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Ridotto


Ridotto, n. 6, giugno 2005, euro 7,00
Il numero di giugno si apre con il consueto "Editoriale" di Maricla Boggio che si occupa questa volta di presentare i tre volumi, curati da Sarah Zappulla Muscarà ed Enzo Zappulla, delle opere teatrali complete di Stefano Pirandello (1895-1971), giornalista, poeta, saggista e autore teatrale che – indotto dagli inevitabili complessi d'inferiorità a firmarsi per molti anni "Stefano Landi" – scrisse poco prima di morire: «Che è quest'inflazione di Landi? Allora quando accadde l'imposizione ero il solo Landi in circolazione. Ma hai voglia a nasconderti dietro un dito. Tutti sanno che non sei altro che un eterno figlio Stefano di Pirandello». Temi ricorrenti dei suoi venti drammi sono tanto la famiglia, il padre, il conflitto coniugale, gli aspetti più inquietanti della sessualità quanto la guerra (fu prigioniero a Mauthausen dal 1915 al 1918), la violenza, il razzismo.

La sezione "Testi" è dedicata all'atto unico, scritto in dialetto napoletano da Fortunato Calvino, Adelaide. Ambientata nella Napoli dei nostri giorni, è la storia di una ex prostituta d'alto bordo che – animata non si sa bene da cosa se non da masochismo allo stato puro – fa di tutto pur di non incappare nel classico lieto fine tanto inseguito, per esempio, da Filumena Marturano.

Claudio Rossini cura poi come al solito la rubrica "Testi italiani in scena" cui segue la sezione "Notizie" che accoglie innanzi tutto l'amara riflessione del drammaturgo Vincenzo Di Mattia, stanco di vedere i cartelloni dei teatri italiani pieni di "Avari e Gemelli veneziani, Celestine e Mercanti", stanco di non vedersi mai rappresentato: «E' ora di bruciare i soliti cartelloni! […] – si legge alla fine di una pagina che sembra graffiata con un gesso sulla lavagna - Purtroppo avete assassinato generazioni e generazioni di autori. Il vuoto culturale che avete creato è una grande ferita per il nostro paese. […] Aprite il sipario: i nostri personaggi vogliono vivere». Sempre nella sezione "Notizie" troviamo Anima mundi, teatro al femminile, resoconto – firmato dall'ideatrice e direttrice artistica Ombretta de Biase – della nutrita rassegna, tenutasi a Milano al "Teatro della Memoria" dal 12 al 24 aprile 2005, dedicata alla «drammaturgia contemporanea scritta da donne». Traduttrice in francese di molte commedie di Eduardo, Huguette Hatem richiama l'attenzione su alcuni recenti allestimenti francesi di testi italiani (La Locandiera al Théâtre Atoine di Parigi, Sabato, domenica e lunedì a Strasburgo e L'envol, commedia "cecoviana" scritta dall'autrice italiana Carlotta Clerici e messa in scena al Vingtiéme Théâtre di Parigi).

Conclude la sezione l'intervista ad Aldo Giovanetti che da tre anni dirige presso l'Istituto Superiore di Lingue - "Bourguiba" – dell'Università di Tunisi un laboratorio teatrale-didattico con gli studenti di lingua italiana. Dopo aver messo in scena un suo testo (La grande legge) alla fine del primo anno, ha proposto nel corso del secondo anno una lettura di poesie da San Francesco a Palazzeschi mentre, al termine del laboratorio di quest'anno, che - intitolato La malizia nella mitologia e nel teatro – si è configurato come un viaggio all'autentica scoperta non solo della mitologia classica ma anche dell'ironia, sono stati rappresentati una sintesi della Fedra di Seneca, il primo atto del Medico per forza di Molière, alcune scene da L'impresario delle Smirne di Goldoni, il Si parva licet di Pavese e L'amor mio non muore di Petrolini.   

A offrire un controcanto ottimista all'intervento di Vincenzo Di Mattia, ci pensa infine Filippo Ottoni che – in Un Autore in cerca dei suoi personaggi – descrive la messa in scena, da parte della compagnia amatoriale "Mascheranova" di Pontecagnano (SA), del suo testo Konnubio. Arrivato nella cittadina in provincia di Salerno, l'autore ha assistito ad una vera e propria epifania del fenomeno teatrale nella sua forma più disinteressata e sincera: nel suo valore archetipico. Un gruppo formato da impiegati, insegnanti, commercianti, casalinghe che dedica tutto il proprio tempo libero e buona parte dei risparmi a tenere in piedi una compagnia autofinanziata per pura e semplice passione del teatro. I membri del gruppo hanno costruito una piccola sala di 72 posti ricavandola da una ex palestra, pagano un affitto di 500 euro al mese e si sobbarcano tutte le attività connesse alla gestione del teatro. «Ma quello che, alla prova della scena, è più straordinario – scrive Ottoni – è il loro elevatissimo livello professionale» provato dal  religioso silenzio con cui i 72 spettatori hanno assistito allo spettacolo mentre nella piazza principale del paese il sindaco neoeletto festeggiava, tra concerti ed enormi torte, la propria vittoria. Il teatro – si legge ancora - non è morto, è stato solo «avvelenato dalla negazione istituzionale e dalla negligenza – se non ostilità – dei mezzi di comunicazione di massa. E l'aspetto più esaltante di questa esperienza è la sensazione di far parte di una confraternita segreta, di una carboneria, che si riunisce nelle cantine e nelle ex palestre per celebrare un rito antico e immortale che – forse – un giorno tornerà alla luce piena e ci salverà».

L'ultimo paragrafo di questa segnalazione è stato scritto il 4 ottobre 2005 – il giorno seguente al taglio al FUS del 40%. Come dopo un naufragio i superstiti lupi di mare, cerchiamo, parafrasando Ungaretti, di riprendere subito il viaggio, nonostante la negazione istituzionale, nonostante l'ostilità dei mezzi di comunicazione di massa, nonostante tutto.               

 



di Giulia Tellini


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