Fa un certo effetto vedere uno
spettacolo di danza ispirato alla Divina Commedia
e per di più messo in scena dallucraino Sergei Polunin, létoile
di fama mondiale che realizza su commissione del Ravenna Festival Dante Metànoia e lo presenta in prima assoluta
nella “Trilogia dautunno 2021”. Si tratta di un progetto curato da Cristina
Mazzavillani Muti che si apre alla “Danza, la Musica e la Parola” per continuare
a celebrare i settecento anni dalla morte del Sommo Poeta nella città che lo
ospitò e in cui riposano le sue sacre ceneri.
Un vero e proprio evento anche per larduo
cimento di Polunin che, grazie alla collaborazione e allunità di intenti con musicisti,
coreografi e video designer, tiene ben presente lo spirito delle tre
cantiche costruendo il suo viaggio nellaldilà a partire dagli abissi infernali
per risalire al Purgatorio e approdare nellEmpireo a uno stato di grazia
esistenziale.
La Divina
Commedia e tutto quello che rappresenta diventano per Polunin loccasione di
visualizzare il cammino della sua anima esemplato su quello dantesco e volto al
conseguimento di una personale rinascita spirituale e umana. Lo spettacolo per il
coreografo ucraino e il poema per Dante trascendono la mera contingenza danzata
e poetata per trasformarsi, in entrambi i casi, nei loro specifici linguaggi
espressivi, nel metaforico raggiungimento della salvezza. Quella salvezza
cercata da un uomo del terzo millennio con la stessa intensità e volontà di un
uomo del Medioevo, entrambi coinvolti in un itinerario verso la luce.
un momento dello spettacolo
E se importante e decisiva è per il “ghibellin
fuggiasco” la parola, da lui stesso coniata, «transumanar», allo stesso modo
per lo “stürmer” della danza e del balletto lo diventa il termine greco metànoia, letteralmente “conversione totale”,
ma in senso traslato “rigenerazione”, scelto per il significato che riveste
nella sua vita e per il legame con la transumanazione dantesca. È nel «transumanar»
che Dante appaga quell«ardore del desiderio» di vedere Dio. È nella metànoia che Polunin supera la crisi
interiore ed esce dalla «selva oscura» per riconquistare lequilibrio interiore
dopo scelte artistiche, personali e ideologiche discutibili e controcorrente.
Dante Metànoia è a conti fatti la storia
di un giovane uomo che, prossimo a essere «nel mezzo del cammin di nostra vita»
– Polunin ha trentuno anni e Dante ne aveva trentacinque –, compie lo stesso
percorso salvifico individuale ma anche collettivo. Come lAlighieri
scrisse la Divina Commedia per sé
stesso e per tutti gli uomini con lintento di condurli, attraverso la miseria,
a uno stato di felicità, così Polunin con questo lavoro addita ai suoi simili
la via da percorrere per cambiare e migliorarsi, partendo dalle tre cantiche.
LInferno, il Purgatorio e il Paradiso
diventano lhumus coreografico e
multimediale di un concept-libretto, a firma di Zrnka Miskovic,
che ha in Polunin il collante e il filo conduttore. Il danzatore, unico
protagonista, ha alle spalle artisti che, nei rispettivi ambiti, concorrono
alla realizzazione collegiale di unopera ambiziosa, «poca favilla gran fiamma
seconda», a tratti farraginosa ma degna di nota per lobiettivo che si
prefigge: omaggiare lAlighieri e la Commedia
e guardare allillustre fiorentino come mentore, guida spirituale delluomo
nel suo presente e soprattutto nel suo futuro.
E lo spirito
dellInferno anima il primo quadro
vivente di Dante Metànoia, il
più complesso e il più coinvolgente per le forze oscure che agitano e travolgono
lanima e il corpo di Sergei nella lotta contro il male. La coreografia,
firmata da Ross Freddie Ray, è neoclassica, mentre le musiche acustiche
e sintetiche di Miroslav Bako, eseguite al pianoforte da Kemal Gekic,
accentuano il senso di dolore e sofferenza. In questa discesa agli inferi
cristiani Polunin non ha il conforto di Virgilio, ma lo accompagnano il
fantasma di Beatrice, il soprano Andjela Ninkovic vestita di bianco, e i
versi del proemio della prima cantica recitati da un Dante redivivo nella voce
di Vincenzo Spirito.
un momento dello spettacolo
Quello che
colpisce di questo inizio è il video design-mapping di Yan
Yanko, artefice di unanimazione che, grazie alle luci di Konstantin
Binkin, viene proiettata su tre schermi enormi, e nella quale si stagliano gli
ominosi diavoli, le mostruose bestie, le alte fiamme della città di Dite, la
stessa selva con i tentacolari rami, fino allimponente Lucifero che minaccia
di divorare Sergei. Questa
raffigurazione ricorda i celeberrimi disegni dellInferno di Gustave Doré, presentati però in chiave fantasy. Lutilizzo delle nuove
tecnologie consente alla Yanko di dare un taglio cinematografico allazione, sovrapponendo
reale e virtuale, e di trasformare Polunin nellanimatore di un videogioco dautore.
In questo quadro Sergei combatte, vince i suoi demoni ed esce dallinferno pronto
a «riveder le stelle».
Si passa nel
secondo regno, e questa volta con il video design-mapping di Marcella
Grimaux, Aaron Kaufman, Daniel Faubert - Noisy Head Studio, latmosfera
cambia e le luci, rispetto agli accesi colori e ai contrasti cromatici infernali,
si fanno tenui, calde e rassicuranti. Anche in questo caso lanimazione
proietta unenorme scala, la montagna del purgatorio, che ha in cima la porta
del paradiso, il varco che prelude alla salvezza e alla conquista della meta.
La musica di Gregory Revert, un brano per otto archi e quattro flauti,
asseconda la coreografia di Polunin. Tutto è immerso in un clima sospeso,
surreale, con Polunin che in un continuum
di enchaȋnements della più
rarefatta danse décole
compie la sua catarsi «puro e disposto a salire alle stelle».
Il set
design di Otto Bubeníček per il paradiso ha la maestà ieratica di un
luogo senza tempo e spazio in cui Polunin si muove tra candide colonne e nivee maschere
stilizzate, i volti delle anime celesti a cui affidarsi. La partitura del
pianista Kirill Richter si ispira a quellarmonia di suoni che fa capire
a Dante di essere transumanato. Lorchestrazione poggia su strumenti in vetro e
percussioni in metallo, quasi a voler ricreare la musica delle sfere celesti
rotanti verso lempireo, il cielo infinito di Dio. La coreografia di Jiří
Bubeníček mette in luce lindiscusso talento di Polunin anche nel contemporaneo,
e resta impresso il suo volteggiare sorretto dalla forza di quell«Amore che
move il sole e le altre stelle» e dagli applausi del pubblico presente in sala.
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