La dissacrazione graffiante e immaginifica di Enzo Cosimi
È potente e spiazzante l’applaudito Venere vs Adone, il “poemetto contemporaneo” di Enzo Cosimi che rivisita con gusto dissacrante il mito e inaugura con piglio graffiante La democrazia del corpo, l’“esperienza” (come la definisce Virgilio Sieni) che anima CANGO, i Cantieri Goldonetta Firenze, diventati nel 2015 sede del Centro Nazionale di Produzione della Danza diretto da Virgilio Sieni e fiore all’occhiello cittadino. Questa seconda tappa della Democrazia del corpo 2024, che va da ottobre a dicembre, vede un nutrito carnet di appuntamenti, eventi, dialoghi, incontri, performance con artisti nazionali e internazionali, e ha al centro il corpo. Un corpo emblema di una prossimità e di una vicinanza che ci pongono in rapporto con l’altro e in ascolto del senso più profondo dell’agire creativo che, secondo Sieni, «è un atto politico di liberazione del corpo e del pensiero». Un ascoltarsi, un conoscersi e riconoscersi, sentendosi vivi, «per curarsi degli altri e delle cose attraverso il gesto», un gesto silente eppure loquace nella sua transculturalità.
E il corpo prorompe con tutta la sua potenza gestuale in Venere vs Adone, la nuova creazione del pluripremiato Enzo Cosimi. Coreografo colto e regista visionario, Cosimi ha concluso il progetto Orestea/Trilogia della vendetta dedicato alla classicità e ora rilegge il poema pastorale Venus and Adonis di Shakespeare tenendo presenti le consuete «forme transmediali e transdisciplinari».
Il lavoro, che ha debuttato a
luglio al festival Civitanova Danza come produzione della Compagnia Enzo
Cosimi, ha ben poco a che fare con i barocchi e voluttuosi quadretti
post-ovidiani dell’archetipo shakespeariano. Qui al contrario emerge con forza
e ferocia la tragicità di un amore non corrisposto, il grido di dolore di una
donna, l’egocentrismo di un uomo, il destino di morte che incombe su
entrambi.
Cosimi, che cura regia, coreografia, scene e video, si avvale del supporto drammaturgico di Maria Paola Zedda e reinterpreta la storia della dea Venere e del mortale Adone attraverso echi e visioni contemporanei, catapultando i protagonisti e gli spettatori in un universo immaginifico grazie anche ai costumi di Alessandro Lai e alle sculture di Daniel Dal Cin. I rimandi alla produzione iconica di Andy Warhol contribuiscono a sottolineare il culto dell’immagine-corpo, mentre i riferimenti alla pittura anticonformista dell’artista sudafricana Marlene Dumas connotano cromaticamente l’intensa passionalità di Venere e l’algida indifferenza di Adone. Tutti elementi che accentuano la dimensione claustrofobica dell’ambientazione, a sua volta esaltata dallo spazio ovattato della Goldonetta, che bene si presta ad accogliere il dramma di Venere e Adone. Una sorta di tenda trasparente delimita il fondale, mentre in basso fari a destra e a sinistra circoscrivono il perimetro dell’azione con il disegno luci ideato da Cosimi e Giulia Belardi.
Divisa in quadri, la pièce è scandita da video proiezioni che introducono i momenti narrativi dedicati al dolore, al desiderio, alla frustrazione, alla violenza e tutto parte da un assordante e dissonante lamento di Venere, la più che brava Alice Raffaelli, che riempie l’atmosfera con la sua sofferenza, di fronte allo statuario Adone dormiente e in posizione fetale. Vani sono i tentativi della dea di destarlo e, quando finalmente lui si alza, altri sono i suoi desideri e intenti. Il mortale, incarnato dall’athletic coach Leonardo Rosadini, appare ossessionato dalla forma fisica di un corpo palestrato e il suo comportamento lo rende simile a un replicante alla Blade Runner, mentre il suo autismo confligge con la disperata umanità di Venere, ossessionata dal suo amore a senso unico. L’ossessione di lei per lui e di lui per il proprio corpo li avvicinano: il loro confronto-scontro prende avvio con la speranza della dea di essere amata.
Iniziano così delle performance in cui Adone, davanti a Venere, si bea della propria fisicità muscolosa mentre s’infila le calze di pizzo nere con ostentata effeminatezza, si mostra in tuta d’argento, indossa variopinte sculture e fa irriverenti linguacce di un’autoreferenzialità disarmante. Ma ecco che, anche se momentaneo, avviene il connubio tra i due e fluisce la danza di Venere e la “semi-danza” di Adone. Belle sono le figure plastiche in movimento, i grovigli tipici dello stile contemporaneo fino a che Adone è risucchiato da quell’appagante e straniante culto per la forma fisica, che condiziona non solo lui ma anche la nostra società con la sovraesposizione mediatica di corpi disinibiti ed esibiti.
Lo
scacco per Venere è plateale e allora non resta che un’estrema soluzione:
vestita da sposa, avanza incorniciata da un’enorme ruota luminosa con una
grande macchia di sangue sul petto e una testa di coccodrillo in braccio,
simbolo della sua insaziabile voracità. Lui non l’ha voluta? Lei “se l’è
mangiato” in un epilogo da tragedia classica di grande impatto e suggestione, accompagnato
dalla colonna sonora dei Led Zeppelin e dagli applausi del pubblico.
Venere Vs Adone
© Stefano Tomassini
Cast & credits
Titolo
Venere Vs Adone |
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Anno
2024 |
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Interpreti
Alice Raffaelli Leonardo Rosadini |
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Scenografia
Enzo Cosimi |
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Costumi
Alessandro Lai |
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Coreografia
Enzo Cosimi |
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Suono
Enzo Cosimi |
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Luci
Giulia Belardi, Enzo Cosimi |