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Antonio Pizzo

Teatro e mondo digitale
Attori, scena e pubblico


Venezia, Marsilio, 2003, pp.194, euro 18,00
ISBN 88-317-8190-1
Il saggio passa in rassegna, fornendo un'accurata documentazione, le principali tappe mondiali della sperimentazione delle nuove tecnologie digitali sulla scena (realtà virtuale, rappresentazioni on-line, attori artificiali). Come suggerisce il titolo, l'autore cerca di individuare, per ciascuna di queste esperienze, quali trasformazioni abbia subito lo status di ciascuna delle tre componenti fondamentali dell'evento teatrale: attori, scena e pubblico, appunto.

Il testo come abbiamo detto, è serio e ben fatto, e costituisce un ottimo strumento per accostarsi all'argomento. Detto questo, resta il dubbio, di fronte all'entusiasmo degli operatori (peraltro già attenuato nell'esposizione di Pizzo), sul valore e l'incisività effettiva di questi spettacoli, aldilà del loro carattere sperimentale. Si ha infatti l'impressione che i paladini del digitale guardino spesso alla scena come a una sorta di "scatola delle meraviglie" dove far operare ingegni "magici" che stupiscano gli spettatori, più che a uno spazio dove realizzare un evento performativamente e drammaturgicamente significativo. Più che alle teorizzazioni simboliste e dell'avanguardia novecentesca rammentate da Pizzo, insomma, questi progetti fanno pensare all'Invenzione barocca e alla filiera degli spettacoli ottici popolari (dalla Lanterna Magica al Cosmorama) che hanno preceduto il cinema. Come concettose e accademiche appaiono le applicazioni della drammaturgia procedurale volte alla creazione di attori virtuali: vengono in mente da un lato il progetto di drammaturgia combinatoria di Alessandro Piccolomini (1561) e dall'altro gli automi giocatori di scacchi settecenteschiˇ

Con questo non vogliamo negare al digitale il diritto di esistenza sulla scena teatrale. Ma sarebbe bene che gli operatori tenessero conto che ora come ora - ed è un bene - uno spettacolo teatrale non può più contare sullo stupore dello spettatore per funzionare. Ricordiamo che il secolo appena trascorso ha visto due "ingegni" espropriare il titolo di "scatola delle meraviglie" al teatro: il cinema, che ha conquistato buona parte dei palcoscenici adattandoli alle sue esigenze - e ha darwinianamente portato all'estinzione le attrazioni ottiche e automatiche sue progenitrici - e la televisione, che è diventata presenza spettacolare fissa, e regina, nelle nostre case. (A proposito: vogliamo credere davvero che nell'epoca delle videoconferenze, dei duetti "a distanza" di cantanti teletrasmessi su megaschermo - ma anche della memoria del live broadcast via radio degli anni Trenta e Quaranta - il pubblico possa considerare evento di per sé straordinario una rappresentazione allestita in più luoghi distanti tra loro e collegati via internet?).

di Paolo Albonetti


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