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Vivere a Pitti. Una reggia dai Medici ai Savoia

A cura di Sergio Bertelli e Renato Pasta

Firenze, Olschki, 2003, pp. 578, euro 49,00
ISBN 88-222-5298-5
Gli anni tra il 1598 (devoluzione di Ferrara allo Stato Pontificio) e il 1627 (estinzione della dinastia Gonzaga) segnano un importante momento di svolta nella storia delle corti italiane: il passaggio all'età barocca. I primi cinquant'anni del Seicento sono così testimoni della formazione, quasi contemporanea, delle quattro grandi regge barocche di Firenze, Parma, Modena e Torino. Sono anni di profondo fervore edilizio, sia architettonico che urbanistico, e Firenze, già a partire dagli anni precedenti, non fa certamente eccezione; fin dal 1540 Cosimo I aveva abbandonato la residenza in via Larga per trasferirsi nel Palazzo della Signoria; intorno al 1550 Eleonora di Toledo provvede con la propria dote ad acquistare l'edificio che la famiglia Pitti aveva iniziato a far costruire nel 1440, senza riuscire a completarlo. In mano ai Medici la residenza fu restaurata e ampliata, per opera di Bartolomeo Ammannati, delle due ali che rinchiudono il cortile verso la collina di Boboli, per subire poi continui, periodici cambiamenti, sia negli appartamenti che negli arredi, col mutare delle esigenze di quelle generazioni e dinastie, fra loro profondamente diverse, che vi si avvicendarono nel corso dei secoli.

Muovendo da questi presupposti storiografici, il volume Vivere a Pitti intende ricostruire, dalle fonti archivistiche ricomposte in modo coerente e omogeneo, l'aspetto più "ordinario" della storia del palazzo, centrando proprio quella sfera di fruizione concreta e quotidiana di cui furono protagonisti prima i membri della famiglia Medici, poi la dinastia lorenese nel Settecento, infine i Borbone e i Savoia nell'Ottocento, nell'oggettiva difficoltà di ricostruzione presentata da una residenza dinastica comunque atipica, poiché ospitava al suo interno più di una corte contemporaneamente. Oltre la vicenda pubblica di Pitti e gli eventi ufficiali dinastici che in esso furono celebrati, come ampiamente affrontato nel saggio di Francesca Fantappiè che ricostruisce il sistema degli spazi interni di Pitti adibiti all'allestimento degli spettacoli, l'immagine che lo spoglio puntuale e preciso degli inventari ci restituisce è quella di una quotidianità fatta di piccole cose, di accorgimenti dell'ultima ora, di una scoraggiante e prevedibile scarsità di igiene, della continua lotta contro il freddo e le grandi calure estive.

Pur nell'analisi di problematiche più inerenti alla sfera propagandistica e celebrativa, secondo il complesso codice simbolico della magnificenza della corte - è il caso dell'approfondimento di Elisa Acanfora sui cicli pittorici nella Stanza della Stufa - i vari saggi all'interno del volume perseguono un'indagine volontariamente lontana dalla consueta restituzione ufficiale, dalla descrizione delle bellezze artistiche del palazzo e dalle facili suggestioni estetiche, per addentrarsi nei particolari dell'esperienza giornaliera "rivissuta" dalla diversa prospettiva delle varie gerarchie che nel tempo coabitarono nel palazzo, quella "alta" della famiglia regnante, quella intermedia dei cortigiani e quella più bassa della servitù.

Caterina Pagnini


copertina del volume

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