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Maschere dubbiose sul (proprio) destino

di Gianni Poli
  Rosencrantz e Guildenstern sono morti
Data di pubblicazione su web 22/11/2019  

Per la migliore comprensione di questa messa in scena della commedia di Tom Stoppard conviene rifarsi alla Favola del principe Amleto, ideata e diretta la scorsa stagione dallo stesso regista Marco Sciaccaluga. Lo spettacolo, allestito nella Sala Mercato del Teatro Nazionale di Genova, si rappresenta infatti dopo la Favola, nel medesimo dispositivo scenico e con le maschere già calzate dalla stessa compagnia di ex-allievi della Scuola di recitazione genovese.

Il progetto iniziale, secondo il quale i due titoli gemellati dall’idea del regista avrebbero dovuto recitarsi in alternanza, non è stato realizzato a causa di difficoltà finanziarie e organizzative. La rappresentazione ridimensionata riesce comunque a illustrare la qualità del testo (pure ampiamente ridotto nelle battute e nelle didascalie), spesso accostato ad Aspettando Godot – per la coppia di protagonisti complementari Rosencrantz e Guildenstern, affini a Estragone e Vladimiro – e nato nel clima drammaturgico e linguistico del teatro dell’“assurdo”. 


Un momento dello spettacolo
@ Federico Pitto

La fortuna dell’opera, presentata al Festival di Edimburgo del 1966, prosegue fino ai giorni nostri anche grazie al film omonimo del 1990. Il play risulta tutt’ora gustoso per l’intreccio dei motivi tratti dalle variazioni sul modello shakespeariano e per la valorizzazione di alcuni dei suoi personaggi minori. I due amici legati ad Amleto vengono convocati dal Re Claudio perché indaghino sulla “pazzia” del principe. Compito arduo per le loro forze, come lo è la comprensione del senso della propria vita. Rivelatosi il nipote testimone scomodo, oltre che stravagante, Claudio incarica i due di accompagnarlo in Inghilterra, dove ha disposto che Amleto venga eliminato. 

Inizialmente, in cammino verso Elsinore, i due compagni giocano a testa o croce: Guildelstern lancia le monete e Rosencrantz le intasca, sempre favorito dalla sorte. Ciò li fa riflettere sulla stranezza e l’irrazionalità del caso, così influente sulle vicende umane. È l’assunto decisivo nel far sì che il pessimismo dell’autore inneschi una comicità amara, aspra sui registri più esilaranti della farsa. I turbamenti della coppia crescono all’incontro con la compagnia ambulante e con il più nobile e privilegiato eroe, poiché il loro nome risulta equivoco, intercambiabile, dando luogo a gags inquietanti. A corte organizzano la recita richiesta da Amleto per smascherare l’assassino di suo padre. I “tragici” guitti ambulanti accettano di interpretare l’Assasinio di Gonzago, con l’effetto sperato da Amleto, ma al contempo causa del suo allontanamento. 


Un momento dello spettacolo
@ Federico Pitto

Il viaggio verso l’isola britannica viene turbato dall’assalto dei pirati e animato dalla ricomparsa degli attori. Amleto sventa la minaccia della lettera che lo condanna, sostituendola con una di suo pugno che punisce gli infedeli, e viene catturato dai pirati. Mentre la compagnia recita il cruento finale di Amleto, Rosencrantz e Guildenstern sperimentano l’illusoria possibilità di cambiare la loro sorte: in scena con gli attori, verificano i trucchi del mestiere e la morte, altrettanto illusoria, nella finzione. Non resta loro che rassegnarsi al fato sempre inspiegabile e scomparire. Una sparizione attuata deponendo semplicemente la maschera. In questa versione (al contrario dell’originale), non giunge un messaggero ad annunciare la morte del titolo, riconoscibile nel suo compimento simbolico. Da ricordare che lo stesso Sciaccaluga aveva diretto un’edizione della commedia negli anni ’90 con tre attori, e che un’edizione del 1999 (ripresa in una fortunata tournée decennale), anch’essa con un trittico di interpreti, diretta da Letizia Quintavalla e Bruno Stori, era caratterizzata dall’uso di marionette nelle parti dei guitti. 

La recitazione adotta il gusto per l’improvvisazione e la spontaneità; gode della clownerie, senza caratterizzarsi (con l’alibi delle maschere) quale “Commedia dell’Arte” aggiornata, quantunque antieroica e antimanieristica la volesse l’autore. Ne risultano una piacevole miscela di gags e una gestualità ostentatamente irruenta nei momenti parodistici. Le maschere, “rubate” con feconda intuizione alla fantasia di Ezio Toffolutti (che le inventò per Benno Besson), vengono scambiate fra quattro coppie di attori nei ruoli eponimi, là dove anche quella di Amleto è assunta via via da tre attrici e un attore.


Un momento dello spettacolo
@ Federico Pitto

Lo spazio è delimitato dalle quinte e da tavoli mobili; dalla sagoma d’uno scafo e da una botola dalla quale sbuca la compagnia. I tratti dei costumi restano quelli essenziali della Favola. Il ritmo musicale è fornito dalla sonorizzazione ottenuta con la voce e con la percussione manuale degli oggetti di scena, ai quali s’aggiungono le note degli strumenti della fanfara della troupe rabberciata.

Una filastrocca goliardica scandisce i nomi dei protagonisti e Quindici uomini, sulla cassa del morto è il canto riecheggiato dai pirati dell’Isola del tesoro. Nell’andamento festoso dell’insieme, una sorprendente maturità distingue la giovane compagnia, la consolida nell’entusiasmo e nella condivisione, che il pubblico ripaga con gli applausi del gradimento pieno.  




Rosencrantz e Guildenstern sono morti
cast cast & credits
 


Un momento dello spettacolo visto il 5 novembre alla Sala Mercato di Genova



 
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