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Telenovelas

di Sara Mamone
  Nuestro tiempo
Data di pubblicazione su web 09/09/2018  

Regista che ama essere divisivo e provocatorio il messicano Carlos Reygadas sbarca al Lido con un film che mantiene il livello di provocazione dei suoi precedenti ma che risulta a tutta prima incomprensibile e poi solamente molto, molto noioso. Per una durata che sarebbe stata abnorme anche per ben altre tematiche e per ben altri compiacimenti paesaggistici, Reygadas ci intrattiene con un’opera esibitamente autobiografica dove però l’autobiografia vorrebbe naturalmente assurgere a valore universale.


Una scena del film
© Biennale Cinema 2018

Il tema di fondo non è certamente appannaggio del regista ma è un tema che percorre la vita di ciascuno (e quindi della letteratura universale): la gelosia. Non vogliamo scomodare nessuno e tanto meno la tolstoiana Sonata a Kreutzer, ma anche noi avremmo meritato di non essere scomodati così a lungo per essere testimoni dei sospetti e dei tormenti di Juan, ranchero messicano e celebre (?) scrittore, legato alla fascinosa Ester (moglie, amante, madre dei suoi figli nonché manager dell’acienda) da un amore possessivo ma anche da un patto prematrimoniale di libertà: le solite cose «tu sei libera di tradirmi ma me lo devi dire prima».



Una scena del film
© Biennale Cinema 2018

E così, quando il solito mezzuccio del telefonino dimenticato gli fa scoprire l’infatuazione della moglie per il “Gringo” Phil, cominciano i suoi tormenti e la nostra noia. Avevamo sopportato un’infinita e astrusa scena di giochi infantili sulla spiaggia e infinite sequenze di cavalcate e maneggi di tori sperando che la suggestione visiva portasse a qualcosa e ci troviamo poi nella stanza da letto e nel tinello del regista per assistere alle lunghe querelles sul possesso e sulla fedeltà. Abbiamo poi sopportato allusivi campi lunghi di lotte tra tori per il dominio del branco. Insomma abbiamo sopportato molto. Ma abbiamo ceduto quando, dopo aver spiato insieme al protagonista la moglie a far l’amore con l’ospite, ci siamo sentiti chiamati a condividere il suo dolore, riassunto nello strazio della frase: «Ho visto il tuo sguardo mentre facevi l’amore con lui, lo stesso sguardo che avevi per me, tanto tempo fa». Più o meno. Ci scusiamo con i lettori.



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La locandina

 
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