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Enrico Casagrande, Daniela Nicolò

Io vivo nelle cose. Appunti di viaggio da "Rooms" a Pasolini


Milano, Ubulibri, 2006, 29 euro
ISBN 887748263X


Io vivo nelle cose nasce dalla volontà degli autori, Enrico Casagrande e Daniela Nicolò, riuniti sotto la comune insegna di Motus, di fermare sulla carta, attraverso la stesura di un diario, il percorso condotto intorno al progetto Rooms. Insieme alle parole, e in certi casi ancora di più, le immagini raccolte nel corso degli anni, materiale di studio, frammenti di spettacoli, conservano la memoria del sentiero tracciato.

Nato dal desiderio di conoscere da vicino l'America (fino ad allora al centro di altre creazioni artistiche del gruppo, ma vista di sbieco e da lontano), attraverso un viaggio cui facesse seguito uno spettacolo, Rooms si è poi configurato come un progetto più complesso. Dall'idea iniziale, scaturita dalla stanza asettica di un hotel americano tra Los Angels e Las Vegas, si è venuto articolando un percorso che ha prodotto cinque spettacoli, e una serie di studi preparatori, tappe di un lavoro in continuo divenire.

Il diario rende conto delle diverse fasi di attuazione del progetto facendo accedere il lettore al processo di creazione artistica, al laboratorio interno al gruppo, ai dibattiti, alle scelte, alla necessità di compiere tagli talvolta dolorosi fino a giungere alle improvvise intuizioni che spingono il lavoro verso nuovi orizzonti. Ne emerge una forte ansia di ricerca che non disdegna di confrontarsi con il pubblico mostrando fasi parziali di lavoro, senza adagiarsi su quanto acquisito.

Motus, afferma Goffredo Fofi nell'introduzione, «sta nel presente, è lo sforzo di starci pienamente però con l’attenzione a non perdersi dentro, provando il gusto di sentirlo e di goderne, riderne, soffrirne: di scontrarcisi». Dall'America, quella vera, Rooms ha dovuto svilupparsi in più direzioni, tornare nella Romagna che nell'inseguire il sogno americano è finita per assomigliare alla copia povera e ridicola di Las Vegas, ricercare il suono del silenzio nei deserti algerini, accantonare il teatro per ricorrere al cinema, incontrare Genet e Pasolini.

Il testo è scandito in sei parti: la prima è dedicata al viaggio in America al quale risale la gestazione di Rooms; le altre sezioni ricostruiscono la progettazione dei cinque spettacoli. Ogni capitolo è concluso da uno o più interventi critici che, inframmezzando le pagine di diario, permettono di valutare l'operato di Motus anche da un punto di vista esterno.

Cristina Ventrucci riparte dagli esordi del gruppo nella Urbino degli anni Novanta, e inquadra il loro operato nelle vicende di una generazione che, nata dopo il boom economico, cresciuta nel sogno americano, ha vissuto negli anni Ottanta il sospetto del non riuscito. Gilberto Santini propone una recensione di Vacancy Room, primo spettacolo, allestito nel 2001; Rodolfo Sacchettini invece ricorda l'incunearsi di Rooms tra le date di alcuni eventi che hanno modificato la storia del nostro paese, la vittoria della destra, il G8 di Genova e l'11 settembre, e prende in esame i significati politici sottesi a Twice Rooms. Gli interventi di Renata M. Molinari e Luca Scarlini si focalizzano su Spendid's, primo tra gli spettacoli di Motus a riprendere integralmente il testo di un autore, Jean Genet, allestito nel maggio 2002 in una suite del Grand Hotel di Rimini. Il compito di accostarsi a Come un cane senza padrone spetta a Massimo Marino, che rifiutando di raccontare una determinata recita di uno spettacolo che non è mai uguale a se stesso, preferisce ricordare il suo impatto personale con questo lavoro. A L'Ospite sono infine dedicate la riflessioni di Stefano Casi. Corredano il volume teatrografia, videografia e bibliografia di Motus.

 









Emanuela Agostini


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