Tre donne per una danza intensa, vibratile, rarefatta, che lascia il
segno, appaga e fa riflettere. Questo il feedback
di Short Stories, in scena al
Teatro Verdi di Pisa con Carolyn Carlson,
Sara Simeoni e Sara Orselli.
Assemblato ad arte, Short
Stories è un trittico di pura danza contemporanea firmato dalla stessa
Carlson che nel primo pezzo, Immersion,
si esibisce in una magistrale “danza acquatica”, e nei due successivi, Wind Woman e Mandala, affida il suo inconfondibile modo di “fare poesia di
danza” a Sara Simeoni, alle prese con il vento, e a Sara Orselli, impegnata con
lenergia delluniverso.
Tre elzeviri poetici ideati tra il 2010 e 2011 in perfetta sintonia
con la lezione coreutica e coreografica di unartista che è stata e continua a
essere un punto di riferimento della danza contemporanea. Una danza che da
sempre accoglie le più svariate declinazioni del gesto e del movimento ma non
prescinde mai dalla qualità dellazione danzata in sé e dalla bravura di chi la
restituisce.
Un momento dello spettacolo “Immersion” © Laurent
Philippe Principi assoluti in base ai quali la danza è unarte non semplice
“propagato moto” accompagnato dalla musica animata resa visiva di un pensiero
che sceglie questo tipo di restituzione come medium più congeniale. Un dato di fatto che segna il discrimen tra tanta danza contemporanea
vera e altrettanta apparente o pseudo contemporanea.
Ma Short Stories, presentato
nella stagione coreografica del Verdi in collaborazione con Fondazione Toscana
Spettacolo onlus, stimola anche unaltra riflessione: la generosità dei maestri
e la capacità di trasmettere il loro magistero artistico. Sara Simeoni e Sara
Orselli, con totale abnegazione e rispetto si fanno “restitutrici” sopraffine
dellunicità dello stile e del linguaggio “carlsoniano”. Un transfert imprescindibile di
intelligenza e sensibilità.
Sì perché Carolyn ha saputo creare un proprio idioletto orchestico
facendo tesoro della sua esperienza di “poetessa” della danza maturata in
compagnie del calibro di Alwin Nikolais
e Anne Béranger, in ruoli apicali di
direttrice e coreografa per il GRTOP (Groupe de Recherches Théatrale dellOpéra
de Paris), per il Teatro Danza La Fenice di Venezia, per il Cullberg Ballet,
per il Settore Danza della Biennale di Venezia, per lAtelier de Paris Carolyn
Carlson, per il Centro Coreografico Nazionale di Roubaix, e nella scelta di
risiedere al Théatre National de Chaillot e di
fondare la Carolyn Carlson
Company.
Un momento dello spettacolo “Wind
Woman” © Frédéric Iovino Dancemaker ormai paga di
essere premiata e osannata – il Leone dOro del 2006 alla Biennale Danza non è
che una delle tante conferme – accoglie generosamente nel suo universo poetico,
e nella Carolyn Carlson Company, Simeoni e Orselli, già al suo fianco in Inanna, una coreografia del 2005 vista in Italia nel 2006.
E Carolyn in Short Stories
come una sacerdotessa accompagna le sue adepte per ricevere gli applausi
entusiasti del pubblico. Un pubblico a cui resta impressa limmagine di
redivive Grazie foscoliane dai fluenti capelli e dalla raffinata presenza
scenica. Presenza che si coglie nella diversità dei singoli soli: il primo
limpido e puro come lacqua che lo ispira, il secondo arioso e leggero come il
vento che lo sorregge, il terzo tellurico e parossistico come la forza che lo
anima.
In Immersion la Carlson (per la prima
volta al Verdi di Pisa) danza in un flumen
di gesti e piccoli passi che, per la maggior parte en place, mimano il
movimento incessante dellacqua, fonte di vita e di ispirazione coreografica.
Fasciata da un lungo e setoso abito nero, accompagnata dalla musica di Nicolas de Zorzi e accarezzata dalle
luci di Guillaume Bonneau, Carolyn
riesce ad esprimere la leggerezza equorea perdendo fisicità e fondendosi con la
pioggia, che cade dallalto, in una metamorfosi vibratile, degna della più
allusiva poesia simbolista.
E il simbolismo si ripresenta anche in Wind Woman, su musica
ancora di Nicolas de Zorzi e light design di Guillaume Bonneau, in cui la
figura femminile, una più che brava Simeoni, imita limpalpabilità del vento e
la traduce in leggerezza e velocità con ampi e rarefatti legati, sorretti da un
afflato danzato e danzante.
Un momento dello spettacolo “Mandala” © M. Logvinov
Mandala, nato per la Orselli, si sviluppa tutto intorno
al cerchio dellensō rappresentato da
un fascio circolare di luce, ideato da Freddy
Bonneau, da cui la ballerina entra ed esce al ritmo ossessivo della musica
di Michael Gordon.
Simbolo sacro del buddismo Zen, questo cerchio è la rappresentazione
dellenergia del cosmo e della perfezione del gesto artistico riflessa negli
intrecci di fili e di colori su un telaio, o dipinta sulla stoffa o sulle
pareti del tempio.
La Orselli, con un incredibile gioco di corpo, mani, braccia,
gambe, testa, sprigiona questa misteriosa vis
lasciandosi trascinare da forze centrifughe e centripete che lallontano e lavvicinano
al cerchio di luce, a sua volta emblema di vita come lo era lacqua in Immersion.
Di forte impatto visivo, Mandala
è un solo intenso in cui la bravura di Sara Orselli insieme a quella di
Sara Simeoni, in Wind Woman, testimoniano la cifra autoriale di
Carolyn Carlson e la potenza di una danza contemporanea vera e non
apparente.
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