Porgy and Bess è il primo e il più conosciuto e
amato melodramma “nero”. Quello che catapulta le culture afro-americane nel nuovo
zeitgeist del Novecento. Solo in anni
successivi si registra un rinnovamento “dal basso” di strutture musicali, stilemi
e temi, grazie a spettacoli come Orfeo
Negro, fortunato film del 1959 tratto dalla piéce teatrale Orfeu da Conceição di Vinicius De Moraes, il grande intellettuale brasiliano “bianco”.
Rappresentato
per la prima volta al Colonial Theatre di Boston il 30 settembre 1935, Porgy and Bess vede la sua genesi in un complesso
ambiente interculturale di artisti esclusivamente “bianchi”, a partire da DuBose Heyward autore del romanzo Porgy (1925), e dalla moglie Dorothy Kuhns, nella versione teatrale del
1929, che enorme riscontro ebbe a Broadway.
Affascinato dal
romanzo, George Gershwin fa di tutto
per realizzarne una versione musicale. Ci riesce dopo alterne vicende nel 1934-1935,
scrivendo una partitura monstre di
oltre settecento pagine, basata principalmente sui songs, alcuni dei quali rimarranno nella memoria e nella pratica
esecutiva sia del jazz sia della musica pop, vero e proprio giacimento
inesauribile per un immaginario collettivo che si nutre sempre più della
cultura popular di Tin Pan Alley, e sempre meno della
musica euro-colta. Un momento dello spettacolo
Per queste
ragioni non interessa molto, in questa sede, il successo relativo delle prime
rappresentazioni, ma il valore che lopera ha in sé, e che progressivamente ha assunto
attraverso molteplici stratificazioni di senso conferitele dalla sua diffusione.
A partire dagli anni 40, Porgy and Bess
era già considerata un paradigma dellopera americana nel senso meno “classico”
del termine, cioè di una struttura drammaturgica e musicale del passato ma
rivitalizzata dal “nuovo” che avanza: il dixieland,
il jazz, il soul, il gospel. E non è
inutile citare, in tal senso, una lunga serie di riletture dellopera di
Gershwin da parte di grandi artisti, una per tutte, forse la migliore, quella di
Miles Davis e Gil Evans (1959).
Il plot è ancora legato allopera romantica
ottocentesca: un quartiere “afro” degradato di Charleston, Catfish Row, dove
tra giocatori dazzardo e spacciatori una giovane carnale donna, Bess,
abbandonata temporaneamente dal fuggiasco assassino Crown, irretita dallo
spacciatore dandy Sportin Life ma
amata dallonesto mendicante zoppo Porgy, scorge grazie a questo ultimo una
luce nella propria vita che, però, si spegnerà presto. Invece lambientazione,
i protagonisti e la partitura parlano il linguaggio del Nuovo Mondo (spesso
deteriore ma “vero”), quello dei neri dAmerica per i quali la vita, negli anni
20-30 del Novecento, non è una strada asfaltata ma spesso una melma
maleodorante da cui è difficile liberarsi ed emergere.
La figura di
Porgy esprime tutta la sua irrinunciabile tenerezza, ma anche una ineluttabile tragicità.
Egli arriverà a uccidere Crown per amore della sua Bess che tuttavia ancora una
volta non sopporta la solitudine e parte per New York proprio con Sportin Life.
Eppure, permane un barlume di umana speranza per il futuro: Porgy persegue
tenacemente il suo sogno damore e parte per la Grande Mela, dove forse
ritroverà quella che “sente” ancora come la sua donna. Un momento dello spettacolo
Nonostante il
successo mondiale lopera non è molto rappresentata in Italia. Grande merito va
quindi alla Fondazione Petruzzelli di Bari che lha inserita in cartellone in
questa stagione operistica. Abbiamo assistito a una proposta “chiusa”, quella
dellautorevole New York Harlem Theatre, una istituzione ultratrentennale
specializzata nel repertorio afro-americano. Il loro Porgy and Bess, già allestito ad Amburgo, Dresda, Lipsia e alla
Komische Oper di Berlino, rappresenta quanto di meglio è possibile ascoltare oggi
nel melodramma “nero”. I cantanti sono semplicemente perfetti, sia dal punto di
vista attoriale che vocale. Qualche riserva si può esprimere solo per Alvy Powell, nel ruolo maschile del
titolo, per un carente volume di emissione che, a tratti, non faceva ben
comprendere i suoi interventi (pur notevoli per intensità interpretativa e resi
più complessi dal fatto di dover cantare quasi sempre in ginocchio). Il suo
contraltare Bess, Brandie Sutton, soprano
dalla voce calda e avvolgente, potente nellemissione, affascinante e sensuale
nellinterpretare una donna “perduta”, ha suscitato grandi applausi.
Ineccepibili gli
altri cantanti: Michael Redding
(Crown), Mary-yan Pringle (Serena), Marjorie Wharton (Maria), Brittany Robinson (Clara), John Fulton (Jake), Errin D. Brooks (Robbins), Luther Lewis
(Mingo) e gli altri comprimari.
Una menzione
speciale per Jermaine Smith, un
funambolico, ammiccante, simpatico Sportin Life, vero “mascalzone” che interpreta
un ruolo molto difficile, tra songs
meravigliosi (uno fra tutti, il famosissimo It
Aint Necessarily So), parlati accompagnati, incredibili rap ante litteram, e una ecletticità e
abilità nel ballo e nei movimenti davvero rare. Un momento dello spettacolo
Tre ore di
partitura meravigliosa suddivisa in tre atti e comprendente una miriade di
canzoni (dalla incredibile forza primordiale, ma raffinatissime), come la
cullante Summertime (una ninnananna
cantata dalla finestra di una casa, unica luce in un mondo di povertà, ma con
la sua propria dignità), My Mans Gone Now,
Bess, You Is My Woman Mow, I Loves You,
Porgy e tante altre. Il blues e
lelemento “afro” emergono prepotentemente, lasciando agli interludi
orchestrali fra i songs – in un continuum musicale senza soluzione di
continuità – lemersione del cotè
colto, cui peraltro Gershwin “teneva” in egual misura rispetto a quello “afro”.
Senza sbavature
la direzione dorchestra di William
Barhymer, un veterano di Porgy and
Bess e unico bianco del N. Y. Harlem Theatre, alla guida di una Orchestra
del Teatro Petruzzelli che ha mostrato di saper ben comprendere la sostanziale
diversità musicale di una partitura come questa. La regia è affidata a Baayork Lee, grande interprete,
coreografa e regista (il celebre musical A
Chorus Line è basato sulla sua vita), con esiti che rasentano la perfezione
e grande qualità nel gestire i movimenti di scena e la prossemica fra i
protagonisti. Il coro, elemento non secondario, è stato ben preparato da Richard Cordova.
Lallestimento
scenico, di Michael Scott, è
sontuoso, molto anni 50. Ricorda certi film di quel periodo come Bulli e Pupe o West-side Story, ed è ricco di elementi fascinosi ed evocativi. Si
pensi a quelli “naturali” della foresta sullisola Kittiwah (II 2) e ai credibili
costumi di Christina Giannini. Il
corretto disegno luci è stato realizzato da Reinhard Traub.
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