Da
qualche anno a questa parte il film dapertura della Mostra internazionale dArte
Cinematografica di Venezia ha fatto parlare di sé per molto tempo, spesso fino
alla notte degli Oscar: Gravity, Birdman e La La Land (aldilà del loro valore intrinseco) sono lì a
dimostrarlo, per cui lidea di trovarsi nuovamente davanti al “film dellanno”
è molto diffusa. E Downsizing, lultimo film di Alexander Payne (Nebraska),
sembra avere la giusta combinazione per replicare i successi precedenti: un
regista che ha saputo finora mantenere quellaura indipendente che non dispiace
a buona parte della critica e, contestualmente, costruire un ottimo rapporto anche
con un pubblico “non suo”, una star “giusta” come Matt Damon e una storia con uninsolita (per Payne) vena di
intrigante follia. Però questa volta non tutto sembra andare per il verso
giusto.
In Downsizing
il regista continua la sua serie di personaggi inetti raccontando la storia di
Paul Safranek (Damon), un americano medio che vive male le continue
frustrazioni che la vita gli riserva: avrebbe voluto fare il medico ed è solo
un fisioterapista posturale, vorrebbe offrire a sua moglie (Kristen Wiig) una casa più grande, ma
non può permettersela… La soluzione sembra arrivare dalla scienza: un
ricercatore norvegese ha messo a punto un procedimento per miniaturizzare i
corpi, ma quello che, nelle intenzioni, doveva essere un modo per salvare il
pianeta (riducendo le conseguenze della sovrappopolazione e diminuendo consumi
e inquinamento), nelle mani degli americani diventa business: vengono costruite
città per i “minuscoli” dove ognuno può permettersi la vita agiata che ha
sempre sognato. I due coniugi acconsentono di sottoporsi al trattamento. Solo Paul lo porterà a termine, senza poter
sapere che lei, nel frattempo, è scappata. Questo comporterà la sua “discesa” in
solitaria in un mondo che, nel suo “piccolo”, rivelerà avere gli stessi limiti
di quello appena lasciato.
Downsizing rappresenta il
primo vero salto di qualità del regista verso un cinema meno intimista, più
popolare e, soprattutto, produttivamente più impegnativo, come testimoniano gli
interminabili titoli di coda legati agli effetti speciali della Light e Magic.
Però, in questo salto, la regia di Payne sembra aver perduto qualcosa. Ci si
poteva aspettare un film a metà strada tra il Viaggio allucinante di Richard
Fleischer e I viaggi di Gulliver
di Swift, ma mancano sia laspetto
fantascientifico del primo sia la satira antropologica del secondo e lunico
riferimento chiaro è una premessa che arriva direttamente dallInferno di Dan Brown.
Matt Damon, Alexander Payne
Il
problema di Downsizing è quello di
procedere per accumulo di tematiche (la sovrappopolazione della terra, i limiti
della scienza, lecologia, lecologismo, lorganizzazione sociale, il rapporto
con il diverso, leguaglianza dei diritti, il capitalismo, legoismo, lo
sfruttamento, le sette, la fine del mondo…) che si smarriscono in una sequela
di stereotipi (sociali, antropologici, visivi e musicali). Persino gli effetti
speciali, inaspettatamente, ci abbandonano dove sarebbero stati più opportuni per
evidenziare la sproporzione tra i “minuscoli” e il mondo circostante. Invece
Payne sembra più attento a normalizzare le sue immagini, i suoi punti di vista,
le sue soluzioni visive e la storia stessa, quasi avesse frainteso la differenza
tra semplicità e banalità.
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