«“Li si cerca dappertutto e sono arrivati in
porto ieri sera, un po prima delle 23, sotto la pioggia. Venti persone a
bordo, quindici uomini e cinque donne. Sono stati immediatamente condotti al
centro di accoglienza, per la registrazione”». «“Avete laria sorpresa, ma
questo genere di arrivi è molto frequente”», assicura il sindaco di Lampedusa. «“Le
coste africane sono qui a fianco, il tragitto dalla Tunisia non è difficile e i
tunisini conoscono bene il mare. Solo, al momento il governo fa di tutto perché
non se ne parli. Dato che Matteo Salvini
ripete ovunque che i porti sono chiusi, come potrebbe ammettere che qui i
migranti continuano ad arrivare?”». Nativo dellisola e figura storica della
sinistra locale, Toto Martello è
stato rieletto sindaco di Lampedusa nellestate 2017 (lo era già stato dal 1993
al 2002), dopo la clamorosa disfatta delluscente Giusi Nicolini, la cui aura di passionaria dei diritti delluomo
aveva finito per irritare una parte degli isolani. Meno militante di lei,
rimane partigiano dellapertura dei porti e della assistenza alle persone
disperse in mare – come potrebbe essere diversamente quando si è figli di
pescatori? «“I miei rapporti con la regione Sicilia, alla quale Lampedusa
appartiene, sono ottimi. Quando sono andato a Bruxelles, qualche mese fa, sono
stato ricevuto dal Presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, dal commissario europeo per le migrazioni, Dimitris Avramopoulos, e anche da
membri delléquipe di Federica Mogherini.
Ma se scrivo al ministro dellinterno, non risponde, non accusa neppure
ricevuta. Poiché non può cambiare la situazione a Lampedusa, Salvini cerca di
farci sparire. Vuole farci dimenticare”»
(intervista raccolta da J. Gatutheret, Le
migrants fantômes de Lampedusa, in «Le Monde», 8-9 maggio 2019, p. 6). «“Quando sono arrivato sullisola, nel 2015,
cerano 23.000 arrivi registrati. Nel 2016 13.000, poi 9.500 nel 2017 e infine
3.500 nel 2018. Linizio anno è stato segnato da un mare molto difficile, per
cui il numero di arrivi devessere molto basso, ma non è davvero significativo”»,
spiega Alberto Mallardo,
rappresentante di Mediterranean Hope, ONG emanazione delle chiese protestanti
italiane, molto attive sullisola». «Osservatore delle incessanti mutazioni
delle vie migratorie, il giornalista Mauro
Seminara, che vive sullisola dalla metà degli anni 2000, relativizza limportanza
dei cambiamenti degli ultimi mesi. “È tutto molto fragile e può mutare in ogni
momento”, assicura. “Al contrario colpisce lefficacia della macchina di propaganda
messa a punto da Matteo Salvini. L11 aprile un battello con 70 migranti è
arrivato dalla Tunisia. Il ministero dellinterno ha affermato che dopo
ventiquattrore tutti erano stati rispediti a casa, e qui sullisola molti lhanno
creduto. Anche se è risaputo che una metà è subito ripartita per la Sicilia, a
Porto Empedocle, e laltra metà è rimasta per un po di tempo a Lampedusa…”» (ibid.). La
macchina di propaganda è la rete. «In un articolo pubblicato allinizio del XXI
secolo, il giurista americano Lawrence
Lessig esprimeva la sua visione sullavvenire delle nostre società con una
formula ripetuta innumerevoli volte: Code
is law (“Il codice informatico è la legge”). Lessig notava qualcosa che
tutti percepiamo: a poco a poco, la rivoluzione digitale modifica molto più delle
tecniche di produzione e condivisione delle conoscenze. A volte il codice
sembra in effetti ‘fare legge intorno a noi. Sempre più contribuisce a eleggere
i governanti, può decidere dellassegnazione di un prestito o fissare la pena
inflitta in un tribunale». In Au coeur des réseaux (Le Havre, Le
Pommier, 2019) Fabien Tarissan
rileva dalle ricerche «la responsabilità degli utenti, che guidano gli
algoritmi cliccando sui contenuti che piacciono piuttosto che su quelli che
servono. La ricerca scientifica è più inquietante sulla manipolazione delle
reti o sulla sorveglianza in rete. Ad esempio, bastano pochi dati sulle
abitudini di una persona per individuarla in scambi anonimi». Tre le dinamiche
della Culture numérique, secondo Dominique Cardon (Paris, Presses de Science Po, 2019): «laspirazione incessante
degli individui ad aumentare il loro potere dazione, lemergere di nuove forme
di organizzazione e partecipazione politica e, infine, lappropriazione di
mercato delle fonti dei dati e degli algoritmi che danno profitti monetizzando
le tracce delle nostre attività on line». «Poiché gli algoritmi formano i loro
modelli partendo dai dati forniti da noi, le loro previsioni automaticamente tendono
a riconfermare le preferenze, ineguaglianze e discriminazioni del mondo sociale».
