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Cana

di Giuseppe Gario
  Cana
Data di pubblicazione su web 05/10/2018  

Nella prima manifestazione pubblica di Gesù il vino migliore venne servito a banchetto di nozze inoltrato. Laicamente, un progresso tecnico (vino migliore) e umano (per tutti).

Nel 1960 lo storico Carlo Maria Cipolla raccontava le nozze globali: «una delle principali conseguenze della Rivoluzione Industriale è stata la riduzione del costo e l’aumento della velocità dei trasporti. Le distanze si sono ridotte ad un ritmo stupefacente. Giorno per giorno il mondo sembra diventare sempre più piccolo e società che da millenni si ignoravano praticamente a vicenda si trovano all’improvviso a contatto – o in conflitto. Nel nostro modo di agire, sia nel campo politico che in quello economico, sia nel settore dell’organizzazione sanitaria che in quello della strategia militare si impone un nuovo punto di vista. Nel passato l’uomo ha dovuto abbandonare il punto di vista cittadino e regionale per acquisirne uno nazionale. Oggi dobbiamo uniformare noi stessi e la nostra maniera di pensare ad un punto di vista globale» (Uomini, tecniche, economie, Milano, Feltrinelli 19904, p. 5).

«Non sappiamo che cosa sia la felicità umana, ma sappiamo che cosa non è. Sappiamo che la felicità umana non può prosperare dove dominano l’intolleranza e la brutalità. Non c’è nulla di più pericoloso del sapere tecnico quando non è accompagnato dal rispetto per la vita umana e per valori umani». «Mentre insegniamo le tecniche, dobbiamo insegnare anche il rispetto per la dignità e il valore e il carattere sacro della personalità umana. Se non vogliamo che la fine sia peggiore dell’inizio è necessario intraprendere un’azione urgente». E cita «Platone (Eutidemo, IX): “La ricchezza non è un valore in sé; se sua guida è l’ignoranza, la ricchezza è un male ancor più del suo contrario, in quanto più potenti sono gli strumenti che mette a disposizione della sua cattiva guida”» (ivi, pp. 141-142).

Nirmal Mulye, «padrone della piccola società americana Nostrum, ha portato il suo medicinale di punta da 474 a 2.400 dollari il flacone, di colpo più 400% per un antibiotico in commercio da oltre sessant’anni. Non è il primo». «I politici condannano e i rialzi aumentano, al contrario che in Europa, in USA i prezzi sono liberi. Li regola il mercato nella sua saggezza. Ma non lo fa. Ogni medicinale nuovo è più caro e di colpo ogni concorrente si allinea». «Nel mondo l’America è divenuta l’eldorado dei laboratori, che vi portano la ricerca. Questo profitto costa caro. Le spese USA per la salute sono quasi il doppio (in percentuale sul prodotto interno lordo) che in Europa, senza effetti osservabili sulla salute dei cittadini americani, ma sono il propellente che valorizza in borsa i giganti del settore. In altre parole, i pazienti finanziano azionisti e intermediari finanziari di questi grandi gruppi, in sostanza banche e fondi di investimento» (P. Escande, De la cupidité en pillules ou en sirop, in «Le Monde», “Éco & Entreprise”, 14 settembre 2018, p. 1). Le nozze a Cana, il banchetto dal ricco Epulone.

«The Economist» conferma. «La fetta di prodotto interno lordo del mondo ricco che va al capitale è aumentata del 4% dal 1975, trasferendo circa 2.000 miliardi di $ di reddito globale annuo dalle buste paga alle tasche degli investitori. Poiché la competizione declina in molti mercati, il business è sempre più capace di estrarre rendita dall’economia». «Alla fine i profitti finiscono nelle tasche degli azionisti come dividendi e riacquisti azionari». «Dato che il mercato del lavoro continua a essere polarizzato tra i redditi più alti e tutti gli altri, le tasse sul reddito dovrebbero essere molto basse o negative per i redditi più bassi». «Riscrivere le norme significa superare la resistenza degli elettori scettici e sfidare i rapaci interessi particolari. È un lavoro duro. Ma il risultato giustifica del tutto lo scontro». «Una riforma fiscale di fondo può rilanciare lo sviluppo e produrre equità sociale – quale che sia la quota di prodotto interno lordo prelevata con le tasse. Fortunatamente, i principi sui quali i paesi ricchi possono progettare un buon sistema sono chiari: le tasse devono colpire le rendite, essere di stimolo e difficili da evadere» (Stuck in the past, 11 agosto 2018, p. 9). L’UE ci sta provando.

