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Metamorfosi

di Giuseppe Gario
  Metamorfosi
Data di pubblicazione su web 17/09/2020  

«Finché il virus non verrà eliminato, una sola cosa certa si può dire sulla ripresa: sarà metamorfosi» (How to feel better. Some economies are bouncing back. But recoveries can easily go wrong, in «The Economist», “This Week”, 11 luglio 2020).

In Métamorphoses (Paris, Bibliothèque Rivages, 2020), Emanuele Coccia ci ricorda che le piante «fanno della materia e dello spazio che ci circondano un mondo: sono responsabili (con oceani e batteri) dell’ossigenazione dell’atmosfera e soprattutto della captazione e disponibilità per ogni essere vivente di luce solare, fonte principale d’energia sul pianeta». «Solo riconoscendo che gli esseri viventi d’ogni specie vivono un’unica vita si può fondare una politica planetaria e ecologica. Solo riconoscendo che la vita che ci anima e attraversa è la stessa che anima e attraversa un dente di leone, un uccello del paradiso, ma anche funghi, batteri o virus che tanti morti hanno provocato, possiamo mutare il nostro sguardo, la nostra attitudine e le nostre azioni rispetto al pianeta» (cit. in “Nous sommes tous une seule et même vie”, in «Le Monde», 7 agosto 2020, p. 26). Co-esistenza quotidiana, banale (dal francese banal, “appartenente al signore”, poi “comune a tutto il villaggio”; di qui il significato moderno; derivato di ban, “bando”: Treccani).

Metamorfosi di coloro che «sono nella società, ma non fanno più società». «La rivendicazione di libertà, qui intesa come distacco dalla collettività, ignora la civiltà richiesta dalle autorità sanitarie, e rivela disimpegno morale. Il legame sociale si frammenta in un mosaico di individui che perseguono il proprio interesse nell’indifferenza generale. “Insieme” è solo un termine di circostanza per dire che si condivide un’occasione di interessi privati» (D. Le Breton, “Ensemble” est devenu un terme de circonstance, in «Le Monde», 7 agosto 2020, p. 28). La discoteca, per dire, e il neoliberista “insieme” di libero mercato imposto dalla scuola economica di Chicago con il golpe di Pinochet in Cile. Il mercato non di Adam Smith, filosofo morale, ma ispirato a Friedrich von Hayek, sociologo-economista austriaco naturalizzato britannico, padre putativo della più grave crisi del mondo globale, ora anche sanitaria e pandemica Covid-19, per idiozia e ignoranza politica di leader mondiali incuranti dei diritti umani dichiarati solennemente dall’assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1948.

La metamorfosi prevista da «The Economist» è necessaria per capire e rispettare tutte le interazioni e interdipendenze che ci fanno vivere, nel nostro quotidiano pubblico e privato.

«Grazie al cielo! La riunione dei capi di governo dell’UE non ha partorito un topolino. Il piano di rilancio deciso è un passo avanti politico e istituzionale molto importante. Deve molto alla svolta di Angela Merkel». «Quest’accordo non è affatto la fine della storia, ma è vero che segna l’inizio di una nuova fase. Se costituisce di fatto una rottura con lo stretto inter-statalismo finora prevalso in UE e apre la via a una mutualizzazione parziale e limitata dei debiti, perciò a un certo grado di solidarietà, resta iscritto nel prolungamento dell’ordine neo-liberale che inaugurò l’Atto unico del 1986. Sta a noi fare sì che non finisca col confermarlo» (P. Khalfa et al., Union européenne: le prolongement sans fin de l’ordre néolibéral, in «Le Monde», 7 agosto 2020, p. 28).

Recovery Fund nasce dalla trincea italiana contro Covid-19 di forze valorose, sacrificate da decenni. «Se prendiamo come punto di riferimento la Francia, tanto per dare degli ordini di grandezza, la situazione è questa: da noi mancano quasi 1,9 milioni di occupati nei servizi pubblici, nell’istruzione, nella sanità e nell’assistenza sociale (settore pubblico, ma anche privato e non profit); 250.000 occupati nei servizi finanziari e assicurativi, 250 mila nei settori della informazione e della comunicazione, 225 mila nelle attività professionali, tecniche e scientifiche. Nel Paese dell’arte e della cultura, rispetto alla Francia abbiamo poi quasi 200 mila occupati in meno. Un’assurdità. Nell’immaginario collettivo, i posti di lavoro sono principalmente associati alle assunzioni da parte dell’industria. È una percezione falsa, la manifattura italiana offre molto più lavoro di quella francese, anche agli stessi giovani. L’atrofia riguarda il terziario. Senza un’azione mirata sui colli di bottiglia che riguardano questo settore (dove, per inciso, potrebbero trovare lavoro moltissime donne) il tasso di occupazione italiano continuerà a restare il più basso d’Europa. Teniamo presente che la crescita bassa o nulla (ora negativa) su cui tanto si discute non è solo una questione di produttività, ma anche di produttori. L’Italia “spreca” intorno al 15% della popolazione adulta, lasciandola a casa senza reddito, rendendo più vulnerabili le famiglie» (M. Ferrera, L’eccezione italiana, in «Corriere della sera», 7 agosto 20, p. 26). “Insieme” non è solo per dire.