«I due libri echeggiano in modo incredibile le predizioni di Lessig: “Qualcuno
decide come funziona il codice”, scriveva. “La sola questione è sapere se noi
avremo collettivamente un ruolo nelle loro scelte o se lasceremo ai
programmatori il compito di decidere i nostri valori al nostro posto”» (G. Bastin, Décoder la société numérique, in «Le
Monde des Livres», 10 maggio 2019, p. 7). «Collera,
indignazione, paura, empatia… le emozioni sono ovunque. Mobilitano o
paralizzano, accecano o fanno discutere». «Le passioni sono tornate, in forza,
in primo piano. Mancano però gli strumenti per capire». «Bisogna perciò
rallegrarsi dellimportante volume collettivo pubblicato col titolo Passions sociales, sotto la direzione di
Gloria Origgi (Paris, PUF, 2019). Non dà
risposta definitive, va da sé, ma offre un efficace mazzo di chiavi. In oltre
600 fitte pagine, un centinaio di studi copre la varietà di aspetti delle
passioni sociali, da ‘abnegazione a ‘xenofobia, passando – alla rinfusa,
arbitrariamente ma in ordine alfabetico – per ‘amore, ‘antisemitismo, ‘celebrità,
‘collera, ‘dignità, ‘odio, ‘umiliazione, ‘identità, ‘misoginia, ‘patriottismo,
‘radicalizzazione, ‘snobismo, ‘valori sacri» (R. Droit, La
nouvelle société des émotions, in «Le Monde des Livres», 10 maggio 2019, p.
8). Il messaggio è chiaro e
riguarda noi che, passando alla rinfusa e arbitrariamente da una passione allaltra,
veniamo manipolati. Caso di scuola Brexit. «In giugno 2016, UK votò luscita
dallUE. Fu uno shock totale. I sondaggi avevano previsto un trionfo ‘Remain
su ‘Leave, quasi quattro punti, e fu esattamente il contrario. Nessuno sapeva
spiegarlo. Mi venne in mente una possibile spiegazione. E se Leave avesse
tratto vantaggio da Facebook? La vittoria attesa di Remain era legata allottimo
affare concluso da UK con UE: tutti i benefici dellappartenenza, mantenendo la
propria moneta. Londra era lindiscusso fulcro finanziario dEuropa e i
cittadini UK potevano fare affari e viaggiare liberamente attraverso i confini
aperti nel continente. Il messaggio “mantieni la rotta” di Remain era basato su
una intelligente economia, ma non aveva emotività. Leave basava la sua campagna
su due appelli fortemente emotivi. Si appellava al nazionalismo etnico
addebitando agli immigrati i problemi del paese, reali e immaginari. Inoltre
prometteva che Brexit avrebbe consentito enormi risparmi per migliorare il
Servizio Sanitario Nazionale, idea che consentì agli elettori di dare lustro
altruistico a una proposta invece xenofoba. Lo spettacolare risultato Brexit
poneva unipotesi: in contesti elettorali Facebook può avvantaggiare i messaggi
di paura e rabbia su quelli di suggestioni neutre o positive. Lo fa perché il
modello di business pubblicitario di Facebook dipende dal coinvolgimento, attivato
meglio dallappello alle nostre emozioni più elementari», perché «le emozioni
legate alla parte più primitiva del cervello, come paura e rabbia, provocano
una reazione più uniforme e sono più virali nella massa». «Facebook ha usato il
monitoraggio per costruire giganteschi profili di ogni utente cui fornisce un
personale Truman Show, come nel film
con Jim Carrey nei panni di un uomo
