drammaturgia.it
Home | Cinema | Teatro | Opera e concerti | Danza | Mostre | Varia | Televisioni | Libri | Riviste
Punto sul vivo | Segnal@zioni | Saggi | Profili-interviste | Link | Contatti
cerca in vai

La «gioia, l’onore e il desiderio di essere una leader ispirata e ispiratrice»

di Gabriella Gori
  Alessandra Ferri
Data di pubblicazione su web 17/01/2024  

Pubblichiamo di seguito l’intervista di Gabriella Gori ad Alessandra Ferri, nominata direttrice artistica del Wiener Staatsballet, la compagnia di Balletto dell’Opera di Vienna, dal 1° settembre 2025.


Per chi ci crede il destino di Alessandra Ferri è scritto nelle stelle, per chi non ci crede è Tyche, la sorte, ad aver favorito la vita di questa étoile costellandola di incommensurabili successi, onori e riconoscimenti fino alla recentissima e prestigiosa nomina a direttrice artistica del Wiener StaatsBallet dal primo settembre 2025. Un incarico quinquennale, annunciato a Vienna il 24 ottobre 2023, che le è stato conferito per «la profonda comprensione di ciò che ha bisogno dal punto di vista programmatico una grande casa di repertorio, come la Staatsoper – spiega Bogdan Roščić, direttore della Vienna State Opera – e tuttavia sempre aperta alle forme di espressione contemporanea e alle migliori creazioni del presente». Una motivazione più che lusinghiera a cui fanno eco le parole di Lotte de Beer, direttore della Volksoper, che della Ferri ammira «la vasta esperienza, le naturali qualità carismatiche e la straordinaria carriera che la colloca tra le più grandi ballerine del nostro tempo e la rendono la personalità ideale per guidare il Balletto di Vienna».

Una scelta scrupolosa quella dei direttori viennesi che vede Alessandra Ferri succedere a Martin Schläpfer e accettare «con immensa gioia» e «onore» questo mandato con il preciso desiderio – precisa – «di essere una leader ispirata e in grado di ispirare: ispiratrice attraverso il mio percorso e ispirata dal percorso dei bellissimi e talentuosi ballerini viennesi».

Dunque una vera e propria svolta nella carriera della Ferri che a sessantuno anni (è nata a Milano il 6 maggio 1963) si troverà a dirigere un organico di centodue elementi, a guidare un secondo ensemble di ventiquattro stabili impegnati nelle opere alla Volksoper, a occuparsi della Junior Company e ad avere la direzione artistica dell’Accademia di Balletto della Wiener Staatsoper. Un quadruplice ruolo di grandissima responsabilità in cui potrà riversare tutta la sua esperienza di étoile e tragedienne e che vale la pena ricordare, anche solo per sommi capi.

Formatasi alla Scala, Alessandra Ferri appare fin da subito dotata di un precoce talento e a quindici anni si trasferisce alla Royal Ballet School, a diciassette entra nel Royal Ballet e a diciannove è nominata Principal Dancer iniziando a lavorare con coreografi del calibro di MacMillan e Ashton. Nel 1985 Mikhail Baryshnikov la invita a unirsi all’American Ballet Theatre come Principal Dancer e con Micha si esibisce in tutti i ruoli del repertorio classico ed entra in contatto con grandi autori del XX secolo come Jerome Robbins, Twyla Tharp, Agnese De Mille, Antony Tudor, Jiří Kylián.

Non doma Alessandra Ferri nel 1989 inizia una stretta collaborazione con Roland Petit nel Balletto di Marsiglia e in compagnie internazionali e diventa étoile ospite alla Scala che la nomina nel 1992 Prima Ballerina Assoluta. Un successo planetario interrotto volutamente nel 2007 quando decide di ritirarsi congedandosi dall’American Ballet Theatre con Giulietta nel Romeo e Giulietta di MacMillan e dal Teatro alla Scala con Margherita nella Dame aux Camélias di Neumeier

L’amore per la danza però non l’abbandona e dal 2008 al 2014 si cimenta come direttrice artistica della sezione danza del Festival dei Due Mondi di Spoleto presentando creazioni di Ratmansky, McGregor, Wheeldon, Bausch, Robbins, Neumeier, Kylián e nel contempo, dopo essersi separata nel 2012 dal fotografo Fabrizio Ferri da cui ha avuto Matilde e Emma, si ripresenta a Spoleto nel 2013 danzando in The Piano Upstairs, un lavoro da lei ideato. Sempre nel 2013 al Signature Theatre di New York interpreta Chéri di Martha Clarke, insieme a Herman Cornejo; nel 2015 è protagonista di Woolf Works di McGregor con il Royal Ballet; nel 2016 è Eleonora Duse in Duse di Neumeier con il Balletto di Amburgo; nel 2021 riporta in scena L’Heure Exquise di Béjart, una pièce creata nel 1998 per Carla Fracci

Non si contano le blasonate compagnie che l’hanno ospitata come l’Opéra di Parigi, il Mariinskij, lo Stuttgart Ballet, il Tokyo Ballet, l’English National Ballet, il Béjart Ballet Lausanne, e neppure i formidabili partners con cui ha ballato: Nureyev, Dowell, Dupond, Legris, Bocca, Acosta, Bolle, Murru, e i premi ricevuti fra i quali due Sir Lawrence Oliver Awards, il Prix de Lausanne, il Benois de la Danse, il Dance Magazine Award e il Dance Critics Award. 

