Sulle note registrate di un
violoncello gli spettatori entrano nello spazio del CANGO trasformato in una
dimensione “altra” ma familiare. Kenji
Tekagi fa il proprio ingresso in una scena quasi totalmente tendente al
bianco; attraverso la danza rende tangibile la musica e, in particolare, un
ritmo che apparentemente sembra non esistere. La seconda a entrare in scena è
la tedesca Emily Wittbrodt,
violoncellista e performer a tutto
tondo che propone, col suo strumento, variazioni sulla stessa melodia registrata;
infine Cristiana Morganti, ex
danzatrice solista del Tanztheater Wuppertal, in abiti da sposa e con i capelli
indomabili ed elettrici che arricchiscono il quadro visivo, “bucando”
unimmaginaria cinepresa così come farebbero certi attori in un film di Pedro Almodóvar.
In another place non è solo danza ma, in linea con i
dettami di Pina Bausch, si inserisce
magistralmente, e senza mancare di originalità, nei canoni del teatrodanza. La
recitazione punta sul potere di una sana ironia che gioca con la filosofia
attorno al fare teatro, sulle relative teorizzazioni, insomma: sul lavoro del
teatrante e, in ultima analisi, anche su quello del critico. In una pièce di sapore così meta-teatrale gli
interpreti fingono di trovare un inizio degno per uno spettacolo riuscito.
Linterpretazione è costruita attorno a una babele linguistica suggestiva e
coinvolgente: dallitaliano allinglese fino al tedesco.
Un momento dello spettacolo
Il sarcasmo è inoltre tutto
incentrato sul corpo della donna e pone Morganti al centro della messinscena:
la performer elenca con mestizia una
serie di cibi dietetici e di rimedi di bellezza mentre si appoggia sul corpo
labito da sposa che ha indossato allinizio della performance. Infine si
addormenta e Tekagi – capacissimo e generoso danzatore – la sovrasta simulando
di manovrare i fili di una marionetta. Da sposa ad attrice, da donna ad automa
che si lascia guidare in una danza non più tecnica e misurata ma scomposta e
ammaliante.
Danza, recitazione, musica e
scenografia si nutrono a vicenda tra giochi di ombre, comicità e gravità fisica
ed emotiva, tra scambi di ruolo, di posizioni, di ritmi e di melodie, dalle più
soavi alle più dissonanti. Lo strumento musicale non è solo al servizio della
danza ma duetta con essa, si fa talvolta oggetto di scena e talvolta vero e
proprio personaggio. Wittbrodt, musicista, cantante, performer e rumorista esaspera il proprio talento improvvisando
passi di danza dichiaratamente amatoriali; cambia continuamente posizione,
modalità di esecuzione e melodia, dai Beatles a Shostakovich fino a Bach.
Intanto la danzatrice gioca con la
compositrice, disturbandola ma facendo del suono del violoncello linfa vitale e
performativa. Anche il corpo è uno strumento musicale: Morganti respira al
ritmo del violoncello; il suo movimento e la persona tutta si sostanziano della
melodia, includendo le corde vocali tramite limprovvisazione di note di bel
canto. Dunque un altro Kontakthof che
non rischia di scimmiottare i maestri ma anzi li omaggia e ne arricchisce la
poetica con personalità.
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