che passa tutta la vita come star del suo personale show tv. Comincia dando
agli utenti “ciò che vogliono”, ma gli algoritmi sono conformati per guidare la
loro attenzione nelle direzioni volute da Facebook. Scelgono messaggi che toccano
tasti emotivi perché gli utenti spaventati o arrabbiati si fermano più a lungo
sul sito. Facebook la chiama “partecipazione”, ma il fine è modificare i
comportamenti per rendere più redditizia la pubblicità. Vorrei averlo capito
nel 2016. Oggi Facebook è la quarta impresa per valore in America, benché abbia
solo quindici anni, e il valore deriva dalla sua supremazia nel monitoraggio e
nella modifica dei comportamenti» (R. McNamee, Zucked. Waking Up to
the Facebook Catastrophe, London, HarperCollins, 2019, pp. 8-9). «Apprendemmo
presto che condividere le basi di dati con parti terze era una delle tattiche
centrali nel successo di Facebook» (ivi, p. 184). Brexit è una perfetta trappola emotiva senza vie duscita, nelle parole
pacate ed esperte di Sir Ivor Roberts,
già ambasciatore UK in Italia, nellannuale conferenza CENVI-ASERI dellUniversità
Cattolica di Milano, questanno (13 maggio) dedicata a Diplomatic lessons from the Brexit debacle. Manipolata, Brexit è comunque
la volontà del popolo: gli algoritmi hanno guidato il voto, code is law. Nella «sua precoce analisi
dei populisti in prospettiva storica, Borges metteva in evidenza come i loro
leader trasformassero la politica in un susseguirsi di menzogne. La realtà
diventava un melodramma, e tutto veniva travisato generando finzioni “che non
potevano essere credute ed erano credute”. Come Borges, anche noi dobbiamo
ricordarci che il fascismo e il populismo vanno posti di fronte a verità
empiriche e che occorre, come lui stesso scrisse, distinguere fra “leggenda e
realtà”. In tempi come quelli in cui viviamo, il passato ci rammenta che il
fascismo e il populismo sono essi stessi soggetti alle forze della storia» (F.
Finchelstein, Dai fascismi ai populismi.
Storia, politica e demagogia nel mondo attuale, Roma, Donzelli, 2019, p. 32).
Gli algoritmi attualizzano lantico problema posto da Epicuro a Meneceo, nelle
parole tramandate da Diogene Laerzio:
«Empio non è colui che nega gli dei del volgo; ma colui che applica agli dei le
credenze del volgo» (L. Canfora, Un
mestiere pericoloso. La vita quotidiana dei filosofi greci, Palermo, Sellerio,
2000, p. 189). Per dire,
il discorso di Viktor Orbán nella
festa nazionale del 15 marzo 2016: «“Finalmente i popoli che dormivano cullati
dallabbondanza e dalla prosperità, hanno capito che i principi di vita sui
quali è stata costruita lEuropa sono in pericolo mortale. LEuropa è una
comunità di nazioni cristiane, libere e indipendenti; uguaglianza tra uomini e
donne; concorrenza leale e solidarietà; orgoglio e umiltà; giustizia e
misericordia. Questa volta il pericolo non ci assale al modo delle guerre e dei
disastri naturali, cogliendoci di sorpresa. Limmigrazione di massa è un corso
dacqua lento e implacabile che erode le nostre coste. Camuffata da causa
umanitaria, in realtà mira alloccupazione del territorio. E a mano a mano che
loro guadagnano terreno, noi lo perdiamo”» (cit. in D.
