano Ventriglio al rientro a Roma per svolgere il servizio civile in un centro per anziani, dove Celestini matura a livello embrionale l'idea di acquisire le testimonianze orali con la registrazione. Si incontrano altri personaggi influenti per il cammino creativo, tra i quali Mario Martone, Michele Sinfisi e il narratore tunisino Mohamed Driss, Debora Pietrobono.

Il secondo capitolo del libro analizza "Il teatro come narrazione", espressione preferita a "Teatro di parola", in quanto, sottolinea la Bologna, «la parola non è una finalità, bensì un semplice mezzo, uno strumento alla creazione di altro, l'immagine» (p. 71). In successione vengono affrontate le caratteristiche del metodo antropologico da cui si enuclea la "drammaturgia delle fonti" che consiste nella raccolta di materiali dedotti da fonti vive e nella fase laboratoriale per la struttura della storia. Si passa all'analisi delle tematiche e alla forma dell'opera teatrale con riflessioni sulla lingua, un italiano con forti inflessioni romane e la sintassi talvolta discordante con le regole grammaticali dell'italiano, sul gesto minimo, quasi assente, ma tecnicamente efficace per sostenere l'eloquio fluente e ipnotico dell'affabulatore. La scena si presenta spoglia, la scenografia è composta di luci e oggetti di legno: il palo della pioggia di Baccalà, la abat-jour in La pecora nera. La scelta è funzionale all'evocazione delle immagini tramite la forza suggestiva della parola.

La terza parte del volume approfondisce gli spettacoli basilari del ricco catalogo di Celestini. Il contributo della Bologna scava nel profondo tra le pieghe del testo seguendo la trama, la nascita del progetto e i significati dell'opera fino alla sua rappresentazione sul palcoscenico. I testi presi in considerazione sono Baccalà, Vita, morte e miracoli, La fine del mondo, Radio Clandestina, Fabbrica, Scemo di guerra, La pecora nera. Elogio funebre del manicomio elettrico.

Chiude questo importante libro il quarto capitolo dedicato ai tre laboratori di Scandicci, Bologna e Roma, all'interno dei quali Celestini ha ricavato il materiale per cucire la trama di La pecora nera.


Massimo Bertoldi


Copertina

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