Questa
sera si recita a soggetto, terza opera della trilogia metateatrale
di Pirandello (1929), costituisce il maturo approdo di una riflessione per
niente pacifica in merito allequilibro tra le tre anime che occupano la scena:
lautore, il regista e lattore. Partitura estremamente composita,
espressionista nel suo strutturarsi per quadri, ed epica di unepicità “brechtiana”,
la pièce ammicca ai manifesti del teatro futurista con, al fondo, un intento
conservatore. Pirandello, fresco dellesperienza di direttore del Teatro dArte
di Roma, pur avendo potuto testare di persona la funzione critica del regista e
la necessità dellapporto attoriale, è convinto della supremazia dellautore, autore-direttore.
A stupire oggi di questa commedia non sono i concetti
metateatrali, e neanche il finto pubblico, che probabilmente sarebbe meglio
abolire. Le caratteristiche vincenti del testo sono piuttosto la libertà e la duttilità, aspetti sottolineati dallallestimento di Marco Bernardi. Il regista del Teatro
Stabile di Bolzano, grazie alla freschezza di una compagnia di ottimi attori,
mette in scena il senso della libertà compositiva dellopera, riuscendo a “movimentare-veicolare”
il vero pubblico, nel nostro caso gli spettatori del Teatro Verdi di Padova.
Un momento dello spettacolo © T. Le Pera
Come noto, il canovaccio evocato nel titolo racconta
la storia torbida di una famiglia dalla mentalità sfrontatamente aperta –
padre, madre e quattro figlie in età da marito (Totina, Mommina, Dorina e
Nerina) – alle prese con i pregiudizi dellentroterra siciliano religioso e
bigotto, scandalizzato dalle abitudini libertine di casa La Croce,
quotidianamente frequentata da gruppi di giovani ufficiali. Gli
attori-personaggi si impegnano a interpretare la vicenda coordinati dal
direttore Hinkfuss, deus ex machina
vituperato e infine riabilitato, che parla col pubblico in sala e interrompe le
scene. Il contraltare di questo plot
è il piano metateatrale del discorso sullarte del teatro e sullinterpretazione
attoriale.
Loperazione di Bernardi si struttura per quadri
scenici, con diversi livelli di cornici scenografiche (di Gisbert Jaekel): il sipario, il box
set, i palchetti del teatro. La compagnia mette in scena gli anni Trenta: larredamento
depoca delle diverse camere, le serate di lustrini al café chantant, i costumi vezzosi (di Roberto Banci). Massimo Polo
sottolinea lambiguità e il “grottesco” di questa ricostruzione “disegnando”
luci raffinatissime: dal quadro del café
chantant a quello “nero” del finale. Due prove di virtuosismo tecnico.
Lo spazio scenico del locale notturno è inquadrato da
una grande cornice dorata, da cui si può intravedere l“americana”. Struttura
metallica e cornice sono il box set
entro il quale è costruito il café – palco,
tavoli, bancone e avventori – assiduamente
frequentato dallIngegnere La Croce-Carlo
Simoni. La scena è velata da una superficie trasparente retroilluminata in
modo da creare unatmosfera intrisa di fumo e malinconia, portatrice di
infausti presagi.
Una lite scoppiata durante i bivacchi notturni causa il
ferimento a morte del padre e introduce grottescamente il quadro più divertente
dello spettacolo: “la morte in scena”. Protagonista ne è lo splendido Simoni, svagato
e fischiettante, beffato e contento, che morendo si prende la sua rivincita
privando la famiglia della stabilità economica di cui era garante. Grandattore
offeso dal pressappochismo di direttore e compagni, costruisce la scena sul
rifiuto a rappresentare. Non recita la parte, la dice. Il risultato straniante
è comicissimo.
Un momento dello spettacolo © T. Le Pera
La morte segna un passaggio di atmosfera, dal caldo al
freddo. La scena si incupisce seguendo lumore degli attori-personaggi. Lautore
ci racconta lincubo, così attuale, della relazione “malata” tra lufficiale
Verri-Corrado dElia e Mommina-Irene Villa. Nel quadro “nero” le luci
sono quelle tetre di un carcere morale. La gelosia sconsiderata induce luomo a
rinchiudere la moglie in una gabbia che è anzitutto psicologica: una sedia al
centro del palcoscenico nudo e buio, serrato da tre alte parapettate, la mente è
inibita da frustrazioni e umiliazioni. Verri è dominato dalla gelosia più
pericolosa e insinuante, quella del passato, quella che neppure la violenza può
acquietare e che lo porta alla follia. Gli attori cominciano a questo punto a “rappresentare”:
la linea interpretativa si fa naturalistica, Villa e dElia catturano il
pubblico e ne ritmano il respiro.
Lo spettacolo, che celebra lanniversario pirandelliano,
prende in contropiede le manifestazioni novembrine contro la violenza sulle
donne. Un #PirandelloPink che punta il dito, forse senza neanche troppo studio,
contro la più vigliacca delle violenze, quella nascosta tra le mura domestiche.
Lintento è raggiunto. Saranno anche passati centocinquantanni dalla nascita
di Pirandello, ma come avviene per i classici, la sua drammaturgia è più che
mai contemporanea.
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