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Cineforum
Storia di una promessa, di Adriano Piccardi



Cineforum, anno XLI (2001), n. 10, p. 9
Nel suo poscritto al romanzo, Dürrenmatt racconta come sia arrivato a scriverlo partendo dalla sceneggiatura che gli era stata commissionata dal produttore Lazar Wechsel sull'argomento "delitti sessuali sui bambini un lavoro dagli obiettivi dichiaratamente pedagogici, che non a caso venne poi affidato alla regia di Ladislao Vajda (Marcellino pane e vino), per vedere la luce con il titolo Es geschah am hellichten Tag (Accadde in pieno giorno), nel 1958, una coproduzione Spagna Svizzera-RFT-Francia. Nel riprendere in mano la vicenda per trasformarla nel romanzo "Das Versprechen", a sua volta pubblicato nel 1958, Dürrenmatt viene guidato dal desiderio di lavorare "al caso del detective in genere, alla critica di uno dei più tipici personaggi ottocenteschi". Il risultato è un'opera che si presenta come evidente metafora della morte di un intero genere narrativo; portavoce dell'intento è la figura del narratore interno, il dottor H., ex-comandante della polizia cantonale di Zurigo, che si incarica di raccontare - al narratore effettivo nella persona di un non meglio identificato autore incaricato di tenere "una conferenza sull'arte di scrivere romanzi polizieschi" - la vicenda dell'omicidio della piccola Gritli Moser, dell'indagine privata e ossessiva sul caso intrapresa dal dottor Matthai e della sua soluzione imprevedibile e beffarda.

Quarant'anni dopo, questa storia finisce nella mani di ranno senza risposta, imbottigliate in un vicolo reso cieco da Sean Penn grazie al suo produttore Michael Fitzgerald. Penn è alla ricerca di un soggetto da poter proporre all'amico Jack Nicholson, con cui vuole tornare a lavorare dopo averlo diretto in Crossing Guard, e trova nelle pagine di Dürrenmatt qualcosa che fa scattare l'interesse. Ma non si tratta, in realtà, di ciò che ha mosso a suo tempo lo scrittore svizzero: per questo motivo il lavoro di sceneggiatura messo in atto sul corpo del testo letterario ne rimodella prima di tutto la struttura narrativa, eliminando sia la figura del narratore interno sia quella del suo destinatario-intemediario e concentrando tutta l'attenzione sul personaggio del detective che si assume il debito della promessa da rispettare nei confronti della madre sconvolta della piccola vittima. La sceneggiatura viene affidata a Jerzy J. Kromolowski e a sua moglie, Mary Olson (...).

I due compiono un intervento di notevole spessore sull'originale: all'eliminazione del meccanismo "racconto nel racconto" va ad aggiungersi la scelta decisiva di trasformare il personaggio del detective in un individuo più anziano rispetto a quello pensato da Dürrenmatt e "segnato" dal suo pensionamento, che ha inizio proprio il giorno in cui viene scoperto il cadavere della bambina. La situazione esistenziale di Jerry Black/Jack Nicholson diventa quindi il tema portante del film. "Ciò che mi ha colpito'', dichiara Sean Penn "è la storia di un uomo che va in pensione; mi ha fatto pensare a mio nonno. Faceva il panettiere e quando è andato in pensione è invecchiato e morto rapidamente. Questa storia racconta della promessa che un uomo fa, in sostanza per dare un nuovo senso alla propria vita, e che decide di mantenere a tutti i costi. Non è un film su un omicidio, ma su un detective" (...).

La scelta di concentrarsi direttamente sul percorso interiore del protagonista così rimodellato porta sceneggiatura e regia a lavorare su di lui in modo sfumato: vengono a mancare le "spiegazioni", gli interventi e i chiarimenti di cui era portatore il narratore interno e, di conseguenza, ogni gesto, ogni parola, ogni decisione, si caricano di ambiguità, della possibilità di una doppia lettura. In particolare, ciò vale per la strategia del ragno che Jerry mette in atto usando come esca la figlioletta di Lori: qual è il momento in cui l'uomo concepisce il piano e incomincia a muovere le sue pedine? Il suo legame con Lori è solo il calcolo del pescatore in agguato oppure l'ultima occasione per sentirsi vivo sentimentalmente e sessualmente o, ancora, un complicato e torbido risultato di entrambe le istanze? Domande che rimarranno senza risposta, imbottigliate in un vicolo reso cieco da quell'incidente stradale di cui nessuno (ne i poliziotti che lo incrociano ne tanto meno Jerry) potrà mai conoscere le reali conseguenze. La conclusione del film di Penn è, se possibile, ancora più radicale del romanzo dürrenmattiano, dove il dottor H. veniva infine edotto dell'assurdità degli eventi e posto in grado di comunicarla a chi potesse riflettervi. Lo spostamento dell'asse di senso nel passaggio dal romanzo di Friedrich Dürrenmatt al film di Sean Penn va a sollecitare, del primo, le corde più profonde, che lo scrittore aveva messo a punto ma, in qualche modo, poi relegato sullo sfondo (o usato solo strumentalmente) perché attratto da un'ipotesi (celebrare il funerale dell'indagine e del detective ottocenteschi) tutto sommato già superata dai tempi: in quella direzione l'essenziale da dire era stato già detto e "dimostrato" (anzi mostrato) dalla scuola americana dell'hard boiled (...).
estratto


Copertina di Cineforum, anno XLI (2001), n. 10

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