Metamorfosi. Al volger del millennio un nostro grande gruppo bancario si trasformò facendo d’una debolezza una leva di sviluppo. È la necessaria muta politica nostra e UE per tenere la rotta dei nostri interessi e diritti-doveri nell’anarchico mercato globale. «Necessàrio agg. e s. m., dal lat. necessarius, der. di necesse, agg. neutro, comp. di ne e cedĕre, propr. “da cui non c’è modo di ritirarsi”» e «polìtico agg. dal lat. politĭcus, gr. πολιτικός, der. di πολίτης “cittadino”» (Treccani). Diritti-doveri universali e interessi che con l’UE, dopo decenni, possiamo affermare in un mondo in globale conflitto politico, sociale, etnico, razziale, economico, commerciale, ambientale. È la nostra metamorfosi di cittadini di fatto del mondo che nella pandemia Covid-19 abbiamo ignorato il nostro dovere-diritto di prevenirla e arginarla nel mondo, pur allertati da Organizzazione Mondiale della Sanità e Banca Mondiale dopo la prima comparsa anni fa, senza pandemia per la rapida morte dei contagiati, unica “immunità di gregge”. Il sogno tossico neoliberista – soldi anzitutto – con Covid-19 ridiventa l’incubo dei campi di sterminio d’ogni tempo, il rendimento crocevia tra vita e morte. Gli “uomini forti” del mondo con le forze dell’ordine creano disordine, uccidono per imporsi, ma Covid-19 li incrimina.

La metamorfosi necessaria è federale in UE e culturale nell’“eccezione” italiana in una “normalità” europea di Stati di diritto più solidi, mentre la nostra industria è un gatto che si arrampica sui mercati internazionali, prima di Covid-19 già in guerra commerciale dell’“uomo forte” Trump, negazionista di Covid-19, che lo incrimina. Nella ricca e globale Lombardia abbiamo pagato un prezzo molto alto per tanta immaturità politica in cui «i servizi pubblici e di “Welfare” appaiono particolarmente critici» con «in via di ipotesi, almeno due scenari di riferimento: la “società a somma zero” e il “dilemma dei prigionieri”. Entrambi indicano l’importanza, determinante per il nostro futuro, del sistema di valori e di obblighi reciproci in cui la nostra società si riconosce» (G. Gario, La transizione in Lombardia, Milano, Angeli, 1983, pp. 171e 173). Covid-19 ne svela l’enorme deficit. «“Così ci mandano al massacro!”. Noi, e i pazienti. Quando uno dei primari dell’ospedale Pesenti Fenaroli di Alzano Lombardo urla questa frase gettando i fogli sul tavolo, nessuno dei presenti alla riunione, convocata d’urgenza al Dipartimento della Sanità pubblica di Seriate, ha il coraggio di incrociare il suo sguardo. Sono tutti d’accordo» (M. Imarisio-S. Ravizza-F. Sarzanini, Come nasce un’epidemia, Milano, Il Corriere della Sera, 2020, p. 45).

In Italia è pluridecennale il «crescente degrado», «favorito prima dal terrorismo, poi dalla politica reaganiana degli anni Ottanta e dalla crisi della sinistra, del principio di legalità e dello Stato di diritto, mai affermatosi completamente nel nostro paese» (N. Tranfaglia, Mafia, politica e affari. 1943-91, Roma-Bari, Laterza, 1992, p. XXX) tantomeno nella cosiddetta seconda repubblica. «L’Italia non ha mai avuto un normale ricambio di governo e neanche il 1994 può essere considerato tale» perché «la nuova classe politica fu essenzialmente l’espressione diretta di una componente vitale del vecchio blocco che da ultimo la DC aveva fatalmente negletto, la piccola e media impresa». «Il ruolo integratore del clientelismo fu invece usurpato da televisione e consumismo, espressioni universali della società italiana contemporanea», nella «protratta lotta di potere che in quasi tutto il suo corso fu gestita da potenti interessi occulti che avevano molto da perdere da ogni ridefinizione di regole e pratiche» (Introduction: the new Italian Republic, a cura di S. Gundle e S. Parker, in The New Italian Republic. From the Fall of the Berlin Wall to Berlusconi, London, Routledge, 1996, pp. 14 e 15).

