Marie Chouinard, direttrice della Biennale Danza di Venezia,
per questa dodicesima edizione del Festival Internazionale di Danza
Contemporanea si è ritagliata uno spazio suo con Radical Vitality, Solos and Duets. Una crestomazia coreografica attraverso la quale lartista
canadese presenta una “nuova versione-rework” dei suoi lavori per celebrare il
quarantennale di attività della Compagnie Marie Chouinard e proseguire il
percorso iniziato lo scorso anno.
Uno spettacolo formato da trenta pezzi tra soli e duetti come modalità
compositiva privilegiata, estrapolati da creazioni più complesse e messi in
scena in prima assoluta al Teatro Piccolo Arsenale dai danzatori della
compagnia. Un manipolo di dieci bravi e motivati ballerini che si fanno
interpreti del lavoro sul corpo fatto dalla loro fondatrice. Lavoro che ha alla
base lidea e la reificazione fisica di una danza onnivora che si nutre di
tutti i linguaggi e gli stili orchestici e si serve anche di “correlativi
oggettivi”: ovvero di oggetti di scena ideati dalla stessa Chouinard con i
quali il “segno coreografico” si carica di ulteriori significati allegorici.
Un momento dello spettacolo © Courtesy of La Biennale di Venezia - foto di A. Avezzù
Assistere a questa auto “retrospettiva chouinardiana” consente di
osservare il dispiegarsi della poetica dellartista canadese dal 1979 a oggi ritrovandovi
estratti di creazioni già viste nelle precedenti edizioni della Biennale; tuttavia
il numero dei brani e il ritmo con cui vengono proposti portano a una eccessiva
frammentarietà non sempre facile da seguire.
Proprio la profusione dei pezzi impone di trovare delle linee guida per
individuare delle costanti nei moduli del solo e del duo in un palcoscenico
animato dalla forte presenza dei danzatori. Danzatori con indosso costumi
disegnati dalla stessa coreografa, da Liz Vandal e da Louis Montpetit,
accompagnati dalle musiche di Louis Dufort, Frédéric Chopin, Charles
Santos, Rober Racine, nonché da spartiti vocali e suoni ancora di Chouinard.
Autrice questultima anche delle luci, delle video proiezioni e dellessenziale
impianto scenografico.
E dopo il Prologo A e B – il primo un solo davanti al Teatro
Piccolo Arsenale, il secondo in sala – la danza oggettuale di Marie Chouinard
appare in Royal Bell (2008) su musica
di Dufort, dallOrpheus and Eurydice, con Carol Prieur tutta in oro che mima linserimento di una campana in
vagina per poi, scuotendosi tutta, farla uscire dalla bocca. E ancora: il corpo
è protagonista nella Petite danse sans
nome (1980) in cui Catherine Dagenails-Savard urina
provocatoriamente in un secchio mostrando un perfetto equilibrio in second position.
Un momento dello spettacolo © Courtesy of La Biennale di Venezia - foto di A. Avezzù
In Sunday Morning, May 1955 (1979),
Sébastien Cossette-Masse balla al suono delle campane, mentre in A Few Ways to Quietly Make My Way to (1980)
Dagenails-Savard, in nero e
come cieca, compie una serie di movimenti lenti sulla musica di Dufort, flessuosi
delle braccia e delle gambe di notevole impatto visivo.
La danza onnivora della Chouinard trionfa in Earthquake in the Heartchakra (1984) su musica di Charles Santos,
con la fagocitazione della danza accademica a opera di Morgane Le Tiec
che trasforma le linee classiche in legati disarmonici e sincopati.
Il furore iconoclastico continua in Last Part (2001), musica di Dufort ancora con Carol Prieur la quale, calzando
stranianti scarpe da tip tap, si esibisce in una coinvolgente danza sinusoidale
e distonica che riecheggia la Morte del
cigno di Saint-Saëns.
Davvero sorprendente è S.T.A.B
(Space, Time and Beyond, 1986) con Motrya Kozbur. Un solo demoniaco
e luciferino con una enorme coda tentacolare che parte dalla testa e avvolge la
ballerina costringendola a un movimento strisciante, fino a quando laccensione
virtuale delle fiamme dellInferno la porta via. Sempre lei è la protagonista
di Visage (2001-2018), musica di
Dufort: circondata da un cerchio di luce, la danzatrice si concentra sulla
respirazione diaframmatica. Mentre su Scott McCabe in No Arms Solo (1991) cadono fiocchi di
neve che si trasformano in una camicia di forza.
Un momento dello spettacolo © Courtesy of La Biennale di Venezia - foto di A. Avezzù
In Paideia Duet (1991) il
duo Sacha Ouellette-Deguire e Carol Prieur salta a turno ed emette suoni
gutturali intervallati da profondi respiri; in Solo (2000), musica di Dufort, il trio Scott McCabe, Clémentine
Schindler e Sébastien Cossette-Masse esegue individualmente
variazioni singole come studi di movimento; in Swing Duet (1999), sui Preludes
di Chopin, Ouellette-Deguire
introduce Clémentine che, sulle punte, si cimenta in anticlassici fouettés. Nella penombra di Ghost Duet
(2010-2012), su note di Dufort, McCabe e Valeria Galluccio inscenano
un rapporto sessuale.
Hand Duet (2001-2018) con Galluccio e Kozbur resta impresso per il gioco
delle mani e delle dita proiettato in tempo reale su un enorme schermo; mentre
in Cryin-Laughing duet (2010), ancora
su musica di Dufort, Ouellette-Deguire e Dagenais-Savard, sempre in tempo
reale, proiettano su un video le smorfie di un volto in primo piano.
Un momento dello spettacolo © Courtesy of La Biennale di Venezia - foto di A. Avezzù
In Ouch! Duet e Whale and Three times gould e Saint-Sébastien i protagonisti Sébastien
Cossette-Masse, Morgane Le Tiec, McCabe, Dagenais-Savard e Kozbur
ballano con dei tutori richiamando Body Remix/Goldberg
Variations (2005).
Infine due pezzi musicalmente “dufortiani” riuniscono lintera
Compagnia con The Ladies Crossing (2010)
in cui tutti indossano volti di cartapesta di vecchie signore,e ballano come John
Travolta ne La febbre del sabato sera.
Nel Finale (2010) i volti sono quelli
di bambini paffutelli e sorridenti. Danza oggettuale e onnivora quella di Marie Chouinard per unedizione della Biennale che resta un punto di riferimento internazionale anche nellassegnare i suoi prestigiosi riconoscimenti. In questo 2018 il Leone dOro alla carriera è andato alla dancemaker americana Meg Stuart e il Leone dArgento alla coreografa capoverdiana Marlene Montenero Freitas.
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