La
stagione 2016-2017 del teatro Niccolini, appena rinnovato da un sapiente
restauro, si apre con un classico della drammaturgia italiana: Luomo dal fiore in bocca di Luigi Pirandello. Un testo breve, per
la gioia dei liceali cui è dato in pasto al volgere di ogni anno scolastico, e
che la pedanteria di chi scrive prescrive di ricordare rappresentato per la
prima volta al teatro Manzoni di Milano il 21 febbraio 1923, e tratto da La morte addosso, una delle Novelle per un anno dellautore.
Lopera
è un classico, nel senso in cui Calvino
ci ha insegnato a interpretare questo aggettivo quando è accostato alla
letteratura; ovvero quello di un testo che «non ha mai finito di dire quel che
ha da dire» (Perché leggere i classici, Milano, Mondadori, 1991, p. 13). E sulla
scena questa capacità di parlare ai contemporanei si amplifica, per mezzo delle
regie e delle interpretazioni che di esso vengono date. Luci, suoni, costumi,
scene danno forma e voce al testo e al messaggio del suo autore. In questo caso
la voce è quella calda e penetrante di Gabriele
Lavia, che veste i panni delluomo dal fiore in bocca e firma la regia
dellallestimento. Padrone della scena, consapevole dellimportanza di
questopera per la storia del teatro italiano del Novecento, Lavia calca con
sicurezza il palcoscenico, sullo sfondo di una scenografia disegnata da Alessandro Camera e realizzata dai laboratori
del Teatro della Pergola, riaperti appositamente per questa produzione della
Fondazione Teatro della Toscana e del Teatro Stabile di Genova.
Una scena dello spettacolo
© Tommaso Le Pera
Non
cè un sipario ad accogliere lo spettatore al suo arrivo in sala, ma
limponente vetrata – alta nove metri, dal telaio in pioppo – della sala
daspetto di una grande stazione ferroviaria, con le sue panche in legno, le
altissime porte, i quadri con gli orari delle partenze e degli arrivi, e un
grande orologio rotondo che ha perso le lancette. Un ambiente dalle architetture
liberty, che richiama alla memoria le sagome annerite degli spazi della
Stazione Centrale di Milano, o di Porta Nuova a Torino. Sul suo sfondo,
allinizio della recita, si intravede un capostazione che, lanterna alla mano,
agevola lingresso di un treno che giunge tra lo sferragliare stridente delle
ruote e gli sbuffi del vapore, quasi un mostro proveniente da un lontano
passato. Un uomo pacifico, interpretato con garbo e ironia da Michele Demaria, ha perso il treno. A
causa della pioggia e dei venti pacchettini che trasporta, “due per ogni dito”,
si è attardato e per una manciata di secondi ha perso la corsa. Gli toccherà daspettare
il treno successivo in compagnia delluomo dal fiore in bocca, tra meditazioni
sulla vita, la morte, le donne. È una notte destate, ma piove.
Incessantemente.
Una scena dello spettacolo
© Tommaso Le Pera
È
un dialogo lungo e dai toni spesso solenni e gravi quello tra i due personaggi,
amplificato traendo dalle opere di Pirandello alcune meditazioni sul tema della
vita, inarrestabilmente in fuga verso il destino della morte, e del conflitto
tra uomo e donna. Ne nasce uno spettacolo della durata di unora e venti che
sacrifica la brevitas del testo di
Pirandello alla gravitas di una
lettura attorica piuttosto cupa, appena ravvivata dalla goffaggine delluomo
pacifico di Demaria. Lattore dovrebbe interpretare
il pacifico avventore di un bar di provincia, secondo le didascalie di
Pirandello, se non fosse che Lavia ha proposto una ben più suggestiva ambientazione del loro incontro nella sala
dattesa della stazione e ha deciso di fargli trasportare sulla scena i
colorati pacchettini che il drammaturgo avrebbe confinato invece al deposito
bagagli. La loro presenza è però unimportante nota di colore che spezza i toni
grigi della scena, sul cui sfondo compare, quasi come un fantasma, il riflesso
di una donna alla ricerca di un uomo, impersonata da Barbara Alesse. È la morte, oppure sua moglie? Quale che sia la sua
identità si tratta di un destino che luomo dal fiore in bocca, divorato dal suo
epitelioma, sa inevitabile. Eppure la vita, i suoi colori, le sue forme, i suoi
paradossi, i conflitti incessanti con le donne, le mogli, le amanti restano per
lui fondamentali. I dettagli “inutili” che Lavia insegue per tutta la durata
dello spettacolo sono la speranza di trovare un appiglio alla realtà della
vita, oltre la morte che travolge ogni cosa.
Una scena dello spettacolo
© Tommaso Le Pera
Luomo
dal fiore in bocca di Lavia è vivo e irrequieto, disperatamente attaccato alla
vita, amaramente in cerca di altri giorni da spendere in questo mondo, in barba
alla sua malattia. Pronto a sparare un colpo di pistola contro quella donna
misteriosa che si affaccia sulla scena dellesistenza.
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L'uomo dal fiore in bocca
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Una scena dello spettacolo visto al teatro Niccolini il 21 ottobre 2016
© Tommaso Le Pera
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