«Now, a friend of mine gave me an LP by David Bowie […] I felt in love with
him». Era il 1966, Bowie era pressoché uno sconosciuto e il coreografo e performer britannico Lindsay Kemp si stava per esibire in un
teatro di Londra; «I was performing with my company in a little theatre, with a
little show called I Saltimbanchi,
which was very much inspired by Picassos
pictures». Il caso volle che quella sera il musicista inglese fosse tra
il pubblico e sentisse la propria musica come colonna sonora di una performance di teatrodanza; dopo lo
spettacolo i due si incontrarono nel camerino: «it was love at first sight».
Così racconta Kemp nel 2016 in unintervista
per Rai Cultura.
Inizia in questo momento il sodalizio sentimentale e artistico tra i due, entrambi
votati allarte performativa fin da giovanissimi. Il danzatore, in particolare,
subito dopo aver intrapreso la carriera militare sulle orme del padre, viene
espulso dallaccademia navale per aver vestito i panni di Salomè ricoprendosi
di carta igienica. Da quel momento si decide ad assecondare la propria
vocazione, fino allincontro con Bowie che, se da una parte gli permette di
vivere unintesa che durerà tutta la vita, dallaltra lo porterà a scontrarsi
con la rigidità dei costumi inglesi che fortemente osteggiavano
lomosessualità. Forse anche tali circostanze lo condurranno in Italia – dove
tornerà regolarmente a partire dalla fine degli anni Settanta – e in
particolare a Castiglioncello, nel vivace clima festivaliero del Castello
Pasquini dove anche il belga Micha van
Hoecke e il suo Ensemble
hanno trovato terreno fertile.
Un momento dello spettacolo ©Francesco Riccardi
Intanto Kemp si afferma
definitivamente sulla scena internazionale mescidando stili e tradizioni,
attingendo dal cabaret, dal teatro
dellarte e da quello elisabettiano, dalla danza libera, dal mimo, proponendo
spettacoli ispirati a Shakespeare (Sogno di una notte di mezza estate,
1980), al grande danzatore Nijinsky
(Sogno di Nijinsky o Nijinsky il matto,
1983) – come qualche anno prima aveva già fatto Maurice Béjart con Nijinski,
clown de Dieu (1972) – o a quella Salomé che lo aveva folgorato già dalla
tenera età. Ma particolarmente significativa nel consacrare la sua danza anche
presso un pubblico più ampio è stata certamente la partecipazione ai concerti
di David Bowie: The Rise and Fall of
Ziggy Stardust and the Spiders from Mars (Londra, 1972).
Se la collaborazione con il
musicista è una chiave di volta rock-pop per la danza di Kemp, questultimo non
snatura mai la propria arte, esprimendosi nella sua
personalissima visione che coinvolge movimento, trucco e abiti di scena e senza
rinunciare ai propri riferimenti; si pensi a Loïe Fuller e alla sua “danza serpentina” con il relativo costume.
Bowie – dal canto suo – è stato capace di attraversare generi e generazioni,
muovendosi tra timbriche e organici propri degli anni Settanta e sonorità più
sperimentali, fino al pop più radiofonico. Si tratta di un autore immortale
capace di affermarsi inoltre nella storia della colonna sonora cinematografica:
la musica di Bowie è perfetto scenario per vicende ambientate in terre lontane
– si pensi a Starman e Life on Mars? nel film The Martian (Ridley Scott, 2015) – o in mondi fantastici e favolistici – e si
ricordi Changes in Shrek 2 (2004) – ma anche in vicende
significative dal punto di vista storico-politico come quella rievocata da Jojo Rabbit (Taika Waititi, 2019), accompagnata dalle note di Heroes.
Un momento dello spettacolo ©Francesco Riccardi
Su quelle stesse note, al Teatro
Cantiere Florida, danzano Daniela
Maccari e Ivan Ristallo, storici
danzatori della compagnia di Kemp, in uno spettacolo che è duplice omaggio alla
memoria del maestro e a quella di Bowie. Sul palco del teatro fiorentino il
gruppo Andy & The Bowieness: Andrea
Fumagalli, co-fondatore dei Bluvertigo nei panni del “Duca”, accompagnato
da una band preparatissima e capace di fronteggiare uno spazio straordinario ma
angusto per un concerto rock. Una rievocazione rispettosa che trasporta gli
spettatori in unatmosfera che sembra ormai irrecuperabile; tra danza, musica e
proiezioni video, si ripropongono i più grandi successi della leggenda inglese
come Space Oddity e Ashes to Ashes ma anche le
collaborazioni con altri pilastri della musica internazionale: Iggy Pop (China Girl) e Freddy Mercury
(Under Pressure). La danza della
Lindsay Kemp Company, se da una parte contrasta fortemente con la musica di
Bowie, dallaltra esprime ritmi ed emozioni forse non percepibili a un primo
ascolto, conferendo la profondità meritata a un artista che, in tempi ancora
non troppo sospetti, si chiedeva se cera vita su Marte.
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