Sul palcoscenico coperto di
sabbia del teatro vuoto e a sipario aperto, inizia la rappresentazione della
commedia di Shakespeare, diretta da Marco Sciaccaluga. Tre pareti di tela
chiara misurano lo spazio della vicenda, ambientata in un paese immaginario. I
personaggi seduti ai lati attendono di entrare in azione; una scaletta al
proscenio consente loro la fuga in sala. Lallestimento così semplificato rende molto efficace
e concentrata lesecuzione attorica, come accadeva in unesperienza precedente,
nata da una prova della Scuola di recitazione. Pervade lo spettacolo
unallegria fervida e intensa, affidata alla partecipazione divertita (e
divertente) dei giovani interpreti.
Lopera presuppone la musica
quale elemento scenico protagonista. Qui è poetica e pregnante presenza, in due
forme: i motivi contemporanei della colonna sonora (che vengono ascoltati in
cuffia) e la sonorizzazione puntuale prodotta vocalmente dagli attori, con
laiuto duna chitarra e di un tamburo. Le canzoni dal vivo non si intendono
quali numeri di un recital canoro o prove
di bravura, ma intervengono a variare o interrompere il ritmo, sempre alquanto elevato,
della recita. Inoltre, onomatopee tipiche dellesuberanza retorica dei giovani
protagonisti esultano nel gioco mutevole di apparenze e di intelligenti identificazioni.
Una scena dello spettacolo © Giuseppe Maritati
La commedia svolge un intrigo di
stampo antico, collaudato nelleterna ripetizione degli equivoci, di scambi di
persona e travestimenti. Lettere e anelli suggellano dichiarazioni e conflitti
di cuore e si concludono con riconoscimenti e riconciliazioni, avventure patetiche
e fantasiose. Il Duca Orsino ama Olivia, chiusa nel dolore per la morte del
fratello. Lui la corteggia e lei lo rifiuta. Viola è scampata a un naufragio e
capita sulle spiagge di unIlliria da fiaba, in cerca del fratello
scomparso fra le onde. Travestita da ragazzo, si pone al servizio del Duca e ne
è attratta; ma viene impiegata come messaggero presso la bella Olivia, la quale
se ne innamora. In tale confusione sentimentale sono parallelamente implicati Toby, lo zio
(qui cugino) di Olivia, il suo compare di bagordi, Sir
Andrew, e Feste il buffone. La cameriera Maria si
concede svaghi in loro compagnia e ordisce una beffa ai danni del maggiordomo,
Malvolio. Ingannato sul sentimento che proverebbe per lui la padrona, si
renderà ridicolo nel disagio che sfogherà in toni tragicomici.
Una scena dello spettacolo © Giuseppe Maritati
Lattualità indefinita in cui si
volge la vicenda è appena suggerita dalle voci, dai ritmi musicali e dai costumi neutri e
inattuali. Soltanto il buffone indossa colori accesi e vistosi. I moventi
rimandano a una bella favola umana, vissuta spontaneamente, fra stupore e
impulsi emotivi. Sono cinque atti in due parti con
intervallo. Il linguaggio, in versi e in prosa, è reso piacevole dalle analogie
precise, fra lirismo e rudezza quotidiana, della traduzione di Anna Laura Messeri, adusa ad
adattamenti funzionali di testi classici. Lintervento registico ulteriore sacrifica ben poco
della struttura drammaturgica. Taglia parti dialogate ed elimina personaggi
marginali, ma mantiene al centro la farsa sentimentale, cogliendone pure le implicazioni
più sensibili alla complicata problematica sessuale odierna. Con la circolarità
delle entrate e delle uscite tramite la sala, sfrutta le facoltà della scena
elisabettiana. Esalta in primo piano (in luce chiara e costante) gli incontri e
i confronti più intimi. Sono momenti di incanto e di sorpresa sospensione; esitazioni,
scoperte, dubbi, pentimenti. Come nel rapporto iniziale fra Olivia e
Viola/Cesario, segnato da tensioni inerenti allambiguità del desiderio, situazione
risolta con ironia, ma nellallusione a una realtà misteriosa.
Una scena dello spettacolo © Giuseppe Maritati
Adeguate le interpreti di questo
rapporto delicatamente espresso. La Viola di Daniela Duchi non perde la sua femminilità nellindossare i
pantaloni di Cesario e mantiene schietta la sua aspirazione al cuore di Orsino.
Rende appieno la confusione sentimentale di Olivia la sensibilità di Roxana Doran, persino maldestra nei
tentativi di conquistare il grazioso e finto giovanotto. Olivia si legherà
finalmente a Sebastiano (Michele
Maccaroni), fratello salvato, gemello di Viola, mentre Orsino (un innamorato
ansioso e speranzoso Marco De Gaudio)
troverà in Viola, libera dallinganno, lautentico amore. Maria è interpretata
da Sarah Paone, autorevole, sapida mediatrice
di trame e compromessi, in definitiva benigni.
Emanuele
Vito fa di Feste un fool
più saggiamente domestico che sentenzioso, intonato al clima di familiare
trasgressione che lo accomuna al Toby ubriacone e scurrile di Mario Cangiano e
al suo compare, Andrew (Francesco Russo).
Entrambi vagabondi, come sonnambuli in un regno di sogno. Appare particolarmente
energico e misurato il ruolo a momenti centrale di Malvolio, un Roberto Serpi narciso e conformista, dai duttili registri vocali e
gestuali, che trasuda ambizione e viltà, frustrazione e vuoti affettivi. Il
regista dimostra di amare sia il linguaggio del poeta,
sia le doti personali dei suoi giovani collaboratori. Ne ottiene, come da
programma, un insolito, convincente risultato di “teatro povero”, arricchito
dallimmaginazione e dalla solidarietà di gruppo di tutti i collaboratori.
|
|