Regista che ama essere divisivo e provocatorio il messicano Carlos Reygadas sbarca al Lido con un
film che mantiene il livello di provocazione dei suoi precedenti ma che risulta
a tutta prima incomprensibile e poi solamente molto, molto noioso. Per una
durata che sarebbe stata abnorme anche per ben altre tematiche e per ben altri
compiacimenti paesaggistici, Reygadas ci intrattiene con unopera esibitamente
autobiografica dove però lautobiografia vorrebbe naturalmente assurgere a
valore universale. © Biennale Cinema 2018 Il
tema di fondo non è certamente appannaggio del regista ma è un tema che
percorre la vita di ciascuno (e quindi della letteratura universale): la gelosia.
Non vogliamo scomodare nessuno e tanto meno la tolstoiana Sonata a Kreutzer, ma anche noi avremmo meritato di non essere
scomodati così a lungo per essere testimoni dei sospetti e dei tormenti di
Juan, ranchero messicano e celebre (?)
scrittore, legato alla fascinosa Ester (moglie, amante, madre dei suoi figli
nonché manager dellacienda) da un
amore possessivo ma anche da un patto prematrimoniale di libertà: le solite
cose «tu sei libera di tradirmi ma me lo devi dire prima».
E così, quando il solito mezzuccio del telefonino dimenticato gli fa
scoprire linfatuazione della moglie per il “Gringo” Phil, cominciano i suoi
tormenti e la nostra noia. Avevamo sopportato uninfinita e astrusa scena di
giochi infantili sulla spiaggia e infinite sequenze di cavalcate e maneggi di
tori sperando che la suggestione visiva portasse a qualcosa e ci troviamo poi
nella stanza da letto e nel tinello del regista per assistere alle lunghe querelles sul possesso e sulla fedeltà.
Abbiamo poi sopportato allusivi campi lunghi di lotte tra tori per il dominio
del branco. Insomma abbiamo sopportato molto. Ma abbiamo ceduto quando, dopo
aver spiato insieme al protagonista la moglie a far lamore con lospite, ci
siamo sentiti chiamati a condividere il suo dolore, riassunto nello strazio
della frase: «Ho visto il tuo sguardo mentre facevi lamore con lui, lo stesso
sguardo che avevi per me, tanto tempo fa». Più o meno. Ci scusiamo con i
lettori.
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