Rivivono
i classici al Teatro Verdi di Padova e in particolare Carlo Goldoni. Dalla passata
stagione, per merito della fiducia che lo Stabile Veneto continua a dare a
registi che scelgono queste sfide, lautore veneziano non smette di divertire
il suo pubblico. Se lo scorso anno Giorgio
Sangati aveva diretto un coloratissimo Arlecchino
e una versione black and white di Le donne gelose, per questo cartellone Paolo Valerio propone una versione
effervescente di Le baruffe chiozzotte
supportato dalla revisione drammaturgica di Piermario Vescovo, esempio, questo, di collaborazione efficace tra “accademia”
e teatro.
Un momento dello spettacolo © Claudio Martinelli
Su
una scena che bilancia terragno e aereo, colori evanescenti di albe e tramonti
che scandiscono la quotidianità dei personaggi e legno contro legno di sedie
sbattute e suolo calpestato, Antonio Panzuto
ci presenta la sua Chioggia. La scena riproduce lo spiazzo tra le abitazioni di
due famiglie, quella di Padron Toni, Giancarlo
Previati, e quella di Patron Fortunato, interpretato con strepitosa e
genuina comicità da Valerio Mazzucato.
Sono loro i padri nobili delle due contrapposte fazioni di donne, vere protagoniste
della commedia goldoniana: Lucietta e Madonna Pasqua (Marta Richeldi e Michela
Martini), Madonna Libera, Orsetta e Checca, rispettivamente interpretate da
Stefania Felicioli, Francesca Botti e Margherita Mannino. Sono loro a manovrare, attraverso insinuazioni,
pettegolezzi e sensualità popolana, la schiera degli amorosi pescatori e
faccendieri Titta Nane-Francesco Wolf,
Beppo-Riccardo Gamba e Toffolo-Luca Altavilla.
Questa
ben assortita compagnia affronta la pièce
con energia e rigore regalando spensieratezza alla platea. Gli attori
padroneggiano efficacemente la lingua chiozzotta, assumendo un ruolo che in età
grandattorica diremmo da caratterista o “brillante”. Costruiscono personaggi a
tutto tondo ammiccando a una compagnia amatoriale che si cimenta con la Commedia
dellArte. Questo doppio registro scenico garantisce allo spettacolo quella vis comica che colma i vuoti di
comprensione che il dialetto porta con sé. Un momento dello spettacolo © Claudio Martinelli
Le
risate e i momenti di estrema comicità lasciano spazio a immagini quasi
bucoliche sostenute dalle luci di Enrico
Berardi. È la illuminotecnica a dettare il tempo della messinscena. Luci rosee e chiare allinizio. Più calde sul
fare del pranzo. Viola al tramonto. Blu-verdaste allarrivo dei pescatori. Luci
che avvolgono le faccende quotidiane: il ricamo delle donne, lo scarico delle
merci degli uomini che giungono dal fondo della scena dove si intravede un molo,
il venditore di semi di zucca e il rientro in casa sul fare della sera. La
dialettica costante tra lirismo e popolaresco segna il ritmo della narrazione
anche a livello sonoro: si passa da un silenzio rotto solo dai rumori del
paese, alla squillante partitura di voci, strilli, richiami.
Il
“popolare”, si sa, è già nel testo: i nomignoli degli attori, i fraintendimenti
che si attivano nella reazione tra il dialetto e la lingua della legge del
Cogitore-Piergiorgio Fasolo, sempre
veneziano, ma più forbito. Lescamotage
della baruffa e del diverbio legale dà modo a Goldoni di approntare per ogni comico
lo spazio del proprio numero. Il più esilarante è quello di Fortunato-Mazzucato
al cospetto del Cogitore. Le caratteristiche linguistiche e paralinguistiche
della sua interpretazione, balbuzie e accelerazione del discorso, si fondono in
questo assolo dando vita a un grammelot
semplice, diretto, divertentissimo. La gestica dellattore si riempie di tic e
movimenti spezzati, mentre la sua mimica si fa discreta e si assesta nella
maschera di Arlecchino, falso sciocco, ma che di certo ne sa più degli altri.
Un momento dello spettacolo © Claudio Martinelli
Le
baruffa causata da tensioni e gelosie sfuma nellimmancabile lieto fine della
commedia, momento che segue il trambusto del quarto atto e porta al triplo
matrimonio che aggiusta le coppie in attesa del lungo inverno. Gli attori si
concedono ai festeggiamenti e agli applausi salutando il pubblico con una danza
benaugurante che ci consiglia di affrontare le baruffe di ogni giorno con uno
sberleffo e un occhiolino.
|
|