Il neoliberismo ha galvanizzato i nostri potenti interessi occulti fino a spingerci «alla ricerca di un orientamento nel labirinto tributario», come titola la recensione di Sabino Cassese di due nuovi studi («Il Sole 24 ore», “Domenica”, 9 agosto 2020, p. VII). «Il primo, di Chiara Bergonzini e Giovanni Luchena (Le tasse non sono per tutti, Milano, Angeli, 2020), ha per oggetto l’erosione fiscale: esenzioni, detrazioni, crediti di imposta, differimenti di imposta». «Sono intorno a 700 e hanno un costo valutato in circa 130 miliardi annui. In questo labirinto gli autori conducono il lettore spiegando che si tratta di misure di finanza funzionale (ad esempio, sviluppare una regione), ma spesso sono il frutto di negoziazioni tra governo e gruppi di pressione. Consistono in deroghe che confliggono con il divieto europeo di aiuti di Stato e con le regole della concorrenza. Il meccanismo del “pagamento delle imposte a trattativa privata” viene ora sfruttato da multinazionali che si valgono del tax ruling negoziato per arbitraggi fiscali che stanno dando luogo a reazioni sempre più forti di organismi sovranazionali. Il libro di Alberto Brambilla (Le scomode verità su tasse, pensioni, sanità e lavoro, Milano, Solferino, 2020) spazia su una tematica più ampia: protezione sociale, sanità, assistenza, fisco. Rovescia l’immagine dell’Italia che hanno gli italiani: stiamo molto meglio di gran parte del mondo; le diseguaglianze e la povertà ci sono, ma sono limitate e vengono sopravvalutate da una classe politica che si serve della denuncia per aumentare i consensi. Segnala che gli squilibri vengono dalla assistenza, a carico della fiscalità generale, non dalle pensioni che sono (in parte) “supportate” dai contributi sociali». «Indica le vere carenze nel lavoro e nell’istruzione: la percentuale di occupati è bassa e la povertà educativa è la principale causa dei mali del Paese. Il debito ha un costo per anno più alto della spesa per scuola, università e ricerca. Anche nel libro di Brambilla emerge il tema della erosione, insieme con quello della evasione fiscale. Quasi la metà della popolazione non paga imposte dirette. Un quarto dei contribuenti paga quasi l’80 per cento dell’Irpef. Le cause di tutto questo sono elezioni continue, parcellizzazione delle amministrazioni, eccesso di leggi».

È l’altra faccia dell’“eccezione italiana”. Abbiamo non due pesi e due misure, ma ben due bilance (e, dicono, due Covid-19, uno clinicamente morto, l’altro vivo in discoteca). «I rimedi sono maggiore partecipazione politica e “acculturazione dei cittadini”» (ibid.).

In questa nostra metamorfosi, «generatività (che è intessuta di cooperazione, fiducia, solidarietà), relazioni e innovazione sono dunque i tre ingredienti chiave a cui dobbiamo guardare per valutare la qualità dei progetti di ripresa. Processi politici partecipativi, cittadinanza attiva e una nuova generazione di imprese ibride, capaci di coniugare creazione di valore economico, dignità del lavoro e sostenibilità ambientale sono ingredienti fondamentali per la ripartenza che vogliamo. Non si tratta di principi ideali astratti perché i progetti che ci portano concretamente verso questo orizzonte sono già in larghissima parte elaborati» (L. Becchetti, Antidolorifico, in «Avvenire», 9 agosto 2020, p. 2).

Covid-19 svela anche il doppio gioco di sovranismo e rigorismo, apparenti antagonisti ma di fatto entrambi militi del neoliberismo globale contro il «piano UE: il Nord, “frugale”, promuove solidarietà verso il Sud consumatore e poco efficace. Errore madornale, perché si trascura il vero problema. La realtà è che le modalità funzionali dell’UE, impedendo l’armonizzazione verso l’alto delle regole sociali e fiscali, vieta una convergenza vera delle economie; anche l’euro è costruito dall’origine in modo incompleto. Una moneta unica non si può costruire senza una legislazione pienamente armonizzata. Senza, è la legge della giungla, nel nostro caso il dumping fiscale e sociale» (Khalfa et al., Union européenne, cit., p. 28). Dumping neoliberista.

La metamorfosi UE è necessaria per superare il dumping fiscale dell’Olanda (sede legale di Mediaset) che cerca il consenso interno gettando economicamente a mare chi “non è dei nostri” (il sud europeo: noi, spagnoli, greci), a pro di multinazionali che l’UE da tempo vuol tassare sul fatturato europeo; e per superare il dumping sociale dei sovranisti, nostri e altrui, che cercano il consenso gettando a mare e basta chi “non è dei nostri” (il sud mediterraneo). Metamorfosi necessaria nel mondo, dove da una parte si combatte la pandemia con sanità, ricerca, istruzione (le nostre “anomalie” storiche) perché siamo tutti a rischio; e dall’altra il rischio pandemico è un’opportunità per fare soldi e, se non lo si può negare, vendere rimedi miracolosi anche politici e sempre più droga, anche social, apparentemente gratuita perché al mercato neoliberista il prezzo è la vita.

Il futuro inscritto nell’attuale metamorfosi è evidente. Non ancora banale. Tutto sta nel realizzarlo, con l’apertura e serietà proprie dei bambini, sostituendolo alla banalità del male attuale. Fondamentale il consiglio di Ken Fisher, presidente di Fisher Investments Worldwide: «Per investire con successo, prestate attenzione ai “seguaci” dei dati stessi, non solamente ai numeri. Indagate i fatti reali che loro invece scartano». «Non seguite il loro esempio, prestate attenzione ai fattori che loro scartano» (Per investire i dati non bastano, in «Il Sole 24 ore», 13 settembre 2020, p. 10).






 
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