Murray, La strana morte dellEuropa, Vicenza,
Neri Pozza, 2018, p. 245). I barbari sono alle porte. «Probabilmente è proprio lì che sta una delle chiavi del successo del
populismo penale: lincontro fra preoccupazione securitaria e
strumentalizzazione politica, fra il supposto buonsenso e i propri interessi,
tra convinzione e cinismo, tutti elementi le cui frontiere rimangono incerte e
mobili, ma che hanno in comune il fatto di eludere un confronto spassionato tra
i fatti e linterpretazione rigorosa a cui possiamo sottoporli» (D. Fassin, Punire. Una passione contemporanea, Milano,
Feltrinelli, 2018, p. 141). «La diffusione e normalizzazione delle pratiche
punitive extragiudiziarie da parte delle forze dellordine rappresentano una
caratteristica centrale delle società contemporanee largamente sconosciuta» (ivi,
p. 51). «La parola chiave delle politiche migratorie contemporanee non è chiusura, ma selettività. In un certo senso limmigrazione non esiste. Esistono
diversi tipi e categorie di immigrati, e le persone in carne e ossa vengono
incasellate e possono cercare di inserirsi in qualcuna di queste categorie.
Anche i governi dichiaratamente più ostili allapertura dei confini, alla fine,
arrivano ad ammettere che certi tipi di immigrati non solo servono, ma sono
benvenuti» (M. Ambrosini, Dilemmi veri e
una risposta, in «Avvenire», 18
maggio 2019, p. 1). Dietro lo spauracchio emotivo della sicurezza, cè il primitivo
e atroce mercato degli esseri umani, inclusi tutti i volonterosi fornitori di
dati personali e gratuiti a maggior profitto di Facebook e dei manipolatori che
ne acquistano i servizi per vie oblique. Nel 1284 a Hamelin un “pifferaio” portò a morire centotrenta
bambini, non si sa perché. Divenuta fiaba dei fratelli Grimm, ricorda che un manipolatore
può sottrarre il futuro a chi ignora le forze della storia. Le documenta Peter S. Wells, archeologo. «Lesempio
romano suggerisce che quando i sistemi grandi e complessi interagiscono con
sistemi più piccoli e meno complessi non possiamo assumere che i primi
prevarranno grazie alla forza del potere politico, economico o militare. Le
società indigene hanno diverse risorse, spesso poco comprese, che permettono
loro di giocare un ruolo determinante negli esiti di tali interazioni» (La parola ai barbari, Milano, Il Saggiatore,
2019, p. 305). Così fu disegnata lEuropa romana da popoli conquistati. Oggi cè
«il paradosso delle democrazie contemporanee, nelle quali eguaglianza e libertà
sono entrate in tensione fra loro, al punto che la privazione della prima è
diventata un ostacolo importante alla realizzazione della seconda» (Fassin, Punire, cit., p. 118). I piccoli del
mondo non sono così piccoli, i grandi non così grandi. «Tre decenni dopo la caduta dellUnione
Sovietica, il momento unipolare è finito. LAmerica affronta nella Cina un
immenso rivale che aspira fiducioso a essere il numero uno. Commerci e profitti,
che di solito consolidano i legami, sono divenuti unaltra questione di litigio»
(A New Kind of Cold War, in «The
Economist», 18-24 maggio 2019, p. 11). Le ambizioni regionali saudite e
israeliane e la denuncia USA dellaccordo con lIran ci ricordano poi che
«spesso la guerra delle parole, invece di esorcizzare la guerra, semplicemente
la preparano» (A. Frachon, Trump dans le Golfe:
danger, in «Le Monde», 17 maggio 2019, p. 26).
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