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Per non vivere come ratti

di Giovanni Pirari
  Go.Go.Go.
Data di pubblicazione su web 05/11/2016  

Andato in scena in anteprima assoluta al Teatro Olimpico di Vicenza, e dal 7 al 30 ottobre al Teatro delle Arti di Milano, Go.Go.Go, prima regia teatrale di Aleksandr Sokurov, s’ispira a Marmi, unica scrittura scenica di Iosif Brodskij, ma senza ridursi a esserne un adattamento.

Il sottotitolo della produzione, Brodskij Miraggi, rende l’idea di quello che lo spettacolo mira ad essere: sogni evocati dalle pagine del poeta, attraverso un’Italia mitica e onirica, dove i versi di Brodskij s’intrecciano alle visioni di Sokurov, puntellate da una preoccupata critica alla contemporaneità.

La scena si apre su una piazza italiana, tra i tavoli di un’osteria e un tabernacolo pagano contenente del formaggio. Sullo sfondo un’architettura rinascimentale. Un cameriere, soldati americani, passanti popolano la scena, accorsi per vedere una proiezione all’aperto di Roma di Fellini. Il cinema visionario di Sokurov tradisce una profonda affinità col regista di La dolce vita e Amarcord, e non a caso il caleidoscopio di personaggi che ruota intorno alla scena si apre con la comparsa di Fellini seguito da Anna Magnani, giunti per presiedere alla proiezione del film.


Una scena dello spettacolo
© Francesco Dalla Pozza

Cinema nel teatro, teatro che si alimenta di cinema e che proietta sulle pareti di una personalissima visione echi della memoria del regista, e del suo rapporto con l’Italia. I personaggi sono fantasmi del ricordo, come quelli di Amarcord, e come nel film di Fellini i ricordi emergono e vivono su una scena attraversata di nebbia – insolita su una piazza che richiama più una Roma fiorita che la pianura romagnola.

«L’uomo è […] un pensiero dimenticato» chiude il testo di Marmi. Questa ispirazione malinconica vena anche la visione grottesca di Sokurov, dove il Publio (Michelangelo Dalisi) e il Tullio (Max Malatesta) della prosa di Brodskij diventano due avide e meste creature subumane, due uomini-ratto, inseriti a contrapporre la propria fame di tutto al fantasma di Iosif Brodskij (Elia Schilton). Si palesa qui la vena critica dello spettacolo, dichiarata a lato della produzione da Sokurov stesso: siamo in un’epoca in cui l’avidità, gli istinti ci trascinano via dagli ideali dell’umanesimo, i cui fiori sono l’arte, la poesia. Siamo su un treno accecato di fame, che corre e trascina con sé. Dove? Go.Go.Go è la risposta: andare, senza voltarsi, senza più domandare né sognare.

Così, mentre uno Shilton serafico condivide con gli incontri di questa notte versi di Brodskij e di Goethe ‒ ma in realtà li recita solo a sé stesso ‒ i due affamati semi-umani finiscono dove la brama, l’incapacità di alzare la testa staccandola dal piatto fa finire: nella prigione tritacarne del tabernacolo, fatti a pezzi e portati via.


Una scena dello spettacolo
© Francesco Dalla Pozza

Protagonista di Marmi è il tempo, il grigio monotono stare dell’eternità, che tutto vanifica nella ripetizione delle generazioni. «Se non sei poeta, la vita è un cliché»: questo senso della vanità e del potere dell’arte di giustificare la vita, rivelandone l’effimera, salvifica bellezza, attraversa e motiva anche la regia di Sokurov.

Ma traspare più dalle parole dette dal poeta, o nell’evidente, quasi meccanica contrapposizione tra Brodskij e i due bruti. Altrimenti lo spettacolo si presenta come una composizione che fatica a trovare unità, un insieme di scene legate tra loro dallo spazio, ma non da una tensione comune che giustifichi la loro compresenza o la loro successione.

La scenografia è ben fatta, curiosa, le luci opportune e suggestive. Le maschere che vestono la nuca di Malatesta e Dalisi, trasformandoli in creature bifronti, colpiscono l’immaginazione dello spettatore. Ma tutti questi particolari, seppure rivelino la capace creatività di Sokurov e l’abilità tecnica dei suoi collaboratori, appaiono spesso disgregati, come quadri tenuti nella stessa stanza più dal gusto per l’arredamento che da un’intima comunione.



Go.Go.Go.
cast cast & credits
 


Una scena dello spettacolo in anteprima al Teatro Olimpico di Vicenza




















 
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