Nella
Sala Grande del teatro del Maggio Musicale fiorentino si accendono i riflettori
sulle vicende del Don Pasquale,
ultima opera comica donizettiana nella quale il compositore coniuga
sapientemente quelli che sono i caratteri propri del linguaggio buffo con il
lirismo malinconico di matrice romantica. Il Don Pasquale torna per la settima volta sulle scene del teatro
fiorentino con lo storico ma suggestivo allestimento firmato dal regista Jonathan Miller (scomparso nel 2019) e ora ripreso da Stefania Grazioli,
scene e costumi curati, come per ledizione 2001 e 2011, da Isabella Bywater
e luci di Jvan Morandi realizzate da Emanuele Agliati.
In
una sala gremita, lo spettatore entra da subito in contatto con la materia
sonora che caratterizzerà lazione scenica: nella sinfonia avanti lopera,
lorchestra, diretta magistralmente dal direttore Daniele Gatti, espone
il motivo della “Serenata” di Ernesto che si innesta, poi, con il tema che
caratterizza la cavatina di Norina “So anchio la virtù magica”. Amori,
intrighi e dinamiche comiche inclini al farsesco sono il fil rouge che rende unica e immortale questa opera.
Su
di un pavimento “a scacchiera”, la casa delle bambole apre i suoi battenti allo
spettatore. I personaggi, truccati come delle bambole di porcellana, si animano
e prendono vita e consistenza. Gli abiti di scena sono ispirati alla moda di
inizio Settecento: Ernesto, Don Pasquale, il notaro e il dottor Malatesta indossano
panciotti bordati di pizzi, giubbe, braghe al ginocchio e calze; Norina,
invece, veste con abiti adornati da lustrini, merletti e deliziosi cappellini. Inoltre,
il maggiordomo di casa è in livrea e la cuoca indossa un particolarissimo
copricapo: una cuffia a punta che ricorda alla lontana quello di una suora.
Daniele
Gatti, che affronta per la prima volta questo titolo, sottolinea con abile gesto
quelle che sono le cifre stilistiche che rendono il Don Pasquale il punto di arrivo dellars compositiva comica di Donizetti. Attraverso un minuzioso e
puntuale studio sulla partitura, il maestro mette in luce la particolare struttura
dellopera dove il compositore abbatte sul piano drammaturgico la barriera che
separava le arie dai recitativi. Nel continuum
temporale dellazione in divenire, la direzione dorchestra di Gatti è pensata
per far fluire la situazione drammatica in uno spazio musicale variamente
strutturato e flessibilmente articolato: i pezzi chiusi, infatti, sono compresi
entro un recitativo da cui scaturiscono e in cui rientrano con la massima
naturalezza di conversazione. La scelta dei tempi metronomici ben sottolinea,
altresì, il passaggio dal registro comico a quello malinconico; con sagacia, il
direttore, asseconda con un ritmo incalzante le sezioni che richiedono una sillabazione
veloce o i repentini passaggi tra registri vocali e con altrettanta
intelligenza accompagna il lirismo malinconico che travolge i protagonisti e li
sottrae al mero ridicolo della farsa per renderli reali e avvicinarli allo
spettatore.
Un momento dello spettacolo
Michele Monasta © Maggio Musicale Fiorentino
Il cast
di cantanti sembra vestire alla perfezione i panni dei protagonisti: Marco
Filippo Romano come Don Pasquale; Markus Werba nella parte del
Dottor Malatesta; Sara Blanch è Norina; Yijie Shi interpreta
Ernesto mentre Oronzo DUrso figura nella parte di Un notaro.
Sara
Blanch dimostra di possedere una eccellente capacità attoriale e una vocalità
leggera e agile. Yijie Shi passa con facilità
dal registro comico a quello languido dellinnamorato e Markus Werba sembra
nato per la parte del Dottor Malatesta: dotato di una buona mimica, la sua
vocalità ben incarna lesuberante ruolo. Marco Filippo Romano, infine, mostra
le sue doti canore e attoriali sapendo mettere in risalto con la sua vocalità
ora la vena comica di un borghese attempato con il prurito dellamor, ora la
tristezza e drammaticità di un uomo consapevole della sua fine tragica. Il
coro, preparato da Lorenzo Fratini, nelle vesti della servitù,
accompagna lazione scenica dallinizio e, chiamato in causa, prende la parola
con maestria, commentando lazione con pose plastiche.
Un momento dello spettacolo
Michele Monasta © Maggio Musicale Fiorentino
Il
sipario cala sulla casa delle bambole e la fine dello spettacolo è rimarcata dagli
applausi scroscianti del pubblico: la magia dellopera è compiuta nuovamente. Le
scelte prese dal maestro concertatore e dalla regia hanno permesso la
realizzazione di uno spettacolo dal ritmo narrativo incalzante e nel quale il
piano drammaturgico del compositore risulta essere ben realizzato. La volontà
di Donizetti è rispettata anche dalla verosimiglianza dei protagonisti in scena.
Il cast di cantanti, grazie a spiccate doti attoriali e canore, è riuscito ad
avvicinare il pubblico alle vicende di vita dei personaggi: non più semplici bambole
che si animano sotto gli impulsi sonori della musica ma persone reali, in carne
e ossa, e il pubblico si è rivisto in esse e ha vissuto innamoramenti, emozioni
e delusioni accanto ai protagonisti in scena.
* Studentessa di Digital Humanities per la Storia dello Spettacolo nel corso di Scienze dello Spettacolo del Dipartimento, SAGAS.