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Un Goldoni di baruffe e risate

di Chiara Schepis
  Le baruffe chiozzotte
Data di pubblicazione su web 22/11/2017  

Rivivono i classici al Teatro Verdi di Padova e in particolare Carlo Goldoni. Dalla passata stagione, per merito della fiducia che lo Stabile Veneto continua a dare a registi che scelgono queste sfide, l’autore veneziano non smette di divertire il suo pubblico. Se lo scorso anno Giorgio Sangati aveva diretto un coloratissimo Arlecchino e una versione black and white di Le donne gelose, per questo cartellone Paolo Valerio propone una versione effervescente di Le baruffe chiozzotte supportato dalla revisione drammaturgica di Piermario Vescovo, esempio, questo, di collaborazione efficace tra “accademia” e teatro.



Un momento dello spettacolo
© Claudio Martinelli

Su una scena che bilancia terragno e aereo, colori evanescenti di albe e tramonti che scandiscono la quotidianità dei personaggi e legno contro legno di sedie sbattute e suolo calpestato, Antonio Panzuto ci presenta la sua Chioggia. La scena riproduce lo spiazzo tra le abitazioni di due famiglie, quella di Padron Toni, Giancarlo Previati, e quella di Patron Fortunato, interpretato con strepitosa e genuina comicità da Valerio Mazzucato. Sono loro i padri nobili delle due contrapposte fazioni di donne, vere protagoniste della commedia goldoniana: Lucietta e Madonna Pasqua (Marta Richeldi e Michela Martini), Madonna Libera, Orsetta e Checca, rispettivamente interpretate da Stefania Felicioli, Francesca Botti e Margherita Mannino. Sono loro a manovrare, attraverso insinuazioni, pettegolezzi e sensualità popolana, la schiera degli amorosi pescatori e faccendieri Titta Nane-Francesco Wolf, Beppo-Riccardo Gamba e Toffolo-Luca Altavilla.

Questa ben assortita compagnia affronta la pièce con energia e rigore regalando spensieratezza alla platea. Gli attori padroneggiano efficacemente la lingua chiozzotta, assumendo un ruolo che in età grandattorica diremmo da caratterista o “brillante”. Costruiscono personaggi a tutto tondo ammiccando a una compagnia amatoriale che si cimenta con la Commedia dell’Arte. Questo doppio registro scenico garantisce allo spettacolo quella vis comica che colma i vuoti di comprensione che il dialetto porta con sé.



Un momento dello spettacolo
© Claudio Martinelli

Le risate e i momenti di estrema comicità lasciano spazio a immagini quasi bucoliche sostenute dalle luci di Enrico Berardi. È la illuminotecnica a dettare il tempo della messinscena.  Luci rosee e chiare all’inizio. Più calde sul fare del pranzo. Viola al tramonto. Blu-verdaste all’arrivo dei pescatori. Luci che avvolgono le faccende quotidiane: il ricamo delle donne, lo scarico delle merci degli uomini che giungono dal fondo della scena dove si intravede un molo, il venditore di semi di zucca e il rientro in casa sul fare della sera. La dialettica costante tra lirismo e popolaresco segna il ritmo della narrazione anche a livello sonoro: si passa da un silenzio rotto solo dai rumori del paese, alla squillante partitura di voci, strilli, richiami.

Il “popolare”, si sa, è già nel testo: i nomignoli degli attori, i fraintendimenti che si attivano nella reazione tra il dialetto e la lingua della legge del Cogitore-Piergiorgio Fasolo, sempre veneziano, ma più forbito. L’escamotage della baruffa e del diverbio legale dà modo a Goldoni di approntare per ogni comico lo spazio del proprio numero. Il più esilarante è quello di Fortunato-Mazzucato al cospetto del Cogitore. Le caratteristiche linguistiche e paralinguistiche della sua interpretazione, balbuzie e accelerazione del discorso, si fondono in questo assolo dando vita a un grammelot semplice, diretto, divertentissimo. La gestica dell’attore si riempie di tic e movimenti spezzati, mentre la sua mimica si fa discreta e si assesta nella maschera di Arlecchino, falso sciocco, ma che di certo ne sa più degli altri.



Un momento dello spettacolo
© Claudio Martinelli

Le baruffa causata da tensioni e gelosie sfuma nell’immancabile lieto fine della commedia, momento che segue il trambusto del quarto atto e porta al triplo matrimonio che aggiusta le coppie in attesa del lungo inverno. Gli attori si concedono ai festeggiamenti e agli applausi salutando il pubblico con una danza benaugurante che ci consiglia di affrontare le baruffe di ogni giorno con uno sberleffo e un occhiolino. 




Le baruffe chiozzotte
cast cast & credits
 




Un momento dello spettacolo visto al Teatro Verdi di Padova il 12 novembre scorso
© Claudio Martinelli


 
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