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Il gesto sonoro. Il cinema di Jacques Tati

A cura di Giorgio Placereani e Fabiano Rosso

Milano, Editrice Il Castoro, 2002, pp. 144, euro 14,50
ISBN 88-8033-236-8
Il gesto sonoro raccoglie gli Atti del convegno di studi tenutosi a Udine il 26 e 27 gennaio 2001 nell'ambito di Lo sguardo dei maestri. Il volume comprende molteplici interventi (Giorgio Cremonini, David Bellos, Adolphe Nysenholc, Alessandro Faccioli, François Ede, Luca Giuliani, Roberto Nepoti, Stéphane Goudet, Augusto Sainati, Ángel Quintana) sulla vita e l'opera di Jacques Tati, composti e sistematizzati da Giorgio Placereani e Fabiano Rosso. Completano la raccolta le testimonianze di collaboratori del grande regista francese (Jean Badal, Marie-France Siegler), di chi ha avuto la fortuna di frequentarlo (la figlia Sophie Tatischeff e Maurizio Nichetti) o di semplici, grandi estimatori del suo lavoro (Otar Ioseliani).

Fin dal titolo, il volume si caratterizza per l'attenzione a quelli che possono forse essere considerati i due elementi fondanti del cinema di Tati: il gesto, cioè la gag, della quale Tati è stato maestro, rielaboratore della tradizione e innovatore; il sonoro, cioè le modalità attraverso le quali il cineasta francese ha saputo mettere in scena il proprio mondo comico, "inventando" letteralmente un universo di suoni inscindibili dalle immagini che ha, film dopo film, rappresentato (non a caso, l'intervento di Adolphe Nysenholc si intitola proprio "Tati, il suono che fa immagine"). Ma il volume approfondisce anche gli altri grandi temi della poetica di Jacques Tati: la critica struggente della "modernità", la costruzione degli spazi filmici che attraversano l'intera sua filmografia, lo straordinario lavoro sul colore (è doveroso ricordare, a questo proposito, che Jour de Fête è, di fatto, il primo lungometraggio a colori della storia del cinema francese, anche se soltanto dal 1995 è possibile vederlo nella sua integrità) e sul video (Parade, l'ultimo film di Tati, fu girato in video con diverse telecamere e in seguito riversato in pellicola).

I saggi, analizzando le molteplici prospettive di cui il cinema di Tati si compone, offrono del regista un ritratto umanissimo (ai limiti della commozione, in questo senso, gli interventi finali), ma anche molto attento a cogliere e sottolineare nella misura che compete alla sua grandezza e importanza nella storia del cinema mondiale gli aspetti prettamente tecnici del suo lavoro. Attraverso i suoi alter ego, il postino François prima e Monsieur Hulot poi, Tati diventa di volta in volta clown, artista comico erede della grande tradizione del cinema di genere da Chaplin a Max Linder, arguto dissacratore della civiltà tecnologizzata degli anni Cinquanta e Sessanta, metteur en scène maniacale che occupa buona parte del Bois de Vincennes, alle porte di Parigi, per costruire le scenografie di quello che è forse il suo capolavoro, Playtime.

E in fondo, sembra voler dire questo libro, Tati è tutto questo e molto di più. Anche a causa (o in virtù, come si vuole) della lunga gestazione, dei problemi produttivi e dello scarso ritorno economico, ogni sua opera (e ognuna per motivi diversi ma tutti riconducibili al desiderio di Tati di essere sempre se stesso nella rappresentazione della sua poetica) è una pietra miliare del cinema. Un monolito che si staglia (come Tati stesso) nel panorama del cinema mondiale e attua, ogni volta, uno scarto decisivo rispetto al passato, spalancando nuovi orizzonti verso il futuro. Solo un genio è in grado di coniugare tradizione e innovazione, al tempo stesso imprimendo nella sua opera il proprio lucido e personalissimo marchio e riuscendo a catturare con infallibile coerenza il sentimento di un'epoca, la sua atmosfera, il suo respiro invisibile e intimo. Come afferma Nichetti, "i film di Tati, con tutta la loro stilizzazione, invenzione, fantasia, assolutamente fuori da canoni realistici, raccontano però le ansie e le angosce dell'uomo degli anni Cinquanta e Sessanta, a contatto con una tecnologia, una modernità che lo trovava assolutamente spiazzato".

Il gesto sonoro mostra le mille facce di un uomo che, in silenzio o solo bofonchiando qualche parola incomprensibile, districandosi nel traffico metropolitano o saltellando in una spiaggia colma di bagnanti, ha saputo meglio di ogni altro rappresentare l'epoca nella quale è vissuto, consegnando al mondo una manciata di tesori senza tempo.

 

di Fabio Tasso


Copertina del volume

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