E se la musica in questione è quella straordinaria del compositore tedesco (cui la De Keersmaeker torna dopo Toccata del 1993, Zeitung del 2008 e Partita 2 del 2013), la danza è l“altra danza” di De Keersmaeker. Una danza tutta sua, espressione del suo personale sentire e considerare il movimento svincolato da codici estetici, vincolato piuttosto a principi geometrici e basato su direzioni orizzontali e verticali. Una “pratica coreografica” favorita anche dal gusto per la meticolosa ripetizione di passi e sequenze e dallaccumulazione di una gestualità quotidiana al fine di dialogare in modo naturale e istintivo con la musica.
Un momento dello spettacolo
© Anne Van Aerschot
Il cimento della coreografa non è da poco. Non concede nulla alla suadente liricità della danza accademica o alla potente corposità di quella contemporanea, bensì indaga linnata arte di muoversi accompagnata e stimolata dalla partitura bachiana in uno scambio di sensazioni ed emozioni.
Lo stesso titolo, che coincide con la prima parte della traduzione di Martin Lutero della frase latina Media vita in morte sumus («Mitten wir im Leben sind / mit dem Tod umfagen», “Nel mezzo della vita, noi siamo/circondati dalla morte”), lascia in sospeso il memento dellineluttabile presenza della morte a favore della vita. Quella vita che per lartista si sprigiona e reifica nel connubio musica-danza/danza-musica.
E la certezza della vita, di contro alla certezza della morte, trova la sua espressione nelleternità del capolavoro delle Suites bachiane, nellazione danzata dei protagonisti Boštjan Antončič, Marie Goudot, Julien Monty, Michaël Pomero e Femke Gyselinck (che sostituisce per infortunio la De Keersmaeker), nei semplici costumi di An DHuys e nella geometrica struttura della creazione. Una creazione-produzione della Compagnia Rosas, il gruppo fondato dalla coreografa nel 1983.
Un momento dello spettacolo
© Anne Van Aerschot
Per ogni Suite De Keersmaeker ricorre ai moduli espressivi del solo, del duetto, del terzetto, del quartetto, del quintetto che si relazionano con lo spazio scenico disegnato con nastri colorati; affronta un preciso tema emotivo e assegna al violoncellista una differente collocazione (di spalle, di fianco, di fronte).
Così nella prima Suite vige larmonia espressa dal solo del ballerino che si muove tra cadute e rebounds (rimbalzi), equilibri, giravolte e movimenti a terra per lasciare il posto alla seconda Suite. Un pezzo più intimista in cui una coppia dà vita a una danza di matrice espressionista in un continuo fluire di figure musicali.
La joie de vivre prende il sopravvento nella terza Suite rappresentata da un danzatore che fagocita lo spazio con salti, giri, pseudo-arabesques, corse, prove di equilibrio, fughe e ritorni allinsegna del motto “fai con il corpo quello che la musica ti suggerisce”.
Con la quarta Suite latmosfera cambia perché due interpreti tracciano sul palcoscenico linee colorate e lasciano a un ballerino la libertà di muoversi dentro e fuori il disegno, reiterando gesti e passi con garbata solennità.
Figura stilistica della quinta Suite è il duetto, prima maschile e femminile poi tutto al femminile, in un connubio strettissimo con la musica e la danza barocche tra riprese, reverences, contretemp e aggraziati ports de bras, fino ad arrivare a una pausa musicale in cui lastrattezza dellaltra danza di Anne Teresa si fa ancora più palese.
Un momento dello spettacolo
© Anne Van Aerschot
La luce ideata da Luc Schaltin è il suggello finale della sesta Suite che vede il quintetto esibirsi singolarmente e coralmente in un inno alla vita per esorcizzare la morte sempre in agguato.
Dopo aver debuttato il 26 agosto del 2017 al Festival Musicale Ruhrtriennale in Germania, ora in Italia grazie alla collaborazione tra Fabbrica Europa, Teatro del Maggio Musicale Fiorentino e Teatro della Toscana, Mitten wir im Leben sind è un lavoro di indubbio spessore creativo e intellettuale. Unardua prova di cui non vanno sottovalutati i rischi nellaffrontare la monumentalità di Bach. Gli applausi calorosi e convinti della Pergola apprezzano la sfida e onorano una coreografa che ha segnato la danza del Novecento.