Né intellettualistico né
ideologico, questo spettacolo complesso e importante e, oggi, quanto mai urgente,
è ricco sia di robuste qualità intellettuali sia di una sana e rigorosa
ideologia, che in termini teatrali si direbbe declinata, in particolare, in
direzione brechtiana.
Come un gestus brechtiano Thomas
Ostermeier ha infatti immaginato questo grande progetto europeo, affidandolo
a interpreti diversi nei diversi allestimenti nel Regno Unito e in Germania, in
Francia e in Italia. E di precisi modelli troviamo più volte conferma anche
nellintervista al regista che apre il libretto di sala del Piccolo, dove peraltro
sono richiamate la grande tradizione di Strehler e, appunto, le sue celeberrime
regie di Brecht.
Un momento dello spettacolo @ Misiar Pasquali La scena è semplice e mimetica, come a creare un senso di “straniamento”: in uno studio lattrice Sonia (Sonia Bergamasco) fa da voce narrante, fuori campo, a un documentario su e con Didier Eribon a partire dal suo libro Ritorno a Reims. Un viaggio nella memoria e formazione del sociologo francese, dalla famiglia proletaria agli studi e allattività di intellettuale e docente universitario. Una storia complessa e composita, che si allarga al qui e ora dellEuropa sovranista e populista e delle nuove destre, tra le quali quella francese, scelta dai genitori un tempo comunisti. Della relazione tra “particolare” (Eribon) e “generale” (il contesto) si fa espressione il documentario, in buona parte girato dallo stesso Ostermeier, che si è avvalso anche di brani darchivio (si pensi a quelli dellArchivio audiovisivo del movimento operaio e democratico), nonché di un video con Françoise Hardy e del brano finale de La belle et la bête (La bella e la bestia, 1946) di Jean Cocteau in cui il Mostro assume le sembianze del bel principe. Sonia scandisce al microfono
le parole di Eribon e lo fa con un tono costantemente basso, come fosse una
“voce di dentro” a parlare, un flusso di coscienza e di pensiero dellautore.
Impresa tanto difficile quanto coraggiosa e di fine intelligenza da parte
della Bergamasco, che può contare sulla sua straordinaria gamma vocale.
Un momento dello spettacolo @ Misiar Pasquali Come in una nenia senza musica (se si eccettua lincantevole musicalità della voce della protagonista), parole e immagini si fanno essenza della costruzione della regia e della scena. Il regista Rosario (Rosario Lisma) e il tecnico del suono e rapper (quale è nella vita) Tommy (Tommy Kuti) sono collocati prevalentemente in cabina di regia, da dove – anche prima che lo spettacolo inizi – si percepiscono scambi, talora nervosi, di battute e commenti. Nel corso della lavorazione del montaggio vocale sulle immagini, con una didascalia che ci avverte che è trascorsa una settimana, si inscena un happening, un work in progress che prevede anche una sorta di coup de théâtre allorché il rapper scende in platea e incita il pubblico a partecipare a una propria canzone. Ma cè un altro e più radicale momento – e siamo nel “finale di partita” – che crea come una sincope: dopo che da un po di tempo i tre artisti (“sotto la tenda del circo: perplessi”, verrebbe da dire, citando il film di Alexander Kluge, 1968) hanno cominciato a interrogarsi sui propri ruoli e sulle proprie responsabilità (e funzioni), il regista “inchioda” Sonia nei primi piani di una ripresa dal vero, trasmessa e dunque amplificata dal grande schermo, nella quale lattrice, senza parole, rivela nello sguardo e nelle micro-espressioni imbarazzo e inquietudine.
Un momento dello spettacolo @ Misiar Pasquali Può oggi il teatro essere ancora
allaltezza del proprio antico ruolo di rito, nella relazione stringente tra politeia e polis? può, in particolare, “rappresentare” il mosaico del “contesto”
odierno? Sono gli artefici di questa forma, tanto antica quanto attuale, a loro
volta e a loro modo allaltezza di questo gestus? Ritorno a Reims dà
voce a tali quesiti, che sempre più riguardano gli artefici dello spettacolo e sono,
di per sé stessi, assunzioni di responsabilità. È bello quanto necessario
assistere oggi a questo tipo di teatro ed è altrettanto bello vedere – senza
nulla togliere al contributo di Lisma e Kuti – unattrice del rango e dellallure di Sonia Bergamasco accettare
nuove sfide, ponendosi nuove domande sulla sua stessa funzione attoriale.
|
|