«I prossimi giorni saranno decisivi per la tassa digitale voluta da Emmanuel Macron. Il presidente e il suo ministro dell’economia, Bruno Le Maire, riusciranno infine, dopo dodici mesi di lobbying, a vincere le reticenze dei loro partner europei, a cominciare da Berlino? Macron ne ha fatto una priorità politica a Bruxelles e conta di venirne a capo prima della fase finale e decisiva delle elezioni europee nella primavera 2019. Ma in materia fiscale è richiesta l’unanimità nel Consiglio degli stati membri. E quanto più si avvicinano le elezioni europee, tanto più le posizioni si radicalizzano». «Soprattutto dopo le rivelazioni, mercoledì 5 settembre, del settimanale «Bild» su una nota del ministero delle finanze tedesco che denuncia una tassa “non produttiva”». «Il ministro Le Maire ha riassunto la questione il giorno stesso su LCI: “Entro gennaio 2019 dobbiamo aver deciso sull’argomento. Se non siamo in grado di ristabilire l’eguaglianza fiscale e tassare i giganti del digitale, lo pagheremo nelle urne”». «Versano in media solo tra 8,5 e 10,1% dei profitti in UE, mentre è tra 20,9 e 23,2% per le imprese tradizionali». «La tassa digitale è tanto più complicata in quanto il governo tedesco, almeno la sua ala conservatrice CDU-CSU, ha poco interesse a fare un “regalo” a Macron a otto mesi dalle elezioni europee. Il francese non ha forse dichiarato di essere il primo avversario dell’ungherese Viktor Orbán, tuttora membro del PPE, la famiglia politica di Merkel a Bruxelles?» (C. Ducourtieux, L’Europe bute sur la taxe des géants du numérique, in «Le Monde», “Éco & Entreprise”, 8 settembre 2018, p. 4).

In effetti dal 6 settembre il governo tedesco è in confusione «dopo un’intervista del conservatore bavarese Horst Seehofer (CSU), ministro dell’interno, al quotidiano «Rheinische Post». Sui fatti di Chemnitz, ha dichiarato “comprensione” per la “collera” dei manifestanti dopo la morte di Daniel Hillig, di cui sono sospettati tre richiedenti asilo. “Se non fossi ministro, sarei sceso con loro in strada come cittadino”, assicura Seehofer, prima di aggiungere: “La questione migratoria è la madre di tutti i problemi politici del paese”» (T. Wieder, L’ombre de l’Afd sur la droite allemande, in «Le Monde», 8 settembre 2018, p. 2). La giustizia fiscale cede al populismo, «fattore centrale nello sviluppo del neoliberismo negli anni ’70 e ’80. Perciò si può capire che un analogo populismo in mano alla estrema destra possa far parte della struttura neoliberale stessa» (O. Worth, Rethinking Hegemony, London, Palgrave, 2018, p. 92). «Dopo dieci anni di stagnazione dei redditi e austerità budgetaria, i più colpiti dalla crisi hanno abbandonato le élites gettandosi nelle braccia di chi promette di ribaltare l’ordine stabilito. Il 2008 ha seminato il dubbio sulla supremazia della democrazia liberale» (En attendant la prochaine crise, in «Le Monde», 16-17 settembre 2018, p. 27). Democrazia e diritti umani UE sono fuori dal mercato, che vuole controllo sociale a basso costo da populisti di strada armati per legittima difesa.

