Una scena del film
© Biennale Cinema 2020
La pellicola, con unintricatissima trama tra la fiaba e il thriller, inizia proprio in una sala cinematografica: con una geniale panoramica veniamo fiondati dentro il film che stanno proiettando, nel quale entreremo più volte (con tanto di cambio dell aspect ratio). Lintroduzione dello spettatore in questa storia parallela, che ha come nucleo il ritrovamento di un missile inesploso e le vicende di un uomo (Babak Karimi) che per sbaglio ha ucciso la propria figlia, fa capire sin da subito che assisteremo a unopera meta-cinematografica. Su sfondo nero appaiono, come strali, estratti dal fascicolo dellinchiesta sullincendio doloso divampato nel tristemente celebre Cinema Rex, avvenuta durante la proiezione del più volte chiamato in causa Gavaznha (The Deer, 1974) di Masoud Kimiai. Con una monodia incessante di sottofondo ci viene presentato il più giovane dei quattro inetti terroristi, piromane e tossicodipendente, che compie una discesa verso unideale Antenora incontrando personaggi doppi, tra cui una novella Beatrice che lo conduce da un inquietante, lynchiano personaggio in costume. Nel museo in cui si trova assiste alla proiezione del profetico cortometraggio The Crime of Carelessness (1912) diretto da Harold M. Shaw, che mostra lincendio di un grande lanificio.
Una scena del film
© Biennale Cinema 2020
Il
film cerca, non senza intoppi nel montaggio, di intrecciare più vite, più
storie che tendono tutte verso lo stesso luogo, richiamando, con le dovute
differenze qualitative, le otto donne del capolavoro Il cerchio (Dayereh,
2000) del connazionale Jafar Panahi. Questa scelta strutturale influisce
molto sulla definizione dei personaggi che rischiano di essere tratteggiati
senza un giusto spessore. Ogni personaggio di Careless Crime ha a suo
modo a che fare col cinema, sia nel senso di luogo fisico sia di forma darte. La
storia ripiega su sé stessa e traghetta lo spettatore per altra via, per
altri porti, seguendo più personaggi, più storie, che lentamente si
avvicinano al nucleo fiammeggiante degli eventi. Come non pensare a Elephant (2003) di Van Sant oppure al recentissimo Tenet (2020) di Nolan.
Tutto ciò a discapito dellandamento narrativo che procede claudicante,
rendendo la visione molto impegnativa per lo spettatore, che a mo di sarto è
chiamato a ricucire lembi sparsi sul tavolo da lavoro.
Una scena del film
© Biennale Cinema 2020
Lautore
iraniano, che poteva di diritto concorrere nella sezione principale della
Mostra, tesse unopera senza dubbio complessa e ambiziosa, che trova in un criptico
finale al cardiopalma il coronamento di un lavoro audace, a suo modo
memorabile. Il film si propone di scandagliare le pieghe della Storia, che
sempre più dimostra la sua ciclicità, come nella reiterazione delle stesse
scene mostrate da più punti di vista. Come disse Marx: «La storia
si ripete sempre due volte: la prima come tragedia, la seconda come farsa».