Un nutrito e invidiabile palmarès arricchito negli ultimi anni dalla decisione di occuparsi del repertorio, che lei conosce bene, in qualità di coach di Principal Dancers del Royal Ballet, del Teatro alla Scala, dell’American Ballet Theatre e dell’English National Ballet. Un magistero coreutico esemplare, coronato dalla luminosa direzione della compagnia di Balletto dell’Opera di Vienna, che la rende una delle figure più straordinarie della scena coreutica e teatrale odierna.

Signora Ferri, cosa l’ha spinta ad accettare questa nomina?

Quello che mi ha spinta è stata un’evoluzione naturale della mia vita artistica. Sapevo che ci sarei arrivata, non in quale momento e nemmeno dove ma sentivo che sarebbe arrivata una proposta del genere. Certo quando sono stata contattata da Bogdan Roščič e da Lotte de Beer sono rimasta sorpresa perché a Vienna mi sono esibita molti anni fa in Other Dances di Robbins e con il Corpo di Ballo viennese non ho mai avuto familiarità. Ho lavorato per anni con altri organici dal Royal Ballet, all’American Ballet Theatre, al Balletto di Marsiglia, al Balletto della Scala, al Balletto di Amburgo e li conosco bene ma non mi sarei immaginata di diventare direttore artistico a Vienna. Riflettendoci però ho compreso che è proprio il non avere un vissuto con il Balletto austriaco a consentirmi di guardare i danzatori, la compagnia e la loro storia, libera da legami e condizionamenti pregressi. Questo mi dà grande forza, libertà d’azione, coraggio ed entusiasmo nell’affrontare questa avventura con l’apertura mentale giusta. È un capitolo completamente nuovo e le svolte inaspettate mi esaltano e mi piace lasciarmi sorprendere dalla vita che fluisce inarrestabile. Con Vienna mi si è acceso qualcosa dentro e mi sono sentita elettrizzata, piena di gioia e non spaventata. E quindi va bene così.

Cosa significa per lei gestire un corpo di ballo come quello viennese?

Conosco bene queste consolidate realtà in quanto nasco alla Scala in un teatro con una grandissima storia centenaria di opera, sinfonica e balletto. Queste compagnie di balletto di grande tradizione e di grande repertorio, come anche il Royal Ballet dove sono cresciuta, mi hanno formata e so quali sono le esigenze e le regole da seguire. Ho però anche conoscenza di gestioni artistiche più libere come all’American Ballet Theatre dove la conduzione è più complicata da un punto di vista economico e finanziario in quanto sono soggetti privati e devono reperire i fondi. Assai formativa è stata anche la collaborazione con compagnie d’autore come il Balletto di Marsiglia di Petit e quella con il Balletto di Amburgo di Neumeier. A conti fatti ho avuto esperienze molto diverse sia all’interno di enti lirici o fondazioni che al di fuori di essi e questo, spero, mi consenta di gestire al meglio un complesso coreutico.

Come personalizzerà la sua direzione?

La personalizzerò integrando tutte le mie esperienze e riversandole nelle mie scelte direttive e artistiche. Ho avuto ampie e durature relazioni in tutto il mondo e il mio obiettivo è poter trasmettere questo mio sapere e condividerlo con una compagnia e con le nuove generazioni. Il Wiener Staatsballet è una formazione di balletto classica e di repertorio che, però, deve avere uno sguardo sul presente e al futuro. Per questo non mancherà il linguaggio contemporaneo ma le coreografie saranno per un organico accademico perché voglio preservare questa identità e potenziarla.

Ha dei modelli e/o maestri a cui ispirarsi?

Sono cresciuta con un grandissimo direttore, Mikhail Baryshnikov, fin da quando sono arrivata a ventuno anni all’American Ballet Theatre, che lui dirigeva. Ho imparato molto da lui come ballerino e capo ed è stato per me uno stimolo all’epoca e lo sarà anche ora. Baryshnikov ha significato moltissimo per me ma anche Marcia Haydée che ha guidato il Balletto di Stoccarda con grande generosità. Ritengo che la generosità sia un punto di forza di un direttore e nella mia professione ho incontrato anche altri grandi maestri come McMillan, Petit, Robbins, Tharp, De Mille, Tudor, Neumeier, McGregor. L’essere stata musa di questi geni ha reso unica la mia vita di ballerina grazie alla profondità e intensità del lavoro che ho avuto il privilegio di fare con loro. Molti non ci sono più ed è un obbligo, per chi come me li ha conosciuti, mantenere vivo il loro ricordo e la loro lezione specie quando si approccia il repertorio e a maggior ragione se alcuni di loro sono ancora fra noi come John Neumeier. Quando si ha il privilegio di lavorare con questi registi di danza e balletto, perché non sono solo coreografi, lo spessore dell’interpretazioni che ti danno e ti richiedono va trasmessa e condivisa.

