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Il teatro dei registi più un sottotitolo #Pirandellopink

di Chiara Schepis
  Questa sera si recita a soggetto
Data di pubblicazione su web 05/12/2017  

Questa sera si recita a soggetto, terza opera della trilogia metateatrale di Pirandello (1929), costituisce il maturo approdo di una riflessione per niente pacifica in merito all’equilibro tra le tre anime che occupano la scena: l’autore, il regista e l’attore. Partitura estremamente composita, espressionista nel suo strutturarsi per quadri, ed epica di un’epicità “brechtiana”, la pièce ammicca ai manifesti del teatro futurista con, al fondo, un intento conservatore. Pirandello, fresco dell’esperienza di direttore del Teatro d’Arte di Roma, pur avendo potuto testare di persona la funzione critica del regista e la necessità dell’apporto attoriale, è convinto della supremazia dell’autore, autore-direttore.

A stupire oggi di questa commedia non sono i concetti metateatrali, e neanche il finto pubblico, che probabilmente sarebbe meglio abolire. Le caratteristiche vincenti del testo sono piuttosto la libertà e la duttilità, aspetti sottolineati dall’allestimento di Marco Bernardi. Il regista del Teatro Stabile di Bolzano, grazie alla freschezza di una compagnia di ottimi attori, mette in scena il senso della libertà compositiva dell’opera, riuscendo a “movimentare-veicolare” il vero pubblico, nel nostro caso gli spettatori del Teatro Verdi di Padova.



Un momento dello spettacolo
© T. Le Pera

Come noto, il canovaccio evocato nel titolo racconta la storia torbida di una famiglia dalla mentalità sfrontatamente aperta – padre, madre e quattro figlie in età da marito (Totina, Mommina, Dorina e Nerina) – alle prese con i pregiudizi dell’entroterra siciliano religioso e bigotto, scandalizzato dalle abitudini libertine di casa La Croce, quotidianamente frequentata da gruppi di giovani ufficiali. Gli attori-personaggi si impegnano a interpretare la vicenda coordinati dal direttore Hinkfuss, deus ex machina vituperato e infine riabilitato, che parla col pubblico in sala e interrompe le scene. Il contraltare di questo plot è il piano metateatrale del discorso sull’arte del teatro e sull’interpretazione attoriale.

L’operazione di Bernardi si struttura per quadri scenici, con diversi livelli di cornici scenografiche (di Gisbert Jaekel): il sipario, il box set, i palchetti del teatro. La compagnia mette in scena gli anni Trenta: l’arredamento d’epoca delle diverse camere, le serate di lustrini al café chantant, i costumi vezzosi (di Roberto Banci). Massimo Polo sottolinea l’ambiguità e il “grottesco” di questa ricostruzione “disegnando” luci raffinatissime: dal quadro del café chantant a quello “nero” del finale. Due prove di virtuosismo tecnico. 

Lo spazio scenico del locale notturno è inquadrato da una grande cornice dorata, da cui si può intravedere l’“americana”. Struttura metallica e cornice sono il box set entro il quale è costruito il café – palco, tavoli, bancone e avventoriassiduamente frequentato dall’Ingegnere La Croce-Carlo Simoni. La scena è velata da una superficie trasparente retroilluminata in modo da creare un’atmosfera intrisa di fumo e malinconia, portatrice di infausti presagi.

Una lite scoppiata durante i bivacchi notturni causa il ferimento a morte del padre e introduce grottescamente il quadro più divertente dello spettacolo: “la morte in scena”. Protagonista ne è lo splendido Simoni, svagato e fischiettante, beffato e contento, che morendo si prende la sua rivincita privando la famiglia della stabilità economica di cui era garante. Grand’attore offeso dal pressappochismo di direttore e compagni, costruisce la scena sul rifiuto a rappresentare. Non recita la parte, la dice. Il risultato straniante è comicissimo.



Un momento dello spettacolo
© T. Le Pera

La morte segna un passaggio di atmosfera, dal caldo al freddo. La scena si incupisce seguendo l’umore degli attori-personaggi. L’autore ci racconta l’incubo, così attuale, della relazione “malata” tra l’ufficiale Verri-Corrado d’Elia e Mommina-Irene Villa. Nel quadro “nero” le luci sono quelle tetre di un carcere morale. La gelosia sconsiderata induce l’uomo a rinchiudere la moglie in una gabbia che è anzitutto psicologica: una sedia al centro del palcoscenico nudo e buio, serrato da tre alte parapettate, la mente è inibita da frustrazioni e umiliazioni. Verri è dominato dalla gelosia più pericolosa e insinuante, quella del passato, quella che neppure la violenza può acquietare e che lo porta alla follia. Gli attori cominciano a questo punto a “rappresentare”: la linea interpretativa si fa naturalistica, Villa e d’Elia catturano il pubblico e ne ritmano il respiro.

Lo spettacolo, che celebra l’anniversario pirandelliano, prende in contropiede le manifestazioni novembrine contro la violenza sulle donne. Un #PirandelloPink che punta il dito, forse senza neanche troppo studio, contro la più vigliacca delle violenze, quella nascosta tra le mura domestiche. L’intento è raggiunto. Saranno anche passati centocinquant’anni dalla nascita di Pirandello, ma come avviene per i classici, la sua drammaturgia è più che mai contemporanea.


Questa sera si recita a soggetto
cast cast & credits
 



Un momento dello spettacolo visto al Teatro Verdi di Padova il 29 ottobre 2017
© T. Le Pera


 
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