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In principio era il verbo

di Luigi Nepi
  Voyage Of Time: Life's Journey
Data di pubblicazione su web 07/09/2016  

I grandi autori sanno sempre sorprendere lo spettatore, spiazzare il suo orizzonte di attesa e spingerlo verso immagini, suoni, mondi nuovi e imprevisti pur rimanendo fedeli a una precisa idea di cinema. Tra questi Terrence Malick è sicuramente quello che più ha estremizzato questo concetto. A partire da The Tree of Life (benché espliciti segnali fossero presenti anche nei film precedenti e soprattutto in The New World) il regista texano ha liberato il proprio cinema dalle sue sovrastrutture narrative per riconsegnarlo alla potenza poetica delle immagini e della parola. Un percorso, quello di Malick, che non si arresta neanche davanti a opere che potremmo quasi definire “su commissione”, come questo “documentario” Voyage of Time: Life’s Journey, prodotto dal National Geographic per il circuito Imax in due versioni: quella breve (quaranta minuti) per gli schermi Imax e quella per le sale presentata in concorso alla 73a Mostra del Cinema.

Una scena del film
Una scena del film

A un approccio superficiale potrebbe sembrare che Voyage of Time sia una semplice variazione su un tema già affrontato in The Tree of Life, ovvero l’origine dell’universo e della vita sulla terra. In verità si tratta di un ribaltamento completo di quel punto di vista. Se The Tree of Life si apriva con la didascalia di un versetto dal libro di Giobbe (38, 4-7) in cui Dio chiede all’uomo «Dov’eri tu quando io fondavo la terra?», qui è la voce ruvida e sensuale di Cate Blanchett che, sullo schermo nero, ci dice: «Madre. Camminavi con me nel silenzio prima che cominciasse il mondo». È il “verbo” della vita stessa che si interroga (e ci interroga) sulle sue origini, invocando la “Madre”, in modo quasi ossessivo, lungo tutto il film. Non a caso le prime immagini che rompono il nero mostrano poveri, homeless e “matti” per le strade d’America, seguiti dal degrado delle periferie africane. Sono immagini digitali, sporche, sovraesposte, in bassa definizione, che rappresentano già una forte presa di posizione morale ed estetica, ponendosi ad anni luce di distanza dall’immaginario del National Geographic e trasformando il dubbio della voce narrante («Madre dove sei? Dove sei andata?») da ontologico a concreto, reale, quasi scatologico.

Una scena del film
Una scena del film

Da qui inizia il viaggio del tempo che con effetti ed elaborazioni digitali ci porta al Big Bang, all’origine della materia, dello spazio, del tempo e di tutte le sue domande “vitali”, dove i corpi celesti si espandono e le eclissi diventano giganteschi occhi che interrogano lo spettatore. Alla formazione dei pianeti la macchina da presa va alla ricerca dei segni primigeni ancora presenti in natura, vagando tra le gole dell’Antelope Canyon in Arizona, sulle acque che spengono la lava dei vulcani hawaiani, intorno alla forza esplosiva dei geyser islandesi, nel profondo delle barriere coralline australiane, in mezzo al vento dei deserti africani. Il film affronta l’evoluzione della vita attraverso la contraddizione evidente e l’intrinseca circolarità dell’ossimoro che troviamo nelle immagini, nelle parole («Madre abisso di luce onnivedente»), nello stile e persino nell’esile traccia narrativa, in questa disperata ricerca della soluzione al paradosso di una forza vitale madre di sé stessa, quale unico, possibile ed eterno noumeno necessariamente femminile. Come accade anche “nell’invisibile” (perché ancora non distribuito) Knight of Cups (film d’amore e sull’amore ancora più dilaniato di To the Wonder), anche qui ritroviamo il Malick intransigente che non concede tregua allo spettatore, immergendolo in un’esperienza sensoriale completa dove la colonna sonora diventa una componente fondamentale, come testimoniano i lunghissimi crediti musicali nei titoli di coda: un’immersione che solo il formato Imax può rendere completa. 

Una scena del film
Una scena del film

Insomma Voyage of Time: Life’s Journey non è destinato a recuperare chi si è “perso” dopo The Tree of Life (e qualche rumoroso disappunto, nella proiezione veneziana per la stampa, sta lì a ricordarlo), ma certamente continuerà ad affascinare chi ne raccoglie le improvvise aperture di senso e le infinite suggestioni che riaccendono imprevisti riferimenti, come quando arriva inaspettatamente alla memoria il libro undicesimo de Le confessioni di Sant’Agostino e la sua “trinità del presente” che trova posto all’interno dell’anima, dove «il presente di ciò che è passato è la memoria, di ciò che è presente la percezione, di ciò che è futuro l’aspettativa» e per questo «in te, anima mia, misuro il tempo». Il tempo diventa così l’estensione dell’anima, proprio come il cinema di Malick.



Voyage Of Time: Life's Journey
cast cast & credits
 
In concorso
 
La locandina
La locandina



 
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