La spontanea immediatezza
della drammaturgia di Giorgio Gallione
sfrutta lopera poeticamente narrativa e critica di Italo Calvino, autore da sempre caro al regista e a suoi
collaboratori più fedeli. Lo spettacolo svolge le molteplici intuizioni –
linguistiche e immaginarie – dello scrittore, sulla pagina di un palcoscenico
quasi vuoto ma animato da tante presenze, evocative di emozioni e pensieri dellartista
e dei suoi personaggi. Movimento, musica e parola appaiono interagire, nelle
sequenze visive guidate dalle voci narranti di tre figure complementari:
Calvino stesso (Andrea Nicolini,
fantasioso pensatore e inventore di linguaggi); Qfwfq (Cristiano Dessì, sorta di doppio dello scrittore), altro testimone
delle infinite metamorfosi che suggeriscono Le
Cosmicomiche e Le Città invisibili,
echeggianti poi Avventure di uno
spettatore, Collezione di sabbia
e Piccola cosmogonia portatile (di Raymond Queneau); una cantante (Rosanna Naddeo), che interpreta i
sentimenti scaturiti dalle opere, soprattutto rivivendoli in canzoni depoca diventate
modelli vulgati della mitica immagine lunare.
Un momento dello spettacolo © Federico Pitto
Il tempo della
vicenda parte dal big bang, origine
di un universo da osservare e vivere nella sua misteriosa, incessante mutazione.
Dal principio sono in scena figure danzanti che mimano landamento tellurico e
gravitazionale della formazione e della evoluzione del mondo: sogno e metafora
concretizzati nel ritmo dei corpi nello spazio e al variare espressivo delle
luci. Una parata avventurosa, scintillante e un po clownesca, affidata al teatro-gioco
e alla più sofisticata sollecitazione audiovisiva. Coscienza filosofica e stato
esistenziale dellispiratore sono suggeriti da citazioni: «Esplodere o
implodere, questo è il problema. Se sia più nobile intento espandere nello
spazio la propria energia senza freno, o stritolarla in una densa
concentrazione interiore…», calco del dubbio amletico. Gli episodi più epici raccontano
epoche e condizioni di vita distanti anni-luce, ma comparabili a una riconoscibile
attualità: di tutti, lautore (mentre lattore tiene in mano un libro o
taccuino, segno di una vocazione terribile e risibile) valuta la relatività e i
limiti inevitabili imposti dalla Storia, personale e universale.
In tale commistione
eterogenea di moventi e di forme, pensieri e folgorazioni, la regia privilegia
la cadenza suadente delle immagini e della loro musicalità, in cerca della
leggerezza ammirata nelloriginale. Non sempre riesce lequilibrismo tra il pensiero
di Calvino – in certe profondità inafferrabile – e la sua raffigurazione
stilizzata, pure qui governata da un meccanismo spettacolare preciso e integrato.
«Forse la poesia è possibile solo in un momento della vita che per i più
coincide con lestrema giovinezza». E la paradossale necessità si fa azione,
analoga al «far passare il mare in un imbuto». Qualche attualizzazione può
sembrare forzata, quale ad esempio quella degli Anni ruggenti newyorkesi che
irrompono con concitazione accentuata, nel passaggio dallo stato nebuloso alla
terrestrità concreta. A contrappeso emergono momenti che risolvono la
difficoltà di fondere i diversi linguaggi concorrenti e strappano lapplauso,
come le canzoni della Naddeo o il musical
hollywoodiano rivisitato. Altri episodi sembrano “numeri”
inseriti in un cabaret popolato da comparse bizzarramente intruse, come quando il
giovane Italo è spettatore affascinato dalle dive del cinema. La meta (o simbolo)
lunare, sorto dalle Cosmicomiche, resta
rilevante nello spettacolo: rappresentando lalterità della Terra fruibile in
sogno, in scena assume le stesse sembianze inventate dal narratore. Ma la fedeltà
alle fonti non limita la creatività nuova, profusa nella rappresentazione, che lo
stesso Gallione diresse in una prima edizione
(2005) intitolata Cosmica luna.
Un momento dello spettacolo © Federico Pitto
La recitazione è
libera da ogni realismo e vuole spingere – come nota il regista – «su un doppio
pedale, mostrando sia la parte nobilmente comica che quella epica». Rosanna
Naddeo dona ancora la sua bella voce, duttile e profonda, al sentimento e allironia,
secondo i diversi registri musicali ricorrenti: sia in Tintarella di luna, sia inserendosi nella colonna sonora arrangiata
da Paolo Silvestri, maestro nellamalgamare
i brani storici con i raccordi originali. Andrea Nicolini recita un Calvino oltre
letà, aperto a ogni fantasia, sensibile allentusiasmo e alla malinconia.
Cristiano Dessì è Qfwfq, nato dai primordi del cosmo e forgiato dalle ere alle contingenze
umane. Il collettivo coreutico guidato da Giovanni
Di Cicco, grazie alla consuetudine complice con il regista, disegna nitide
e scherzose evoluzioni corporee corali e lascia spazio ad assoli virtuosistici, nei quali si distingue, contagiando i
compagni, Francesca Zaccaria. Per
uno spettacolo ambizioso e ricco, unaccoglienza molto calorosa del pubblico.
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