Preceduto dalla fama per il
Premio Pulitzer ricevuto nel 2013, si rappresenta in Italia lopera del
drammaturgo statunitense dorigini pakistane Ayad Akhtar. Il testo è programmaticamente paragonato a una «moderna
tragedia greca, ambientata in una Manhattan ricca, colta e liberale» (dal
programma di sala). Subito verificabile è la coincidenza delle coordinate ambientali;
meno saliente il carattere tragico annunciato, forse nascosto nelle pieghe più
profonde delle personalità rappresentate. Il protagonista è addirittura
percepito quale «moderna figura shakespeariana» (ibid.)
dal traduttore e regista Jacopo
Gassmann, che trasfonde nei propri collaboratori il senso duna pervasiva
fragilità, duna angosciosa incertezza, inerente allidentità individuale e
sociale di queste figure decisamente contemporanee.
Coppia benestante, Emily e Amir vivono
nel loro appartamento arredato allultima moda. Pittrice lei, avvocato
finanziario lui. In apertura, luomo posa per un ritratto che la moglie sta
fissando in abbozzo sul cartone. Belluomo dorigine iraniana, lattore Hossein Taheri offre il volto ieratico
e il busto in abito raffinato. Scalzo, senza pantaloni, mostra le estremità
inferiori, nella condizione richiesta dallartista che si ispira a Velázquez. Emily (Lisa Galantini, di dolce, figurativa femminilità occidentale) passa
dallattenzione creativa a un approccio effusivo, di tenerezza più esplicita,
al quale luomo non corrisponde, con un gesto in seguito ripetuto.
Un momento dello spettacolo © Donato Aquaro
Il sopraggiungere del nipote di
Amir introduce la situazione-chiave del racconto: i conflitti religiosi in USA,
impastati con i rapporti sociali e di lavoro, dalle conseguenze spesso determinanti
sui destini implicati. Lo scambio allarmato fra zio e nipote riguarda larresto
dellimam frequentato dal giovane suo seguace. Lavvocato, se pure a distanza e
contro voglia, ne resta implicato, tanto che un articolo sfavorevole sul
giornale sarà concausa della sua caduta in disgrazia presso lagenzia in cui
lavora. Lesperto di finanze ha indossato la mentalità americana (gliela
rimproverano i suoi parenti tradizionalisti) e non nasconde il suo disprezzo
per i pregiudizi dei musulmani. In ciò lo contrasta la moglie, impegnata in una
ricerca sullarte islamica, che ritiene comparabile a quella greca e romana e che
le fornisce fonte dispirazione sempre più coinvolgente. Un primo confronto in
ambito estetico è occasionato dalla visita di Isaac (Francesco Villano), un mercante e gallerista che considera la
pittura di Emily riferibile a quella di Constable.
Durante un invito a cena, Isaac e
sua moglie Jory (Saba Anglana) svelano
che Emily sarà invitata a unimportante mostra in allestimento. Nel clima festoso
della serata, le chiacchiere divagano sui gusti artistici e sullabbigliamento
maschile, sulla sicurezza negli aeroporti e le ragioni teologiche e di costume
di ebrei (Isaac lo è dorigine) e musulmani. Bibbia e Corano vengono citati
nella disputa che ne consegue e le convinzioni più radicate riaffiorano, come
nel ribollire dun inconscio istintivamente sincero. Le confessioni mostrano il
cambiamento più palese in Amir, che confessa lorgoglio provato per lattentato
dell11 settembre 2001. I toni diventano allora più violenti, le reciproche
accuse più dirette e dolorose. Si svela anche un passato flirt tra Emily e Isaac e si apprende lavanzamento in carriera di
Jory (anche lei avvocato) a spese di Amir, penalizzato dalle sue sospette simpatie
politicamente scorrette.
Un momento dello spettacolo © Donato Aquaro
La confessione di debolezza della
moglie al marito completa il disastro che investe la figura e il destino del
personaggio allapparenza più sicuro e affermato. Nella sua drammatica trasformazione,
Amir subisce unaltra fase regressiva quando cede allimpulso violento e
picchia la moglie, come si vede attraverso la vetrata di fondo; e la moglie
labbandona. Poi viene giudicato anche dal nipote (Lorenzo De Moor, con il copricapo del fedele, ormai perseguito
dallF.B.I.) che lo condanna per il tradimento degli ideali e per sé rivendica
dignità nuova: «Loro hanno conquistato il mondo… ora ci riprendiamo ciò che ci
hanno preso». Una sommatoria negativa che giustifica il titolo. Nellappartamento
abbandonato e svuotato, Amir, infine, sfascia linvolucro del suo ritratto, senza
riuscire a vederlo, nel buio conclusivo.
In un impianto realistico
novecentesco, il dialogo assorbe tutte le energie espressive degli attori. La
sua precisione lascia poco spazio alle latenze del sottotesto eventuale, mentre
il titolo non tradotto sottende le insidie delloriginale e conserva la sua
polivalenza semantica. Viene in mente Glengarry
Glen Ross di David Mamett (1984),
ma più insistito nella dissertazione tematica e con maggiori sfumature nella partitura
verbale. La recitazione neo-realistica mostra fluidità di ritmo: proprio
allapice della polemica, sovrapposizioni, conflitti, scatti ed esitazioni
trovano convincente sfogo negli interpreti. Hossein Taheri confida nel phisyque du rôle senza abusarne,
riuscendo a sostenere fino in fondo lambiguità fra la dipendenza evidente dal
passato (causa di crisi, delusione e sfiducia) e, nel crollo, la ricerca dellaccettazione
per non cedere alla disperazione. Lisa Galantini sottolinea forse più la
vocazione affettiva e sentimentale che non la passione artistica, tratta
dallintuizione originale che la distingue e sulla quale rende testimonianza
efficace. Francesco Villano è più diretto e semplice (non semplificato) nel
denunciare i moventi di Isaac, alimentati dallebraismo in sordina comunque presente
ma dominato.
Un momento dello spettacolo © Donato Aquaro
Un universo comprensibilmente
attualizzato, con qualche scompenso nel trasmettere lavvertita polivalenza del
copione, per una vicenda alla quale si è
chiamati a partecipare, a comprendere e civilmente a compatire. Scenografia
perfetta per distacco oggettivo dallemozione, phatos che viene reintrodotto dai frammenti sonori provenienti da
allarmanti distorsioni elettroniche e dalle brevi proiezioni in video che
scandiscono in dissolvenza le scene.
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