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Theatre Research International


Theatre Research International, Vol. 30, n. 1, marzo 2005
ISSN 0307-8833

Dopo il grande interesse suscitato dal numero di "Theatre Research International" dell'inizio del 2004 dedicato al Postdramatic Theatre (Vol. 29 n. 1), il primo numero del 2005 si apre con tre testi presentati alla recente conferenza internazionale IFTR/FIRT  sul tema "The Director and the Theatre World" (22-27 maggio 2004, San Pietroburgo). Nei tre articoli qui riportati  si tenta di riconsiderare il ruolo del regista all'inizio del ventunesimo secolo, ovvero circa cento anni dopo la sua comparsa. 

Il primo intervento, The Director, the Spectator and the Eiffel Tower, di Dennis Kennedy, sottolinea quanto sia difficile descrivere la funzione dei registi e illustrare in modo esaustivo il loro lavoro e individua una sorta di contrasto tra tale difficoltà di definizione e la centralità assunta dal regista per più di un secolo nel teatro occidentale. Sulla base di questa centralità, lo studio di tale figura, seppur arduo, diventa fondamentale per comprendere e valutare il lavoro teatrale. Sebbene le modalità della regia siano cambiate negli ultimi trenta anni, l'industria teatrale continua a dipendere notevolmente dalle abilità manageriali ed estetiche del regista, che si propone come icona dei successi e dei fallimenti del teatro del ventesimo secolo. In questo contributo si discutono le due alternative storiche della regia nell'età moderna, il modello dell'avanguardia e quello industriale, e si mostra come queste siano più vicine di quanto solitamente affermato. Prendendo André Antoine come modello, l'autore del saggio critica certe tendenze nella moderna storiografia teatrale. La sezione finale getta uno sguardo sulla interrelazione tra il regista e lo spettatore.

Nel secondo articolo, Directing History: Women, Performance and Scholarship, l'autrice, Charlotte Canning, si concentra sulla nascita della figura del regista nel tardo Ottocento presentandone una lettura che si trova in netto contrasto con quella della  letteratura critica tradizionale. Gli studi critici precedenti, infatti, non solo tendono ad attribuire a questa figura una centralità eccessiva, facendone il punto focale dell'analisi di tutta la pratica teatrale, ma sembrano anche 'esaltare' il regista presentandolo come una figura 'eroica' e soprattutto 'maschile'. L'autrice dell'articolo si interroga su quanto tale figura e le sue pratiche siano state storicizzate, con un processo che è stato (e continua ad essere) una dimostrazione di potere non priva di operazioni di identificazione e affiliazione personale, geografica e istituzionale. Canning si concentra in particolare sugli aspetti legati alla questione del gender, sottolineando come la storiografia tradizionale presenti un'impronta prettamente maschile e dunque offra un quadro solo parziale della figura del regista nel teatro occidentale.  Partendo da tale considerazione, l'autrice prende dunque in esame il lavoro di una donna, Rosamond Gilder, Theatre Arts, che costituiste la prima storia delle donne nel teatro e che, così emerge dall'analisi di Canning,  sembra offrire una nuova concezione della storia della regia.

Nel terzo intervento, Challenging the Ghosts: Leopold  Jessner's Hamlet, di Peter Marx, l'autore esamina la messinscena di Hamlet al Prussian State Theatre di Berlino curata da Leopold Jessner nel 1926. Si tratta di uno spettacolo che fece  scandalo non tanto per aspetti estetici quanto per la questione dell'identità nazionale. Rifacendosi al concetto  "haunted stage" di Marvin Carlson, il saggio esamina le tracce di tale scandalo nella genealogia di Hamlet sui palcoscenici tedeschi e le sue implicazioni per la questione dell'identità nazionale. Si evidenzia in particolare come dietro alle rappresentazioni del dramma shakespeariano ci sia sempre stata una politica di esclusione. Per contrasto la messinscena di Jessner offre una radicale rilettura dell'opera, con lo scopo di adattarla alla nuova società democratica, e la reazione a tale adattamento da parte della maggior parte del pubblico rivela l'ancor vitale potere delle forze antidemocratiche nella Repubblica di Weimar.

I restanti contributi alla rivista sono a cura di Martin Revermann, The 'Cleveland Medea' Calyx Crater and the Iconography of Ancient Greek Theatre, che esamina l'iconografia dei vasi collegata al teatro e studia come Cleveland si sia appropriato di tale iconografia per i suoi scopi.  Karen Jürs-Munby, nel suo Of Textual Bodies and Actual Bodies: the Abjection of Performance in Lessing's Dramaturgy, parte dallo studio della Hamburgische Dramaturgie (Hamburg Dramaturgy) di G. E. Lessing per indagare la  particolare concezione drammaturgica di questo autore in particolare in relazione alla problematica del corpo sulla scena. La "lotta" di Lessing contro gli attori, così Jürs-Munby, rivela una profonda crisi nella formazione del soggetto in cui la "fisicità" del corpo  è percepita come un elemento di disturbo. La Dramaturgie di Lessing è dunque intepretata come una "abiezione" alla performance.

Infine Herbert Blau, in The Emotional Memory of Directing, ricava dal  concetto di "emotional memory" di Stanislavskij un interessante spunto di riflessione per illustrare le vicissitudini delle regia. Il suo articolo si concentra in particolare sulla 'paura del palcoscenico' che viene interpretata come una sorta di condizione esistenziale senza la quale l'arte drammatica non potrebbe esistere.  


Carlo Lorini


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