«Pioniere dei men’s studies americani, il sociologo Michael Kimmel ha pubblicato in marzo Healing from Hate. How Young Men Get Into – and Out Of – Violent Extremism (Berkeley, University of California Press, 2018). «È un fatto che praticamente tutti coloro che danno prova di violenza sono giovani uomini, siano essi estremisti di destra, fanatici anti-migranti, skinheads antimusulmani o musulmani che si preparano alla jihad. È così evidente che non c’è bisogno di notarlo. E perciò non lo si nota». A Chemnitz, dove avrebbe voluto sfilare il ministro Seehofer, «nella loro immensa maggioranza sono uomini – spesso giovani. È questo a colpire nel vedere le foto dei manifestanti neonazisti e di estrema destra attaccare polizia e contro-manifestanti, il 26 e 27 agosto» (F. Joignot, Une violence de jeunes hommes, in «Le Monde», “Le Monde des Idées”, 8 settembre 2018, p. 5). Ma Hans-Georg Maaßen, presidente del BfV (Ufficio Federale di difesa della Costituzione Tedesca), nega le violenze e trova «un sostegno di peso il 12 settembre nel ministro dell’interno, il conservatore bavarese Horst Seehofer» e addirittura «eccessivo nell’AfD [il populista Alternative für Deutschland, ndr]». «Le accuse contro di lui sono politiche», ha dichiarato il copresidente del partito Alexander Gauland prima di rivelare, martedì, di aver avuto in gennaio tre incontri con Maaßen. Rivelazioni imbarazzanti per il presidente del BfV un mese dopo l’uscita di un libro che lo accusa di aver prodigato i suoi consigli alla precedente presidente dell’AfD, Frauke Petry, per evitare la sorveglianza da parte del BfV da lui presieduto» (T. Wieder, Polémique autour du chef du reinsegnement allemand, in «Le Monde», 14 settembre 2018, p. 4).

Costretto alle dimissioni, Maaßen è ora vice-ministro di Seehofer. I due dimostrano con insolenza come «del potere si può abusare; l’esatta definizione di abuso dipende dal contesto culturale e sociale, ma è intrinseco al comportamento umano. Se l’abuso è sistematico – ripetuto e deliberato – bullismo sembra la corretta definizione. Il bullismo può esserci in molti contesti, inclusi il lavoro e la casa; è particolarmente probabile in gruppi sociali con precise relazioni di potere e scarso controllo, come le forze armate, le prigioni e anche le scuole». «Suscita particolare sdegno nel mondo scolastico dove il problema è generale – può colpire ogni bambino – e i bambini non hanno i diritti e la consapevolezza dei diritti che hanno gli adulti» (P.K. Smith-S. Sharp, School Bullying: Insights and Perspectives, London, Routledge, 1994, p. 2). Alcuni potenti ci vogliono tutti bambini, non evangelicamente innocenti, bensì senza diritti e inconsapevoli di averli, vittime dei bulli e del loro (o)dio.

Nella caccia al migrante Seehofer, Maaßen, Orbán, Salvini profilano un’UE allineata a Russia, Cina, USA senza fardelli di diritti umani e tasse. La caccia è crimine nazionale e internazionale, ma anche frode di populisti Epuloni a populisti di strada che si credono di spinta (V. Walt, The New Face of Europe. Italy’s far-right Matteo Salvini wants to remake the E.U., in «Time», 24 settembre 2018, p. 20). Il 60% degli italiani approva. Seehofer pure. «La Germania sembra ben armata per la prossima recessione». «Bundesbank stima che il debito pubblico “diminuisce e a fine anno dovrebbe sfiorare il 60%”». «L’invecchiamento incita i tedeschi, ossessionati per pagare le pensioni» (G.C., Entre la France et l’Allemagne, un fossé problématique, in «Les Echos», 28-29 settembre 2018, p. 4). Non solo. Per la Corte Costituzionale tedesca «la politica monetaria è stata ed è l’ambito principale in cui deve esprimersi il Bundestag prima che le decisioni europee possano avere effetto». «La partecipazione della Germania ai fondi di stabilizzazione non può essere decisa dal solo governo. È indispensabile l’accordo del Bundestag» (C. Haguenau-Moizard, Démocratie européenne et démocratie nationale selon la Cour Constitutionnelle allemande, in C. Haguenau-Moizard-C. Mestre, La démocratie dans l’Union Européenne, Bruxelles, Bruylant, 2018, p. 219). Ciascun per sé. Nel 2019 all’italiano Draghi succederà un tedesco alla presidenza della Banca Centrale Europea.

