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Adelaide Ristori

Ricordi e studi artistici

A cura di Antonella Valoroso

Roma, Dino Audino Editore, 2006, pp. 222, euro 20,00
ISBN 88-7527-116-X

Nel primo centenario della morte della grande attrice Adelaide Ristori (1822-1906) salutiamo con piacere la ristampa in edizione economica delle sue memorie autobiografiche e artistiche. Queste sono accompagnate da una veloce prefazione della curatrice, che ricostruisce le tappe della strategia editoriale della Ristori, da una sintetica tavola cronologica della sua vita e delle sue opere e da una ristampa di poche lettere relative alla vicenda editoriale di Ricordi. Questi apparvero per la prima volta nel 1887 in italiano (presso l’editore Felice Roux di Torino) e in francese (presso l’editore Ollendorff di Parigi, con il titolo Etudes et souvenirs) quasi in contemporanea. Una discutibile traduzione inglese, Studies and Memoirs (presso la casa editrice Allen di Londra) fu stampata nel febbraio 1888 e fu distribuita anche negli Stati Uniti. A questa seguì, subito dopo la morte della Ristori, una nuova versione, a cura di Gaetano Mantellini, presso la casa editrice Doubleday, Page & Company di New York (1907), intitolata Memoirs and Artistic Studies, riproposta ancora nel 1969 e ancora a New York dall’editore Benjamin Blom. Quella che viene adesso messa in circolazione è la prima ristampa italiana. In essa viene omessa – e questo non mi pare una scelta saggia – l’originaria appendice comprendente, secondo la consuetudine secolare dei comici, lettere, poesie, articoli critici dedicati all’attrice. Utile invece il pur esiguo mannello di lettere inedite che Antonella Valoroso pubblica in coda allo scritto della Ristori.


I Ricordi e studi artistici non svelano la verità dell’arte e del training attorico della Ristori ma piuttosto aiutano a capire il suo punto di vista tendenzioso sulla vita e sull’arte teatrale. Un punto di vista che quando vide la luce (la grande diva del pieno Ottocento aveva allora 65 anni) era ormai datato e in via di superamento, ma tuttavia sintomatico di quell’Italia risorgimentale e romantica, oltre che profondamente monarchica, che non c’era più: in sul finire del secolo, nelle città in via di ammodernamento, nella vita lavorativa sempre più incalzata dalla lotta di classe, nella cronaca parlamentare scossa dagli scandali e dal trasformismo, nella quotidiana mondanità dello spettacolo sempre più percorso da fermenti critici e sempre meno illuminato dai sogni melodrammatici, quello che Adelaide Ristori esprimeva attraverso la narrazione della sua vita e attraverso la vita dei suoi personaggi era anche leggibile come il compianto nostalgico di un’attrice aristocratica per le stagioni trascorse insieme al pessimistico bilancio di valori perduti e mai più ritrovati.

In quel 1886 già Eleonora Duse aveva trionfato al Carignano di Torino con Cavalleria rusticana e già si intravedevano nell’arte della prima attrice femminista e repubblicana Giacinta Pezzana (1841-1919) i segni di un superamento realistico delle pose e delle fogge recitative della monarchica e altezzosa Ristori. A fronte di quel presente il libro assume quasi le caratteristiche di una serata d’onore messa sulla carta a celebrazione postuma di una gloria risorgimentale d’altri tempi. Le diverse versioni (italiano, francese, inglese; ma ce ne sarà anche una russa) corrispondono alla dichiarata ambizione dell’attrice di costruire attraverso quelle pagine un monumento destinato non solo a sopravvivere all’effimera vita dello spettacolo – ambizione comune a tutti i comici di ogni tempo e paese – ma a conciliare, nella difficile ascesa all’empireo artistico, i valori patriottici e quelli mercantili, la vocazione artistica e la missione politica nazionale. Un’utopia che non toccherà le carriera né di Giacinta Pezzana né della sorgente Eleonora Duse, ma che percorre invece tutto il sottotesto, ora presuntuoso ora patetico ora ammirevole, di questa monarca assoluta della scena e della drammaturgia.

Nessuna attrice italiana seppe (né saprà) mai progettare e eseguire con altrettanta determinazione un progetto autocelebrativo vasto e ambizioso come quello di questa attrice manager. E il libretto oggi ristampato è solo uno dei frammenti attualmente visibili di una gigantesca mole museale accumulata dall’interprete e conservata tra le carte e i cimeli del Museo dell’Attore di Genova. Quelle carte – solo parzialmente edite (si ricorda soprattutto il recente volume di Teresa Viziano, Il palcoscenico di Adelaide Ristori. Repertorio, scenario e costumi di una Compagnia Drammatica dell’Ottocento, Roma, Bulzoni, 2000) – sono un vero e proprio monumento eretto alla propria gloria non solo teatrale.


Siro Ferrone


copertina

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