Alessandro Gassmann, per la
Fondazione Teatro di Napoli, porta in scena ladattamento teatrale dellomonimo
successo cinematografico di Elia Kazan (1954). La sceneggiatura originale
del film, che prendeva spunto dal romanzo di Budd Schulberg, viene qui
rimaneggiata da Enrico Iannello in una versione nostrana, nello
specifico napoletana: dalla lingua degli attori allambientazione scenografica. Sulla scena del Teatro Argentina il porto
della cittadina americana dove Marlon Brando, pugile mancato,
intraprende la sua battaglia personale e sociale contro il sistema corrotto,
cede il posto alla costa partenopea, in cui tra container e operazioni di
carico-scarico merci si consuma la tragedia dei poveracci, vittime della
malavita organizzata e invisibili per lo Stato.
Un momento dello spettacolo @ Mario Spada Francesco Gargiulo (Daniele Russo) è
un pugile un po ingenuo, indotto suo malgrado a sistemare i conti della malavita
con un povero cristo (o eroe tragico) che ha tentato di ribellarsi e viene per
questo giustiziato. Da qui prende il via la narrazione che, tra sensi di colpa,
redenzioni, sentimenti forti e risvolti cruenti, porterà alla presa di
coscienza del protagonista e al suo definitivo schierarsi dalla parte della legalità. Gassmann e Iannello, per loro dichiarazione,
hanno tentato di fondere la cultura americana anni 50 del film di Kazan con i
polizieschi napoletani anni Ottanta. La contaminazione tra cinema, televisione
e teatro sembra però creare un mix contraddittorio. In questo allestimento,
noir e notturno, la sovrapposizione di mezzi espressivi e linguaggi differenti
a tratti è interessante, altre volte pare non essere sostenuta da un disegno
registico univoco.
Un momento dello spettacolo @ Mario Spada La compagnia, composta da undici attori e
unattrice, è molto ben rodata nelle scene di gruppo, punto di forza di questo
spettacolo, in cui la narrazione si stende e distende attraverso il gioco delle
due fazioni in campo. A poco a poco le pedine cadono o si spostano nel campo
nemico. Le azioni corali sono ben rese e offrono dei tableaux di forte impatto. Eppure leffetto visivo si annacqua nella
recitazione individuale. Fatta eccezione per Ernesto Lama (il boss Gigino), dalla mimica
discreta e la gestualità grottesca, esasperata, come da burattinaio infernale,
il resto della compagnia sembra tendere, almeno nella recita a cui si è assistito,
a una ricerca di realismo e naturalezza tipica della fiction, che si pone per
altro in contrasto con quella che ci è sembrata lintenzione scenografica. La bellissima scena, ideata da Gassmann, è costruita
e rimodulata a sipario aperto. Di volta in volta i vari spazi dazione sono creati
dal giustapporsi di quattro pareti mobili. Queste vengono spostate e illuminate
in modo da creare interni ed esterni anche con lausilio di proiezioni di cui
si fa un uso sapiente. Lo spazio corre a precipizio verso il mare definendo il
quartiere popolare degli operatori portuensi; si fa insidioso tra un container
e latro, come area di scarico del porto; diviene claustrofobico nellatrio
della chiesa del paese. Le videografie di Marco Schiavoni sono delicate
nel gioco di luci e colori, immagini di arredi o scorci di paesaggio, quando
indirizzate sui moduli della scena, ma risultano ridondanti e “da cartolina”
quando si fanno sterile fondale.
Un momento dello spettacolo @Mario Spada Tra la platea e il palcoscenico una velina
crea, attraverso le luci, una sorta di effetto seppia, un filtro che suggerisce
distacco, quasi come una sottolineatura brechtiana che non si accorda, o forse
non vuole accordarsi, con lo stile recitativo della compagnia. Il supporto di
musica e rumori di Pivio e Aldo De Scalzi infonde nello
spettatore un senso di pericolo e inquietudine, suggerendo che è solo un velo
sottile a dividere la tranquilla quotidianità di ognuno di noi da una realtà
sociale aggressiva e corrotta che è quella del nostro paese, da Nord a Sud.
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