Intanto Brexit spariglia le carte. «Per rilanciare l’Unione sul piano democratico, diventa necessario pensare la dis-Unione. Se non altro per garantire la sicurezza dell’insieme degli stati che vi restano. Il lato positivo di questo ritiro è che risolve il rifiuto di appartenere a un’Europa più politica». «Brexit è una soluzione migliore, in termini di responsabilità politica, del bricolage di statuti particolari negoziati in protocolli annessi al trattato, nella penombra dei corridoi delle istituzioni europee. Si ricordi che le condizioni strappate da James Cameron al Consiglio europeo del febbraio 2016 erano a svantaggio dell’Unione. Si doveva accettare di eliminare il principio di non discriminazione, cuore del processo di integrazione, per evitare Brexit? In quest’ottica, il ritiro può invece essere analizzato come atto positivo di assunzione di responsabilità di uno stato. Questa nuova realtà suppone di ritirare un coperto dalla tavola comune, ma può essere intesa come mezzo di lasciare l’insieme europeo se il progetto politico non soddisfa più il popolo, o se il progetto politico nazionale urta coi valori fondativi dell’Unione. Sarà il modo di passare davvero all’Europa politica, sviluppando l’adesione popolare al progetto». «Un mutamento così ampio va legato a un nuovo modo di raccontare l’Europa centrato sui suoi valori, sul suo modello politico più che sulle virtù reali o supposte del libero scambio». «La liberalizzazione del commercio va negoziata a partire dalle norme dell’Unione per garantire il rispetto della protezione ambientale e sociale. L’Europa potrà allora fondarsi sul principio di sovranità solidal che lega gli stati tra loro senza negare gli interessi nazionali, perfettamente legittimi anche se divergenti» (F. Berrod, L’Union par la souveraineté solidaire ou les limites de la démocratie exclusivement nationale, in Haguenau-Moizard-Mestre, La démocratie dans l’Union Européenne, cit., pp. 80-81).

Progetto Cana, miracolo storico di matrimoni nati da progressi tecnici che generano progressi anche umani, come a suo tempo gli stati nazionali e ora l’UE. Benedetta Brexit.

In tema di %, «che si consideri l’età classica, medievale, moderna o contemporanea, si rimane colpiti dal fatto che ogni paese in ascesa ha la sua inevitabile percentuale σ di persone stupide. Tuttavia un paese in ascesa ha anche una percentuale insolitamente alta di individui intelligenti che cercano di tenere la frazione σ sotto controllo, e che, nello stesso tempo, producono guadagni per se stessi e per gli altri membri della comunità sufficienti a rendere il progresso una certezza. In un paese in declino, la percentuale di individui stupidi è sempre uguale a σ; tuttavia, nella restante popolazione, si nota, specialmente tra gli individui al potere, un’allarmante proliferazione di banditi con un’alta percentuale di stupidità e, fra quelli non al potere, una ugualmente allarmante crescita del numero degli sprovveduti. Tale cambiamento nella composizione della popolazione dei non stupidi, rafforza inevitabilmente il potere distruttivo della frazione σ degli stupidi e porta il Paese alla rovina» (C.M. Cipolla, Allegro ma non troppo, Bologna, il Mulino, 1988, pp. 76-77). Di fatto, la nostra nuova politica per i migranti è concomitante con l’omicidio di tre persone e il ferimento di una quarta per la disputa su un posto auto; e col pestaggio a sangue di un adolescente per rubargli cento euro, messo in rete dai due coetanei aggressori.






 
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