Coreografi ancora viventi, penso a Neumeier e a McGregor, hanno creato per lei. In nome di queste strette e proficue relazioni chiederà “qualcosa” per il Balletto di Vienna?

Certo, l’idea è quella e di averli in repertorio e non solo. Voglio tenere alta la proposta coreografica del Balletto di Vienna e loro saranno dei punti di riferimento.

In merito alla prima stagione ha già in mente il taglio che darà?

L’idea è già maturata e anche se è prematuro anticiparla posso dire che mi muoverò sul fronte principale, quello del Corpo di ballo, e su quello del secondo ensemble con il quale si possono fare cose interessanti. Vorrei far crescere entrambe questa realtà.

E la Junior Company come intende dirigerla?

Anche alla Junior occorre dare un’identità e uno scopo più chiari. È formata da ballerini dai diciotto ai ventuno anni che escono dalla Scuola ma non sono entrati in compagnia e vorrei trasformare la Junior in un laboratorio per giovani danzatori e coreografi. Tutto è da sperimentare e inventare con l’obiettivo di rafforzare la presenza e la visibilità di questo gruppo.

E in merito alla Accademia di Balletto della Wiener Staatsoper quale sarà il suo ruolo?

Avrò la direzione artistica mentre un direttore si occuperà a tempio pieno della Scuola di Ballo. Vorrei che questo vivaio di talenti funzionasse all’unisono con il Corpo di ballo, l’ensemble e la Junior. L’impostazione didattica e la formazione degli allievi dovrà essere accademica.

Che rapporti avrà con ImpulsTanz, il festival di danza contemporanea viennese?

Stiamo valutando come collaborare con questo festival che ha una storia rilevante per Vienna e per la danza contemporanea internazionale. Sarebbe importante riuscire a creare un’unità di intenti e più forte è questa unità e più significativo diventa il discorso culturale legato alla danza e aperto al confronto.

Eleonora Abbagnato dirige il Corpo di Ballo dell’Opera di Roma: condivide il lavoro di Eleonora?

A dire la verità non ho avuto occasione di vedere il Corpo di ballo romano sotto la direzione di Eleonora Abbagnato. Quello che però posso dire è che conosco Eleonora e so che è molto appassionata e dà tutta se stessa in quello in cui crede. Per questo ritengo che stia facendo un buon lavoro e all’Opera di Roma sono fortunati ad averla come direttrice artistica del Balletto.

Il Ministro della Cultura Sangiuliano ha annunciato la riapertura di due corpi di ballo: dobbiamo crederci?

Direi di sì ma occorre tener presente che non è sufficiente riaprire un corpo di ballo per farlo funzionare, occorre trovare il direttore giusto, dare finanziamenti e consentire a questi organici di vivere con stagioni di balletto e spettacoli di livello sia nei teatri che li ospitano che in altri spazi.

In questo interregno, prima di arrivare al 1° settembre 2025 e a latere della preparazione per l’impegno direttivo, cosa sta facendo?

Sto lavorando moltissimo e vado avanti e indietro da Vienna perché la stagione per il 2025 deve essere preparata ora e anche per conoscere la compagnia e il teatro. È una grandissima macchina e non posso arrivare impreparata. A maggio 2024 sarò a New York per il debutto di Woolf Work di McGregor con l’American Ballet Theatre al Metropolitan e nel frattempo sono anche impegnata come coach con l’English National Ballet per il debutto di Giselle al London Coliseum a gennaio e con il Royal Ballet per la messinscena di Manon a febbraio. È molto importante spiegare ai ballerini come nasce un balletto, come sia influenzato dal contesto storico e come questa influenza si rifletta nella resa tecnica e nella capacità di comunicare al pubblico emozioni e sentimenti. Per chi va in scena è fondamentale poter attingere a questo bagaglio ma è altrettanto fondamentale, anzi un dovere artistico e morale, per chi ha una lunga esperienza e una profonda conoscenza della materia mettere a disposizione le proprie competenze.

Si sente una donna realizzata?

Mi sento realizzata e non mi posso lamentare. Ho avuto sempre coraggio e ho colto le opportunità che la vita mi offriva. Il coraggio però non basta e deve essere accompagnato da un grandissimo lavoro e da una ferrea disciplina. In fondo se sai di essere preparata hai anche la forza di spiccare il volo. Sono tante le componenti che ti portano a ritenere di essere una donna realizzata e anche se non nego di aver vissuto momenti difficili forse, inconsciamente e inconsapevolmente, era preparata ad affrontarli e a superarli.


 



 
Firenze University Press
tel. (+39) 055 2757700 - fax (+39) 055 2757712
Via Cittadella 7 - 50144 Firenze

web:  http://www.fupress.com
email:info@fupress.com
© Firenze University Press 2013