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Il testo protagonista

di Giulia Bravi
  Richard II
Data di pubblicazione su web 18/11/2017  

Come rappresentare Shakespeare oggi? È un problema condiviso dalla scena contemporanea con risultati talvolta infelici. Come e perché riproporre uno dei testi shakespeariani meno accattivanti per il pubblico odierno come Richard II? Scritto presumibilmente intorno al 1595, il dramma storico porta in scena una vicenda ambientata alla fine del XIV secolo. Una distanza considerevole, non solo cronologica, rispetto alla sensibilità odierna. 

Un’impresa impervia quella affrontata da Peter Stein per questa produzione del Teatro Metastasio di Prato. Il regista tedesco, non nuovo alla drammaturgia shakespeariana, ha scelto la traduzione di Alessandro Serpieri perché più accessibile e fedele all’originale. Lavoro lungo e accurato abbinato a un laboratorio per giovani attori diretto dallo stesso Stein.



Un momento dello spettacolo
© Paolo Porto

Richard II, si sa, è una complessa riflessione circa il potere e le sue ripercussioni sulla natura umana. Porta  in scena la storia di un giovane re salito al trono per discendenza divina che macchia la corona ingiustamente e per questo è deposto. L’opera si interroga sulla legittimità da parte dell’uomo di togliere il potere a un sovrano ingiusto. I temi sono attuali: l’eterno conflitto tra interessi personali, fragilità umane e ideali politici raccontati attraverso scontri generazionali. Guerra e violenza. Una violenza vissuta verbalmente e mai manifestata in scena. È il tono della voce a dissiparne l’energia, facendosi più intenso man mano che il testo emerge quale vero e unico protagonista. Il registro recitativo è aulico e raramente ironico nelle poche scene confidenziali tra il sovrano e i suoi fidi che vivono nell’ambiguità (anche sessuale). 

La scenografia di Ferdinand Woegerbauer, caratterizzata da forme geometriche astratte e dominata da tinte bianche e nere, disegna le linee prospettiche di uno spazio scenico spoglio. Solo “pareti”, nient’altro. In questa sorta di “studio” cinematografico i luoghi sono definiti drammaturgicamente dal colore delle luci sullo sfondo, “didascalie” scarne di un immaginario collettivo.



Un momento dello spettacolo
© Paolo Porto

In contrasto con la semplicità delle scene, i personaggi indossano accurati costumi d’epoca disegnati da Anna Maria Heinreich, caratterizzati da oggetti e colori simbolo del potere: il trono ligneo, la corona e lo scettro dorato. Dietro il trono ammiriamo in tutto il suo splendore il cervo bianco, stemma di Riccardo II, che decora il retro del celebre Dittico Wilton mostrando il sovrano inginocchiato di fronte alla Vergine Maria. La sua elezione divina è così rafforzata, in contrasto con l’autoelezione politica del suo avversario, Henry Bolingbroke (Alessandro Averone). Assente il personaggio della regina Isabella, a indossare le vesti di Riccardo II è Maddalena Crippa. Una soluzione non originale, quella en travesti, che però mette in risalto le qualità e le doti artistiche dell’attrice, attenta a mostrarci le due personalità del protagonista, quella pubblica e quella privata, facendosi interprete biunivoca della regalità maschile e femminile.


Lo spettacolo ruota intorno al dualismo tra qualcosa che per noi suona antico, lontano, e l’umanità che ci appartiene, che Stein propone come in una sorta di “teatro-museo” nel quale non c’è nulla di “realistico” o di “caratterizzante”. In questo vuoto spazio-temporale i personaggi agiscono come figure di un quadro animato: mai disposti casualmente seguono una simmetria ai limiti del caricaturale. Con i piedi ben radicati in terra, muovono prevalentemente il busto e le braccia; la parola è invece dinamica, ritmicamente cadenzata: un effetto di ritualità evidenziato dai suoni lunghi e dagli accenti vocali degli attori. 


Un momento dello spettacolo
© Paolo Porto

«La rabbia dev’essere trattenuta» dichiara Riccardo e così è. Sulle tavole del palcoscenico non restano che attori e simboli, fantasmi senza luogo, senza spazio, senza teatro. E, in fondo, cosa può dirci ancora oggi Shakespeare? Questa di Stein è una possibile risposta. Nonostante la lunghezza e le difficoltà testuali, il ritmo dello spettacolo è lineare e scorrevole. Uno spettacolo d’autore. Alta la qualità della recitazione “non naturalistica”, individuale e corale. Spicca Paolo Graziosi (Duca di Lanchester) in una messinscena dove il regista rispetta ed esalta il testo e gli attori, senza forzature. 




Richard II
cast cast & credits
 


Un momento dello spettacolo visto il 25 ottobre scorso al Teatro Metastasio di Prato
© Paolo Porto


 
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