A
ottantatré anni appena compiuti e a distanza di dieci anni da quello che sarebbe
dovuto essere il suo ultimo lungometraggio, Si alza il vento (Kaze
tachinu, 2013), il maestro dellanimazione giapponese Hayao Miyazaki
torna ora nelle sale italiane con Il ragazzo e lairone (Kimi-tachi
wa dō ikiru ka, 2023), sebbene la produzione del film sia stata ultimata
già nellottobre del 2022. Lopera prende in prestito dallomonimo romanzo di Genzaburō
Yoshino (1937) il titolo e una serie di tematiche, perlopiù filosofiche,
senza tuttavia presentarsi come una trasposizione e lasciando al regista la
solita libertà di porre la sua leggendaria fantasia al servizio di una poetica
ormai consolidata: si pensi al meraviglioso Laputa - Castello nel cielo
(Tenkū no shiro Rapyuta, 1986) o al pluripremiato La città incantata
(Sen to Chihiro no kamikakushi, 2001).
Una scena del film
In
un Giappone sferzato dai bombardamenti della Guerra del Pacifico, il dodicenne Mahito
perde la madre in un terribile incendio. Due anni dopo il padre si risposa con
la sorella minore della donna, Natsuko, e i tre – in attesa che venga alla luce
anche il figlio della nuova coppia – abbandonano Tokyo per trasferirsi in una
casa di campagna. Dopo alcune ruggini con i nuovi compagni di scuola, il giovane entra
in contatto con un inquietante airone cenerino che si aggira nei pressi della
sua abitazione. Questi si rivela una creatura magica destinata a vestire i
panni di un Virgilio zoomorfo col compito di traghettarlo in un mondo “altro”,
dove terreno e ultraterreno presentano confini labili. Per ritrovare la zia
smarritasi nel bosco, il protagonista (novello Orfeo) si addentra in una torre
diroccata e abbandonata e comincia una missione di ricerca trascendentale tra
laghi, cancelli, corridoi, livelli e portali che lo condurranno a fare i conti
col passato e lo metteranno davanti alla necessità di trovare un nuovo
equilibrio.
In
questa serie di peripezie Mahito incontra numerosi personaggi: la pescatrice/Caronte
Kiriko, versione giovanile di unomonima e bizzarra governante; un esercito di
parrocchetti antropofagi (chiaro rimando alle milizie dei regimi totalitari); i
Warawara, anime di non-ancora-nati; pellicani carnefici e vittime di un mondo
al collasso; ma soprattutto Himi, incarnazione della madre defunta, col potere,
non a caso, di sprigionare fiamme (richiamo lampante allincendio in cui la
donna perse la vita). Ad aver edificato questo imprevedibile cosmo parallelo è
il prozio del ragazzo, che volutamente rimuove da tale spazio malattie,
sofferenze e conflitti. Il suo obiettivo principale è far sì che il pronipote prenda agguanti le redini di questuniverso. Ma le cose prenderanno pieghe a dir poco
inaspettate.
Una scena del film
Da
architetto sapiente e consapevole dei propri mezzi qual è, Miyazaki innalza
questa Torre/Mondo metafisica che riporta alla memoria la struttura “mobile” de
Il castello errante di Howl (Hauru no ugoku shiro, 2004). Al suo
interno, Mahito percorre un multiforme iter dantesco – con tanto di porta
infernale con linscrizione «Fecemi la divina podestate» – compiendo un
percorso difficoltoso nel proverbiale immaginario eteroclito dellautore
giapponese, il quale cita i propri precedenti lavori nonché le sue influenze
letterarie, cinematografiche e pittoriche (da Magritte a Böcklin).
Il film lascia infatti allo spettatore la possibilità di lasciarsi andare al
piacere semiologico, nella decifrazione di rimandi e di simboli, gesti e frasi
apparentemente incomprensibili.
Una scena del film
Come
già detto, il mondo dal quale arriva Mahita è imperfetto, devastato dalla
guerra e dalla cattiveria delluomo. Proprio la guerra è uno dei temi
ricorrenti nella filmografia di Miyazaki, da Nausicaä della Valle del vento (Kaze
no tani no Naushika, 1984) a Porco Rosso (Kurenai no buta,
1992) passando per Princess Mononoke (Mononoke-hime, 1997).
Tra gli altri topoi riscontrabili ne Il ragazzo e lairone ci sono anche
quelli dellinfanzia, del volo, del rapporto vita-morte e uomo-natura. Se questo
paese delle meraviglie carrolliano pullulante di creature dolci ma anche
terrificanti corrisponda allinconscio o allaldilà non è dato sapere con
certezza: questa rappresentazione allegorica ha il preciso compito di imbastire
un dialogo con il “nostro” mondo, imperfetto e terribile, ma disposto a
migliorare. La traduzione italiana del titolo, ripresa da quella internazionale
The Boy and the Heron, riduce il tutto al mero rapporto, peraltro
piuttosto superficiale, tra il protagonista e lairone. La traduzione letterale
è sicuramente più suggestiva, E voi come vivrete?, richiamando il romanzo dorigine. Il ragazzo, colpito da una
perdita inizialmente insanabile, avverte la necessità di riempire il vuoto, di trovare
un compromesso con un mondo costellato da morte, guerre e intolleranza.
Una scena del film
Unopera
struggente – a tratti vicina a un flusso di coscienza – che ragiona sulla
creazione e sulla crescita, ricalcando gli stilemi del romanzo coming of age
nel quale il protagonista si avvicina alletà adulta solitamente attraverso una
serie di avventure vissute in una realtà parallela. A valorizzare la portata
immaginifica del film anche le linee temporali che, specialmente nella seconda
parte, compiono traiettorie indecifrabili e fuorvianti, a dimostrazione della
natura da demiurgo del regista che gioca con il tempo, scolpendolo a proprio
piacimento. Insomma, un titolo denso, di non facile accessibilità, criptico e
permeato da un forte simbolismo, le cui immagini drammatiche riportano alla
memoria Una tomba per le lucciole (Hotaru no haka, 1988) di Isao
Takahata, uno dei titoli nipponici più accostabili al nostrano gusto
neorealista. Un grande merito dellultima fatica di Miyazaki, al di là di
tangibili momenti in cui sembra regnare il caos, è senzaltro quello di rendere
attivo lo spettatore, invitandolo a mettere assieme i pezzi di un puzzle
caleidoscopico di rimandi, suggestioni e simboli.
La
grande speranza è che anche questa volta la dichiarazione di abbandono delle scene
sia solo un falso allarme.
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