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Carlo Goldoni

Le Borru bienfaisant; Il burbero di buon cuore

A cura di Paola Luciani

Venezia, Marsilio, 2003, pp. 345, euro 18,50
ISBN 88-317-8136-7
Il 4 novembre 1771 va in scena alla Comédie-Française di Parigi Le Bourru bienfaisant di Goldoni che rappresenta il suo più eclatante (e forse unico) successo oltralpe. La pièce è replicata per la corte reale di Francia il 5 novembre nel castello Fontainebleu, luogo ricco di 'presenze' teatrali italiane. Paola Luciani, curatrice del volume, dedica il suo lavoro alla memoria di Sergio Romagnoli, che di questa edizione nazionale delle opere del drammaturgo veneto fu uno dei principali ispiratori. Una curatela invero esemplare che riesce a portare il lettore dentro le difficoltà incontrate da Goldoni nell'ambiente teatrale parigino. Dopo l'addio alle scene veneziane, esplicitato sub specie theatri nella commedia Una delle ultime sere di carnovale del 1762 (una 'sinfonia degli addii'), la permanenza nella capitale francese non sortì le attese sperate e l'artefice della riforma si trovò a soddisfare richieste di commedie all'italiana da cui voleva invece fuggire. Goldoni subì anche l'umiliazione di essere dipinto come un 'banale' autore di farse nel De la Poésie di Diderot, scritto di diffusione europea che non poca amarezza gli procurò. Dopo insuccessi e difficoltà, scrive questa commedia in francese, lingua che, con l'aiuto di colti amici, studia con profonda e sapiente diligenza per padroneggiarla drammaturgicamente, e la 'purezza' del francese di questo testo destinato agli attori e al pubblico della capitale è anche debitrice del suo lavoro d'istitutore per la principessa reale Maria Adelaide, con la quale doveva utilizzare una conversazione adatta al suo alto rango.

Goldoni, pur lontano dalle teorie diderotiane, «nel concepire la sua commedia opera con astuzia: da una parte mette in pratica i suggerimenti tecnici enunciati da Diderot [...] dall'altra ne rifiuta l'idea principe dell'obsolescenza della commedia di carattere rispetto alla commedia di conditions» cara invece al filosofo illuminista, come nota acutamente la curatrice. Egli rispetta con rigore le unità di spazio, luogo e tempo ma non rinuncia a ciò che per lui ha un'importanza fondamentale, il carattere, e così crea Géronte, il 'burbero' protagonista, in cui convivono, di vita ossimorica, sia il termine bourru (burbero) che bienfaisant (che Goldoni stesso tradurrà con «di buon cuore»). Quindi il personaggio principale porta in sé gli «stereotipi oppositivi» della commedia di carattere sagacemente, o astutamente, incastonati in modalità drammaturgiche francesi.

Goldoni, maestro nella comprensione degli attori, non mancò in questa importante occasione di condiscendere sia il gusto del pubblico, sia quello dei componenti della troupe. La Comédie-Française era rigidamente e gerarchicamente strutturata in un sistema di ruoli regolato dall'anzianità dei sociétaires, cioè i membri permanenti della compagnia. Goldoni, abituato pur in altro contesto a creare una drammaturgia che tenesse conto dei ruoli (sia nel teatro di prosa, sia nei drammi giocosi, prime donne, servette, primi buffi, prime buffe ecc.), concepisce un intreccio 'ruolisticamente' armonico ai sociétaires cui competeva anche la scelta del repertorio. «Resta da chiedersi», scrive la Luciani, «quanto Préville (il primo Géronte) abbia contribuito» alla complessa fisionomia del personaggio principale.

Il grande attore francese trova in Géronte l'opportunità di confrontarsi con uno splendido rôle de composition. Come accadde, secoli dopo, con Ruggeri e l'Enrico IV di Pirandelllo, è «lecito supporre che la messa a punto del carattere si arricchisca di dettagli e sfumature elaborati dall'attore in parti consimili». La storia è quella del burbero di buon cuore-Géronte, ritiratosi, per così dire, a vita privata ma che rimane coinvolto, tra il distacco e l'empatia, sia nelle vicende di un nipote scellerato con moglie spendacciona cui non riesce a dire di no per un malinteso senstimento amoroso (che ricorda, per poco tuttavia, l'Anzoletto della Casa nova), sia con Picard, l'amico con cui gioca un'interminabile partita a scacchi (unico veicolo di comunicazione tra i due), sia con una giovane nipote, innocente ma esageratamente riservata, cui si aggiunge il solito contorno di servi e 'servette'.

Il volume comprende anche la versione italiana, Il Burbero di buon cuore, che l'autore riadattò al gusto del nostro pubblico settecentesco, 'adattamento', tuttavia, che non denota una cura particolare e si avvale soprattutto di dialoghi più lunghi rispetto al testo francese cui era richiesta, invece, una maggiore brevità e 'scorrevolezza drammaturgica'. Per gli spettatori italiani «la coabitazione di commedia regolare e genere serio non ha alcun significato; ed ecco che il vecchio Goldoni (pubblicherà la commedia nel 1789) si prova malinconicamente non solo ad allungare i dialoghi, ma soprattutto a svolgere più realisticamente la storia [...]. Quanto di astratto e algido è nella pièce francese [...] viene tradotto in termini di piatta verosimiglianza narrativa, e non resta spazio, volendo piacere al pubblico, che per il protagonista».

Paola Luciani cura in maniera eccellente questo volume che, oltre la ricostruzione del contesto drammaturgico, filosofico e sociale in cui nacque la commedia e in cui si muoveva il 'povero' Goldoni (che dovette vendere tutta la sua preziosa biblioteca e attese invano una pensione del governo rivoluzionario giunta troppo tardi), dà giusta e adeguata rilevanza al 'ruolo' degli attori nella creazione drammaturgica. Ottimo l'apparato che può avvalersi della preziosa copia manoscritta per il souffler, cioè per il suggeritore, conservata nella Bibliotheque-Musée della Comédie-Français.

Gianni Cicali


copertina del volume

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