La morte del padre squarcia la vita di Colm (Tom Vaughan-Lawlor), lasciandolo
nellincertezza e nello smarrimento. Non tanto per la perdita affettiva quanto
piuttosto per il timore di morire nello stesso modo: sposato con una donna che
tradisce, deluso dal figlio e circondato dalle menzogne. Un desiderio lancinante di sincerità colpisce
questo uomo di mezzetà che ha sempre vissuto e lavorato nella periferia
dublinese, mediocre in tutto e sempre pronto a chiedere scusa. Non cè amore
per la moglie, né per il figlio, né forse neppure per la madre: in una sorta di
contrappasso psicologico, la paura di diventare come il genitore lo spinge
proprio in quella direzione. A fronte di questo crollo emotivo, nasce in lui il
desiderio impellente, lossessione, verso il giovane Jay (Tom Glynn-Carney), ragazzo padre che per sopravvivere lavora come
gigolò per uomini.
Una scena del film © Biennale Cinema 2019 Solo le poche ore pagate che trascorrono insieme danno sollievo a Colm, per poi però ritrovarsi nella depressione più nera ogni volta che varca la soglia di casa. Non più in grado di sostenere questa situazione, Colm rivela la verità al figlio, in un gesto tanto drammatico quanto vano che non suscita altro che ulteriore disprezzo per un padre alcolizzato, pigro e indolente. Peter Mackie Burns disegna la parabola verso labisso di un uomo medio, con mano lucida e crudele che però tradisce spesso inesperienza sia nello stile (stacchi e movimenti di macchina spesso ai limiti dellaccademico) sia in una sceneggiatura troppo legata al manuale (in particolare, nel sottolineare la sovrapposizione tra Colm e il padre). Spiazzando però con un finale che non sospende ma trancia proprio la scena e che lascia lo spettatore a dir poco perplesso.
Una scena del film © Biennale Cinema 2019 Al di là del fascino del soggetto (la morte di un genitore come premonizione della propria), Rialto è un film ancora troppo acerbo e scolastico per poter competere con gli altri film in concorso nella sezione “Orizzonti”.
*Dottorando in Storia dello spettacolo presso lUniversità di Firenze. Impaginazione di Ludovico Peroni, dottorando in Storia dello spettacolo presso lUniversità di Firenze.
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